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Una nuova famiglia

Che buono, il couscous. Buono come l’agnello, l’insalata méchouia e i makroud, i dolci a base di datteri. Pietro assapora il cibo a tavola con Karim, sua moglie Aziza, e i loro due figli, Fouad, otto anni e Fatma, che ne ha sei. Karim e Aziza provengono da un villaggio vicino a Matmata, nell’interno della Tunisia. Da ragazzo Karim ha fatto il pastore, poi il muratore; Aziza tesseva tappeti. Sono in Italia da dieci anni e qui sono nati i bambini.

Pietro pensa che solo qualche tempo fa non avrebbe mai detto che questa sarebbe diventata la sua nuova famiglia… La sua mente fa un salto indietro, rivede immagini chiare, nette. Immagini di qualche mese fa.

***

È rimasto solo, sua moglie se n’è andata per un tumore, il suo unico figlio lavora all’estero, si sentono ogni tanto: ha la sua vita, va bene così.

Dopo la morte di Gianna, Pietro non ha desiderato più nulla. Si sono voluti molto bene, lei è stata una compagna dolce e paziente, ha sopportato con coraggio il male e la fine. Quando tutto è terminato e gli altri sono andati via dopo il funerale, gli abbracci e le condoglianze, lui si è seduto nel modesto soggiorno del suo appartamento a guardare il muro.

È restato lì per ore, a piangere. Poi si è coricato sul letto, su quel letto dove si erano amati, si erano detti tante parole, avevano fatto progetti. Per dormire ha dovuto prendere i tranquillanti e si è svegliato con la testa che girava. Nei giorni successivi è uscito unicamente per comprarsi da mangiare.

Pietro è in pensione, dopo quarant’anni di lavoro, abita in un quartiere popolare, case costruite molti anni fa in cui adesso vengono ad abitare molti immigrati. Quante volte li ha visti, gli uomini soprattutto di sera, le donne nel pomeriggio a spingere le carrozzine con due, tre, anche quattro bambini, molte sono giovani, parlano tra loro ad alta voce. Una babele di lingue, l’italiano si sente raramente, ormai qui sono tutti stranieri, io che ci faccio? non ti guardano, sembra che tu non esista. Stai a vedere che tra loro ci saranno pure dei terroristi…

Un pomeriggio, nel salire le scale per andare sul terrazzo condominiale a stendere il bucato, Pietro si accorge che due occhi neri lo stanno osservando. Si volta e gli occhi spariscono. Continua a salire e si accorge che gli occhi sono quelli di Fatma. La bimba sta sulla soglia dell’appartamento dove abita, due piani sopra il suo: appena lui si avvicina lei scappa dentro e richiude la porta.

Un’altra volta ad Aziza cade un recipiente lungo le scale, Pietro lo raccoglie e glielo porta; la donna lo ringrazia tutta confusa e rientra in casa. Poi è Fouad che torna da scuola, all’improvviso lo zainetto si apre spargendo libri, quaderni, matite e penne proprio davanti all’appartamento di Pietro: lui esce e insieme raccolgono tutto, il ragazzino ringrazia e fugge via.

In casa Pietro riflette: però questa è gente che non fa mai confusione, contrariamente a quel che si sente dire. Karim è un uomo un po’ austero, quando torna dal lavoro ha la tuta bianca di calce e saluta Pietro educatamente, con rispetto. Quando si incontrano, Aziza gli sorride timidamente.

***

Oggi è domenica, nel quartiere c’è aria di festa. Nel giardinetto tra i palazzi i bambini corrono e giocano, sulle panchine siedono pensionati e famiglie. Pietro è uscito, dopo tanti giorni trascorsi in casa. Ha pensato molto a Gianna, ha sentito suo figlio che adesso è in Australia, poche parole al telefono. Dopo aver passeggiato un po’, è tornato a casa per il pranzo. Sta per mettersi a cucinare, quando sente suonare il campanello.

Apre la porta e c’è Aziza con una tajine, il recipiente di coccio dove si cuoce e si serve il couscous. Ho portato questo per te, spero che ti piaccia, mormora la donna abbassando lo sguardo. Pietro prende la tajine e ringrazia: porta in cucina il recipiente e torna per salutare Aziza, ma lei è già sparita.

Allora sale le scale e suona alla porta dell’appartamento due piani più sopra. Viene ad aprire Karim, dietro di lui si nascondono Fouad e Fatma. Pietro ringrazia ancora, poi non sa più cosa dire e Karim lo invita a entrare. L’appartamento è ordinato e pulito, Pietro va nella cucina, dove tutta la famiglia sta per pranzare. Dice Karim: tu sei il benvenuto in questa casa. Sappiamo che sei solo, che hai provato un grande dolore. Se vorrai, noi saremo tuoi amici.

***

Pietro risente quelle parole mentre sta seduto a tavola. Ha pensato molto, lui pensa sempre, e una cosa gli è chiara. Non siamo tutti uguali, bisogna saper distinguere le persone e per distinguerle bisogna conoscerle. Bisogna imparare da dove vengono, cosa pensano, come vivono, in cosa credono. L’immigrazione non si può fermare con le cannonate e non si può lasciar morire la gente in mare. Certo, vanno aiutati a restare nei loro paesi d’origine. Ed è vero che qui il lavoro non c’è per tutti, ma molti immigrati fanno mestieri che noi non vogliamo più fare, pagano le tasse, cercano di rispettare le leggi.

Gli immigrati sono troppi, d’accordo, non sono un problema solo dell’Italia, anche degli altri paesi d’Europa, servono più controlli. E poi non tutti si comportano bene, invece devono rispettarci e osservare le nostre regole. Però non possiamo fare finta che non esistano, quando ci passano vicino e non ci guardano dobbiamo sapere perché, cosa pensano di noi. Almeno dobbiamo provarci, parlare con loro. E poi c’è il terrorismo che va combattuto insieme, noi e loro.

Tutti questi pensieri si agitano nella testa di Pietro, mentre mangia e guarda i bambini che sono un po’ irrequieti, ma con lui stanno volentieri. Oggi in tavola ci sono anche le brik, le frittelle sottili con uova, tonno, carne, formaggio, molto appetitose.

Domani è lunedì, Karim si alzerà presto per andare al lavoro, Aziza ha trovato un servizio a mezza giornata e Pietro accompagnerà Fouad e Fatma a scuola. E poi, in un condominio vicino abita Rita, una maestra in pensione amica di Gianna, che aiuterà i bambini nei loro compiti.

© Franco Stefani 
(11-12 maggio 2015- 23 agosto 2022)

In copertina: Tajine di Pollo con Verdure 

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Franco Stefani

Franco Stefani, giornalista professionista, è nato e vive a Cento. Ha lavorato all’Unità per circa dieci anni, poi ha diretto il mensile “Agricoltura” della Regione Emilia-Romagna per altri 21 anni. Ha scritto e scrive anche poesie, racconti ed è coautore di un paio di saggi storici.

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Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno. L’artista polesano Piermaria Romani si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE
di Piermaria Romani


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