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Vjačeslav Ivan’kov, mafioso. Boris Berezovskij, oligarca. Sergej Savele’ev, carcerato. Nikita Kuzmin, criminale informatico. Attraverso le vicende della vita di questi quattro personaggi (reali, non inventati) Federico Varese, docente di Criminologia e direttore del Dipartimento di Sociologia dell’Università di Oxford, ha acceso i riflettori sulla storia recente della Russia, facendoci capire come sono andate le cose dalla deposizione (diciamo così) di Michail Gorbačëv all’avvento di Vladimir Putin, passando per l’interregno di Boris El’cin.

Il suo “La Russia in quattro criminali” presenta un approccio singolare, ma non per questo meno serio e calzante perché adopera la tecnica dei campioni sociologici: ognuno dei quattro personaggi rappresenta un mondo, che ovviamente si interseca con gli altri. Ne esce un ampio quadro, ricco di particolari, che spiega come sia avvenuta la transizione al mercato e alla “democrazia” di un paese precedentemente dominato da una dittatura fondata sul cosiddetto “socialismo reale”.

La transizione, a giudicare dagli eventi, non si è affatto compiuta. L’invasione dell’Ucraina dal 24 febbraio di quest’anno è il portato ultimo di questo processo, caratterizzato da repressione del dissenso, corruzione, intreccio tra politica e criminalità, sviluppo delle mafie.

Federico Varese (ferrarese di nascita, collaboratore tra l’altro di questo giornale e profondo conoscitore dell’ex Unione Sovietica) ha descritto e documentato con rigore le imprese dei quattro personaggi.

La carriera di Ivan’kov, che inizia facendo il ladro e il borseggiatore fino a diventare un potente mafioso, ha dato modo a Varese di spiegare come nell’ex Unione sovietica esista un universo criminale molto complesso (3.000 organizzazioni nel 1993, secondo il ministero dell’Interno russo) al cui vertice stanno i capi, detti vory-v-zakone (letteralmente: ladri in legge). Una galassia che nei primi anni ’90 fu protagonista di una sanguinosa guerra di mafia, che coinvolse, oltre ai russi, criminali ceceni, azeri e sbandati di ogni tipo (100 omicidi nel 1992, 250 nell’anno successivo, 500 nel 1994, sempre secondo dati ministeriali).

Ivan’kov – morto a Mosca nel luglio 2009 dopo essere stato colpito da un cecchino mentre usciva da un locale elegante – rappresenta in modo esemplare l’espansione della criminalità organizzata nell’ultimo quarantennio in Russia.

Boris Berezovskij, nato nel 1946, per aver realizzato insieme al giornalista Valentin Jumasev la pubblicazione di un libro sulle memorie di Boris El’cin“Diario di un presidente”, uscito nel 1994 – ne divenne uno stretto collaboratore, diventando un personaggio di rilevanza nazionale. Come tale, si integrò perfettamente nel disegno politico di El’cin, che non solo sostituì un regime autoritario con un altro, il suo (infatti sciolse il Parlamento mandando in piazza i carri armati) ma diede il via alla privatizzazione spinta dell’economia.

Uomo di notevoli capacità, Berezovskij assecondò in vari modi il disegno di El’cin, concorrendo in pochi anni a svendere l’intero patrimonio industriale e coronando il proprio sogno di diventare padrone di settori importanti dell’economia sovietica (ad iniziare da quello automobilistico) sino a quando il delfino di El’cin, Vladimir Putin, andò al potere nel 2000 e decise di liberarsi della tutela degli oligarchi. Per Berezovskij fu l’inizio della fine: emigrò in Inghilterra e dopo alcuni rovesci finanziari, ridotto pressoché in miseria, nel 2009 fu trovato cadavere in una casa nella campagna inglese.

Il terzo personaggio, Sergey Savele’ev, è stato vittima della repressione di Putin, che Anna Politkovskaja denunciò sin dai primi anni 2000, e che si manifestò con numerose leggi, dall’abolizione delle elezioni dei governatori regionali e dei senatori (che venivano nominati da funzionari locali) alla limitazione, dal 2013, delle attività di quotidiani, televisioni, siti internet, organizzazioni non governative. Seguiranno altre misure repressive, ad esempio contro i culti religiosi non riconosciuti dallo Stato.

Savele’ev, nato in Bielorussia, ha scontato sette anni di galera nelle carceri russe, è fuggito in modo rocambolesco dalla Russia e coraggiosamente ha registrato e fatto arrivare in Occidente centinaia di video che testimoniano l’inferno dei penitenziari: torture, stupri dei detenuti, violenze, condizioni subumane dei prigionieri. Sergej – scrive Varese – è l’unica persona nel sistema penitenziario russo che è stata capace di trafugare e far conoscere materiale esplosivo, visibile su YouTube dal 2021 nel canale Gulag.net. A seguito di queste denunce, le autorità russe e lo stesso Putin hanno dovuto in qualche modo correggere alcune misure carcerarie, reprimendo nel contempo ancor più le attività criminali.

Nikita Kuzmin è il quarto personaggio. Nato nel 1984,  figlio di un cantante famoso, Vladimir Kuzmin, è diventato un genio dell’informatica, ed è il creatore del pericolosissimo virus bancario Gozi, realizzato assieme a due complici, Deniss “Miami” Calovskis e Mihai “Virus” Păunescu.

Le imprese di Kuzmin fanno parte del vasto mondo del cybercrime russo, di cui Varese offre uno spaccato ricco di dettagli. “Da anni – scrive Varese – esiste un accordo di fatto tra Stato russo e criminali informatici, basato sul principio: ‘ Voi potete agire liberamente a patto che non attacchiate istituzioni e clienti russi e, quando richiesto, ci aiutate nella nostra guerra ibrida contro l’Occidente’”. Due gruppi – noti con le sigle Apt 28 e Apt 29 – sono accusati di varie intrusioni e aggressioni a diversi siti, da quello del Pentagono a quelli del ministero degli Esteri della Norvegia, del Partito laburista inglese, del ministero della Difesa olandese.

Il lavoro di Varese è estremamente interessante per comprendere meglio cosa accade nella Russia di Vladimir Putin. Un libro agile e istruttivo, del quale consiglio vivamente la lettura.

Il volume: Federico Varese, La Russia in quattro criminali, Torino, Einaudi, 2022

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Franco Stefani

Franco Stefani, giornalista professionista, è nato e vive a Cento. Ha lavorato all’Unità per circa dieci anni, poi ha diretto il mensile “Agricoltura” della Regione Emilia-Romagna per altri 21 anni. Ha scritto e scrive anche poesie, racconti ed è coautore di un paio di saggi storici.

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