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Il fatto che il debito pubblico italiano continui a crescere è dovuto esclusivamente all’impossibilità di controllare gli interessi. Nel sistema attuale, del resto, l’unica entità che potrebbe farlo è la Banca Centrale Europea acquistando i Titoli in ultima istanza, ovvero autorizzando le banche centrali dei 19 Paesi dell’eurozona a farlo.

Operazione del resto effettivamente autorizzata per quasi tre anni attraverso il programma denominato Quantitative Easing (alleggerimento quantitativo), un programma lanciato in Europa dopo che anni prima anche altri Stati come gli U.S.A. e il Giappone avevano fatto altrettanto. In eurozona siamo partiti tardi e questo ha prodotto effetti incerti soprattutto sulla disoccupazione che mentre negli altri Paesi è scesa anche sotto il 5% in Italia si è tenuta ben al di sopra del 10%.

Quando una banca centrale fa da “pompiere”, raffredda le tensioni sui mercati intervenendo per comprare Titoli del debito pubblico, toglie alla speculazione parte del ricatto nei confronti degli Stati, tiene gli interessi bassi ed evita ai telegiornali di dover aprire tutte le loro edizioni gridando all’innalzamento dello spread e al prossimo e sicuro default.

Nel 2011, in pieno governo Berlusconi, lo spread arrivò a 552 e, nonostante l’arrivo di Monti, lo stesso altalenò fino a quando Draghi, Governatore della Banca Centrale Europea, pronunciò la famosa frase “Watever it takes…”. Disse, in pratica, che la BCE avrebbe difeso l’euro, cioè avrebbe acquistato Titoli di Stato. Non lo fece, ma la sola “minaccia” fece calare definitivamente lo spread, cioè i tassi di interesse che si pagano sul debito pubblico. Da notare, infatti, che il programma di acquisto iniziò solo nel marzo del 2015, ben due anni dopo, ma la sola frase bastò ai mercati perché smettessero le loro azioni speculative e a riportare la pace nei telegiornali.

Durante i governi successivi e quindi di Monti, Letta, Renzi e Gentiloni però al debito pubblico successe questo

Grafico dal def 2017 fonte MEF

Una crescita esponenziale, un regalo per le “generazioni future”, volendo imitare Cottarelli, nonostante l’aiutino di Draghi.

In ogni caso, e grazie alle operazioni di acquisto della BCE, lo spread si è tenuto basso fino ad oggi che siamo in zona tapering, ovvero in dirittura d’arrivo. E’ stato infatti stabilito che tali acquisti si dovranno interrompere alla data del 31 dicembre 2018 e che in questi ultimi tre mesi le banche centrali potranno acquistare solamente 15 miliardi di titoli di stato al mese.

Bisogna, insomma, far riabituare il mercato ai suoi ritmi normali e, considerando che si era arrivati a comprare Titoli fino a 80 miliardi al mese, si comprenderà che siamo prossimi alla riapertura delle autostrade della speculazione. Già lo spread comincia a lanciare i suoi segnali di ripresa, nascosto però nelle sue ragione dalle urla di Salvini e Moscovici.

Purtroppo i Governi che si sono succeduti nonostante l’ombrello di protezione offerto dalla BCE non hanno saputo approfittarne per “manifesta incapacità gestionale”, né sul piano dello sviluppo, né per la riduzione della disoccupazione, né tantomeno per la riduzione del tanto temuto debito pubblico. La cattiva gestione della cosa pubblica degli ultimi anni, nonostante le ottimi condizioni generali relative ai tassi di interesse e al credito a buon mercato, lascia oggi una situazione difficile.

Alto debito, visto come la peste nera dagli euro burocrati, e in crescita per il rialzo degli spread, alta disoccupazione con poca capacità strutturale di poterla assorbire, condizioni internazionali sempre più critiche sul piano delle esportazioni per le crescenti tensioni tra USA, Germania e Cina (cioè tra chi compra – USA – e chi vende – Germania e Cina) che potrebbero portare a guerre commerciali e veti incrociati, non fanno ben sperare per il futuro. Soprattutto in virtù del fatto che dall’ultimo Marzo in Italia stiamo ancora attendendo operazioni politiche degne di questo nome.

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Claudio Pisapia

Dipendente del Ministero Difesa e appassionato di macroeconomia e geopolitica, ha scritto due libri: “Pensieri Sparsi. L’economia dell’essere umano” e “L’altra faccia della moneta. Il debito che non fa paura”. Storico collaboratore del Gruppo Economia di Ferrara (www.gecofe.it) con il quale ha contribuito ad organizzare numerosi incontri con i cittadini sotto forma di conversazioni civili, spettacoli e mostre, si impegna nello studio e nella divulgazione di un’informazione libera dai vincoli del pregiudizio. Cura il blog personale www.claudiopisapia.info

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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