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“Sei il solito cacadubbi”. Così mi sgridò Gian Pietro Testa, dopo  che gli raccontai  delle mie ambasce per aver sostenuto l’esame da giornalista professionista, che superai abbastanza bene. Aveva tenuto una lezione al corso di preparazione presso l’Ordine interregionale dei giornalisti a Bologna, e io ero un suo allievo, ero tra coloro che dovevano sostenere l’esame. Quando ci incontrammo, dopo la mia prova positiva, se ne uscì con quella frase. Per dirmi: questo  mestiere lo sai fare.

Un modo tutto suo – ironico, distaccato, ma preciso e saggio – per giudicare le cose umane. Sapeva essere anche duro, quando occorreva: mi ricordo una sua tirata all’assemblea dei giornalisti del l’Unità Emilia-Romagna, dove entrambi lavoravamo, in cui attaccò il modo di dirigere il giornale, che era già dentro una delle sue crisi, e criticò soprattutto la mancanza di prospettive che cominciava a pesare sull’organo del PCI.

Era fortemente deluso, e quella volta lo dimostrò. Lui che veniva dal Giorno diretto dal partigiano Italo Pietra, quotidiano principe nell’Italia degli anni ’60 e ’70; lui che per primo entrò nella sede della Banca dell’Agricoltura a Milano dopo la strage del 12 dicembre 1969, non poteva sopportare, credo, che il giornale fondato da Antonio Gramsci avesse imboccato la strada del declino.

Testa – o gpt, come spesso si firmava – ha fatto tante altre cose che altri diranno. Io lo voglio ricordare qui come autore di quella “Antologia per una strage” sul tragico attentato alla stazione di Bologna del 2 agosto 1980: una poesia per ognuna delle 85 vittime.

Ha scritto diversi libri, nei quali ha mostrato le molte sue capacità, una vis polemica  per scuotere le coscienze, e tutta la sua arte: perché Gian Pietro non è stato soltanto giornalista e scrittore, docente e poeta, è stato un artista.

E, lo confesso, gli piacevano le mie poesie: insieme andammo da un poeta noto, Paolo Ruffilli, perché le valutasse. Ancora una volta  dimostrò la sua fiducia in me e in quel che facevo, e per questo gli sono sempre stato grato.

Anche se in questi anni l’ho visto e sentito poche volte, la sua presenza vicino a me l’ho spesso avvertita. Le vere amicizie vivono oltre le distanze, nonostante le assenze. A suo figlio Enrico, ai suoi famigliari, le mie sincere condoglianze.

Gian Pietro Testa, Antologia per una strage, Argelato (BO), Minerva Edizioni, 10,00 Euro

 

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Franco Stefani

Franco Stefani, giornalista professionista, è nato e vive a Cento. Ha lavorato all’Unità per circa dieci anni, poi ha diretto il mensile “Agricoltura” della Regione Emilia-Romagna per altri 21 anni. Ha scritto e scrive anche poesie, racconti ed è coautore di un paio di saggi storici.

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Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno. L’artista polesano Piermaria Romani si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE
di Piermaria Romani


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