I lati oscuri di una intelligenza artificiale “neoliberista”
I lati oscuri di una intelligenza artificiale “neoliberista”
E’ sempre più evidente come una delle “rivoluzioni” in corso è quella prodotta dall’uso sempre più massiccio e invasivo dell’Intelligenza Artificiale. In queste brevi righe mi interessa mettere in luce alcuni aspetti inquietanti che si stanno rivelando ad un occhio un po’ attento e non superficiale.
Non lo faccio per sminuire il valore che potrebbe avere l’utilizzo e, ancor prima, la progettazione di questa tecnologia, quanto per far emergere come la gran parte dei sistemi di intelligenza artificiale, in particolare quelli che vengono figliati dai GAFAM, i giganti hi-tech (Google, Amazon, Facebook, Apple, Microsoft), presentino gravi “lati oscuri” e forti rischi per l’idea di società che incorporano e che propongono.
Sam Backman- Fried è un imprenditore statunitense, conosciuto soprattutto per aver fondato FTX, una delle più grandi piattaforme di scambio di criptovalute al mondo, e Alameda Research, una società di compravendita di strumenti finanziari, come azioni, valute, criptovalute, obbligazioni, derivati, ecc.
Nel novembre 2022, FTX ha affrontato una grave crisi di liquidità, che ha portato alla sua bancarotta. Indagini successive hanno rivelato che Bankman-Fried aveva utilizzato indebitamente fondi dei clienti di FTX per coprire le perdite di Alameda Research. Un comportamento illegale e un reato grave, tant’è che è stato arrestato e condannato a 25 anni di carcere e gli è stato ordinato di restituire oltre 11 miliardi di dollari.
Ebbene, qualche giorno fa è uscito uno studio di Bankitalia che ha approfondito il comportamento di dodici modelli di intelligenza artificiale che dovevano affrontare la situazione in cui si era trovato Sam Backman-Fried, ovvero quello di essere a capo di una società di trading con forti perdite, situazione che ha deciso di “risolvere” illegalmente utilizzando i fondi dei clienti.
Solo uno dei dodici modelli di IA si è rifiutato di prendere i fondi dei clienti, due lo hanno fatto in parte e i restanti nove hanno agito esattamente come l’imprenditore fraudolento.
Alcuni commentatori hanno concluso che, quindi, rimane la necessità di una supervisione umana sui comportamenti dei sistemi di IA.
A me pare che siamo di fronte a qualcosa di più profondo, che ha a che fare con la progettazione e le istruzioni che sono state fornite ai sistemi di IA.
Oltre al fatto che, nella maggior parte dei casi, esse non sono pubbliche e conosciute solo dai progettisti, risulta sufficientemente chiaro che l’obiettivo che è stato assegnato, appunto fin dalla fase di progettazione, è quello della massimizzazione dei profitti e, in ogni caso, della salvaguardia degli interessi aziendali. E questo, anche se questo può significare mettere in campo scelte lesive, e persino perseguibili penalmente, nei confronti delle persone.
Siamo in presenza, cioè, di un’intelligenza artificiale “neoliberista”, perché è stata concepita per introiettare quella finalità, si potrebbe quasi dire quell’ “ideologia”.
Apparentemente potrà sembrare di saltare di palo in frasca, guardare poi a cosa sta producendo il ricorso spinto dell’attuale modello di IA dal punto di vista del consumo energetico. L’Irlanda è nota per essere sostanzialmente diventata una sorta di “paradiso fiscale” per le aziende hi-tech, visto che applica ad esse un prelievo fiscale assolutamente basso, diventando così molto attrattiva per il loro insediamento e anche per i grandi data center che costituiscono un elemento essenziale per la loro crescita. Ora, nel 2023 i data center presenti in Irlanda hanno consumato il 21% dell’elettricità totale del Paese (nel 2015 era il 5%), superando, per la prima volta, il consumo delle abitazioni urbane, che, sempre nel 2023, si è attestato al 18%. L’Irlanda rappresenta solo la “punta di diamante” di una tendenza che, ormai, si sta affermando a livello globale.
L’ International Energy Agency (IEA) – l’autorità energetica mondiale di cui anche l’Italia è membro – prevede che il consumo globale di elettricità dei data center raddoppierà entro il 2030, passando da circa 415 TWh nel 2024 a 945 Twh, circa 3 volte tanto il consumo elettrico totale dell’Italia.
Questi dati già indicano come, proseguendo su questa strada, la possibilità di raggiungere la neutralità carbonica e di contrastare il cambiamento climatico si allontana ulteriormente, evidenziando l’insostenibilità ambientale degli attuali modelli di IA. Non solo: il gigantismo degli investimenti e degli insediamenti delle grandi aziende hi-tech, che guardano, in primo luogo, a conservare la propria posizione di oligopolio, si porta dietro il fatto che le stesse tendono ad effettuare investimenti in impianti che producono energia, a loro volta di grandi dimensioni e centralizzati. Replicando esattamente lo scheletro su cui è costruita la struttura energetica del fossile e fonti che non si discostano da essa. Non a caso, negli ultimi mesi, Microsoft ha deciso di investire nella centrale nucleare di Three Miles Island (quella tristemente famosa per il grave incidente verificatosi nel 1979), mentre Google e Amazon puntano a sviluppare piccole centrali nucleari.
Potrei andare avanti su altri “lati oscuri” dell’IA attuale, ragionando sul modello di lavoro intrinseco in essa, che tende a polarizzare sempre più tra un nucleo ristretto di lavoro altamente qualificato e una massa considerevole di lavoro ripetitivo e svalorizzato, quello che serve per rendere utilizzabili i dati e che viene svolto da forza lavoro sfruttata, per lo più collocata nei Paesi poveri del mondo.
Oppure analizzando la possibilità di manipolazione delle opinioni che può originare dalla stessa (un recente inquietante studio del Politecnico Federale di Losanna ha mostrato che GPT-4, se in possesso dei dati personali della persona con cui interagisce, è risultato più persuasiva del 64% rispetto agli esseri umani nel far cambiare opinione agli interlocutori). Fatto che ci riporta, peraltro, vista la stretta connessione tra sviluppo dell’AI e oligopolio hi-tech, al “ peccato originale”, di sistema, di utilizzare i dati degli utenti per finalità commerciali e di ricerca del profitto, ciò che ha fatto dire a molti studiosi che, nel mondo delle piattaforme, “la merce siamo noi”.
E’ facile concludere che lo sviluppo tecnologico trainato da grandi soggetti privati non è per nulla neutrale, che, in realtà, esso è ideologicamente orientato, strutturalmente opaco e non trasparente, ecologicamente insostenibile, socialmente ingiusto.
Siamo in presenza di un meccanismo di dominio, su cui scommette un nuovo tecno-capitalismo, con venature di carattere feudale, che, non a caso, si trasferisce in un’idea della politica basata unicamente sui rapporti di forza. A ben vedere, qui sta, pur con diverse contraddizioni, la saldatura tra grandi colossi tecnologici e trumpismo.
Eppure, non solo si può sostenere che sarebbe possibile indicare e realizzare altre finalità e modalità progettuali per lo sviluppo tecnologico, al di fuori del paradigma capitalistico, ma che questo è già un dato di realtà. Ce lo dice la vicenda di DeepSeek, startup cinese di intelligenza artificiale fondata nel 2023. Intanto DeepSeek funziona sulla base di un sistema open source, ovvero chiunque può modificare il codice sorgente, che è quello che usano i programmatori/sviluppatori per dare le istruzioni al sistema, rendendo così questo modello di IA potenzialmente pubblico e trasparente (uso l’avverbio potenzialmente perché il governo cinese usa poi metodi più sofisticati per controllare, almeno all’interno della Cina, il funzionamento di DeepSeek). In ogni caso, un approccio totalmente diverso, se non addirittura opposto alla segretezza di cui si avvalgono i programmi elaborati per le IA figliate dalle grandi aziende hi tech.
In più, DeepSeek utilizza molti meno chip (circa 2000 rispetto ai più dei 10.000 degli altri modelli) e, anche per questo, ha un consumo energetico tra il 50 e il 75% inferiore a quello delle altre IA. Per stare solo alla fase di addestramento, ad esempio, GPT-4 ha un impatto ambientale, in termini di emissioni di CO2, circa 12 volte superiore a quello di DeepSeek.
Infine – ma non è un particolare secondario, visto che quest’annuncio ha mandato in crisi le borse americane- l’IA cinese è costata circa 6 milioni $ rispetto ai 100 e più milioni $ dei modelli occidentali.
Insomma, siamo in presenza di un’alternativa reale e credibile, che si può generalizzare, e che mette in discussione la presunta neutralità della tecnologia che è coerente con un’idea di “sviluppo” trainato dal profitto, con quel che ne consegue in termini di sfruttamento del lavoro, depredazione dell’ambiente, primato della finanza.
A noi, invece, spetta trarre le conclusioni adeguate.
In copertina: Foto di Nicky ❤️🌿🐞🌿❤️ da Pixabay
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Corrado Oddi
PAESE REALE
di Piermaria Romani
Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno. L’artista polesano Piermaria Romani si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)
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