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La confidenza e l’intimità, secondo Nickname, fanno rima con prevedibilità. Ma è sempre così? Dialogo A due piazze fra Riccarda e l’amico Nickname sull’affidarsi a chi non sa nulla di noi .

N: E’ curioso. Quando penso di conoscere del tutto una persona, quando so in anticipo cosa mi risponderà, quando vedo in anticipo la piega di tacita disapprovazione che le si disegnerà sulle labbra, quando la sua prevedibile reazione segnalerà anzitutto la mia, drammatica, prevedibilità, sarà allora che perderò ogni confidenza con lei. La confidenza e la conoscenza diventano allora in proporzione inversa: più conosco una persona, meno le parlo. Meno la conosco, più mi confido. Quest’ultimo rischio contiene un elemento di assurdità: per quale motivo confidarsi con una persona sconosciuta? Credo sia una forma vile di rischio: le persone sconosciute non ci giudicano.

R: E’ un paradosso che funziona. Con le persone conosciute, crediamo di avere già riempito la nostra sagoma e che non ci sia più spazio, con le nuove conoscenze, invece, abbiamo ancora tutto da dire. Non so in quale situazione siamo più autentici: con chi non sa nulla di noi e ce la possiamo giocare ogni volta ma col rischio di riproporre il nostro modello, oppure con chi sa molto, ma sicuramente non tutto? Ed è in quello spazio lì che, credo, dovremmo rimescolare i discorsi e ammettere che possiamo essere cambiati in qualcosa che all’altro potrebbe essere sfuggito. Non è sempre tutto così drammaticamente prevedibile dell’altra persona.

N: A me capita di mettere la mia intimità nelle mani di sconosciuti, incontrati per caso e scelti per intuito. Io, che sono noto per essere riservato fino all’ermetismo. Io, che sono quello che per intuito non sceglie nemmeno il colore del maglione. Ma forse è solo tirchieria: non mi va di raccontarla a uno che ti chiede 50 euro l’ora.

R: Ecco, vedi? Il tuo ermetismo, la tua tirchieria, il tuo pensarti così e non ritrovarti più. Per il colore del maglione, tranquillo, la scelta si limita a poche nuances: il tuo incarnato detta legge.

Pensate anche voi, come Nickname, che sia più facile raccontarsi a uno sconosciuto con cui nulla è prevedibile? E nel rapporto di coppia? L’intimità profonda finisce per limitare la voglia di confidarsi?

Potete scrivere a parliamone.rddv@gmail.com

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Riccarda Dalbuoni

È addetto stampa del Comune di Occhiobello, laureata in Lettere classiche e in scienze della comunicazione all’Università di Ferrara, mamma di Elena.

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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