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Torno ad occuparmi della vicenda della gestione urbana dei rifiuti e del suo ciclo nel Comune di Ferrara, perché probabilmente stiamo arrivando ad un punto di svolta. E’ una questione aperta da ormai molto tempo, perlomeno dalla fine del 2017, quando è arrivata alla sua scadenza la concessione della gestione dei rifiuti urbani ad Hera nel Comune di Ferrara, che, peraltro, continua a svolgere in un regime di proroga. Nella primavera del 2022, dopo lunghe vicende, si era giunti alla determinazione di affidare ad Unife uno studio di fattibilità per approfondire il passaggio ad una gestione svolta da una nuova azienda pubblica in house e con la modalità organizzativa della raccolta Porta a porta “spinto”.

Alcuni mesi fa, lo studio è giunto alla sua conclusione ed è stato presentato pubblicamente in una riunione della Commissione consiliare Ambiente il 6 giugno scorso.
Lo studio contiene alcuni spunti interessanti, ma è lacunoso in altri e, soprattutto, nel suo insieme, poco convincente nei suoi risultati e, ancor più, nella sua impostazione di fondo. Infatti, lo studio si conclude evidenziando che  il passaggio ad una gestione in house con il sistema del Porta a porta “spinto” comporterebbe un incremento di costo su base annua, rispetto al modello attuale, di poco più di 2milioni 800.000 €, pari al 10,44%, e che il costo iniziale per la costituzione di un’azienda pubblica in house necessiterebbe un fabbisogno finanziario oscillante tra i 4,5 e 5,2 milioni di €.

Lo Studio di fattibilità di Unife

Ora, il punto critico non è ovviamente tale risultato, quanto il fatto che non c’è alcuna relazione tra esso e gli obiettivi che si possono realizzare con il passaggio alla pubblicizzazione e al sistema Porta a porta. Lo studio di Unife è quindi viziato da un’impostazione economicista, che, inevitabilmente, si concentra unicamente su un punto: che un modello diverso da quello attuale di Hera sarebbe più costoso. 

Ma c’è persino dell’altro, ancora più grave, e cioè si dice esplicitamente che il passaggio al sistema Porta a porta non determina né una riduzione della produzione di rifiuti, né un incremento della percentuale, già molto alta, della raccolta differenziata nel Comune di Ferrara.
Vengono presentati come assiomi affermazioni che non sono fondate. Invece, dove si applica il Porta a porta e la tariffazione puntuale (quest’ultima anche a Ferrara), in generale, la produzione di rifiuti, uno degli obiettivi più importanti per una seria politica dei rifiuti, decresce notevolmente, come nel caso di Alea, azienda pubblica di Forlì e di altri 12 Comuni di quel territorio, dove essa ( e questo dato è riportato correttamente anche nello studio Unife) è pari a 255 kg/anno/abitanti equivalenti rispetto ai 357 kg/anno/ abitanti equivalenti di Ferrara, quasi il 30% in meno.

Per quanto riguarda la raccolta differenziata, poi, se è vero, da una parte, che il livello raggiunto a Ferrara, l’87% sul totale, è già alto, dall’altra, è ragionevole sostenere non solo che è ancora migliorabile, ma,  soprattutto, che il sistema Porta a porta riduce di gran lunga le impurità presenti nella raccolta a cassonetto (lo stesso studio Unife la  stima per la plastica a Ferrara a circa il 30%), incidendo in modo serio sulla minimizzazione dei rifiuti non riciclati, che è un altro indicatore fondamentale per giudicare una buona politica di raccolta dei rifiuti, ben di più della raccolta differenziata.
Ci sono poi diversi altri punti non soddisfacenti nell’analisi di Unife che, per brevità, riassumiamo in altre 2 questioni: la prima è che, nei costo del servizio, viene conteggiata una “remunerazione del capitale”, cioè il profitto garantito al gestore, di circa, 2,1 milioni di € ( cifra che, da sola, si avvicina molto ai maggiori costi presunti), voce che in una gestione pubblica non ha ragione di esistere, visto che essa ragiona in una logica di pareggio tra costi e ricavi. La seconda riguarda il tema dell’occupazione e della sua qualità, che è affrontata in modo laterale, mentre essi dovrebbero costituire altrettanti punti importanti per la qualità del servizio e per affermare una logica di valorizzazione del lavoro.

L’elaborato di Rete Giustizia Climatica

A fronte dello studio Unife, la Rete Giustizia Climatica di Ferrara ha messo a punto un proprio elaborato, che approda a indicazioni ben diverse.
Il documento di R.G.C. parte da un’analisi delle 307 gestioni del servizio dei rifiuti urbani esistenti in Regione e, assumendo come indicatore uno dei più significativi rispetto ad una buona politica dei rifiuti, e cioè la minore quantità degli stessi avviati a smaltimento, evidenzia come i dati migliori si riscontrano dove si applica, contemporaneamente, la tariffazione puntuale e il sistema Porta a porta, dato che poi si rafforza dove siamo in presenza di una gestione pubblica.

La stessa indicazione proviene anche per quanto riguarda i costi del servizio: dove c’è tariffazione puntuale e Porta a porta essi sono più ridotti rispetto al ricorso a tariffazione puntuale e sistema misto stradale/Porta a porta ( il caso di Ferrara).
Insomma – anche qui parlo in estrema sintesi- la strada della pubblicizzazione e della raccolta Porta a porta è quella che meglio risponde ad una politica dei rifiuti che si ponga sul serio l’obiettivo di scelte orientate dalla tutela ambientale e della salute dei cittadini. L’elaborato della Rete Giustizia Climatica, poi, si cimenta anche con il tema dei costi – ma sarebbe meglio dire dell’investimento necessario per la ripubblicizzazione. Prendendo qui a riferimento i dati provenienti dallo studio Unife, e cioè una cifra oscillante tra i 4,5 e i 5,2 milioni di €, si individuano 2 strade più che fattibili per recuperare tali risorse: la prima è quella di avvalersi delle notevoli riserve disponibili da parte della partecipata Ferrara Tua SpA, pari a circa 5 milioni di €; la seconda, intesa però in modo subordinato, di ricorrere alla vendita parziale delle azioni Hera non vincolate e in capo al Comune di Ferrara.

Due strade alternative davanti a noi

Insomma, ci troviamo di fronte a due prospettive decisamente alternative, che lo diventano ancor più alla luce degli ultimi sviluppi della discussione relative alle vicende dell’incenerimento dei rifiuti a Ferrara.
Pochi giorni fa, in una riunione della Commissione Consiliare Ambiente del 6 luglio, Hera ha presentato i risultati delle emissioni dell’inceneritore di Ferrara,, sostenendo che esse sono stazionarie se non migliorate, nonostante il passaggio nel 2021 da 130.000 tonn/anno a 142.000 – dato che a me non stupisce in un sistema in cui il controllore è lo stesso soggetto controllato,  e cioè Hera.
L’assessore Balboni (FdI)
ha preso la palla al balzo per dire che è venuto il momento di chiedere sostanziose compensazioni monetarie ad Hera rispetto all’utilizzo dell’inceneritore al massimo della capacità produttiva. Ovviamente, si è ben guardato dal commentare il fatto che, con l’aumento dei rifiuti bruciati, quelli speciali, provenienti sostanzialmente dal resto della regione e da altre parti d’Italia, hanno superato quelli bruciati relativi ai rifiuti urbani dei Ferrara (su circa 142.000 tonn. i primi ora arrivano a più di 76.000 tonn. e i secondi a di 65.000 tonn.), situazione che rende attuale e possibile la progressiva dismissione di una delle due linee dell’inceneritore di Ferrara.

Dunque, è  facilmente prevedibile che, nel prossimo autunno, entreranno in rotta di collisione due opzioni assolutamente alternative tra loro:

La prima, caldeggiata dall’Amministrazione Comunale, che si basa sulla messa a gara della gestione del servizio dei rifiuti urbani (con la facile previsione che venga aggiudicata ad Hera) e sulla permanenza per i prossimi anni a venire dell’incenerimento dei rifiuti al massimo della capacità produttiva dell’impianto di Ferrara, pagata con un po’ di compensazioni monetarie al Comune (svelando, peraltro, la totale ipocrisia dell’annunciata e persa nelle nebbie iniziativa giudiziaria nei confronti di Hera per l’aumentato ricorso all’incenerimento).
Si tratta di una prospettiva sciagurata, di totale mercificazione del sistema dei rifiuti, settore che diventa unicamente fonte di profitti contraddicendo qualunque obiettivo serio di politica ambientale e di tutela della salute dei cittadini e che viene scambiato con un po’ di denari ( in questo caso, forse un po’ più di 30!).

La seconda che, invece, guarda in prospettiva all’economia circolare, ai “rifiuti zero”, alla minimizzazione dei rifiuti prodotti e non riciclati e alla tutela della salute delle persone, costruendo in prospettiva la fuoriuscita dall’incenerimento.
Una opzione quindi diversa e totalmente alternativa, che si sostanzia nel passaggio alla ripubblicizzazione della gestione dei rifiuti urbani, alla modalità di raccolta Porta a porta e alla dismissione progressiva di una linea dell’inceneritore.

Insomma, occorre essere pronti, con la proposta, l’iniziativa e la mobilitazione per sbarrare la strada ad un’ipotesi che vede nel mercato e nel profitto gli unici regolatori della società e fare avanzare, invece, quella che guarda ai beni comuni e ai servizi pubblici, che sono orientati agli interessi generali della società e delle future generazioni. Anche per questo, sarebbe utile che si facesse sentire una voce alta da parte della politica e dei partiti ferraresi oggi all’opposizione, capace di opporsi alla destra mercatista e proporre una reale alternativa, anche in discontinuità con le scelte del passato.
Non mi sembra peregrino ricordarlo a meno di un anno dal voto amministrativo.

Leggi i documenti integrali:

– Studio Unife: Relazione finale progetto PAP 
– Documento Rete Giustizia Climatica di Ferrara:
Per la ripubblicizzazione

In copertina: Cesena, raccolta porta a porta rifiuti urbani

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Corrado Oddi

Attivista sociale. Si occupa in particolare di beni comuni, vocazione maturata anche in una lunga esperienza sindacale a tempo pieno, dal 1982 al 2014, ricoprendo diversi incarichi a Bologna e a livello nazionale nella CGIL. E’ stato tra i fondatori del Forum Italiano dei Movimenti per l’Acqua nel 2006 e tra i promotori dei referendum sull’acqua pubblica nel 2011, tema cui rimane particolarmente legato. Che, peraltro, non gli impedisce di interessarsi e scrivere sugli altri beni comuni, dall’ambiente all’energia, dal ciclo dei rifiuti alla conoscenza. E anche di economia politica, suo primo amore e oggetto di studio.

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