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Il vertice NATO in Spagna ha raggiunto tutti gli obiettivi americani per l’attuazione del new order europeo. L’alleanza militare atlantica stava perdendo significato dopo la caduta del muro di Berlino e qualche Paese aveva avanzato l’idea di poterla sostituire con qualcosa di diverso, tipo una forza di intervento europea. Il pericolo di una simile evoluzione sarebbe stata la perdita di presenza e quindi di potere da parte di quelli che ci avevano salvato da Hitler e dal nazismo. Pericolo rientrato.

In Spagna si è riaffermata la missione difensiva della NATO grazie al rinvenimento di un nemico che la storia aveva già allontanato verso Est di qualche migliaio di chilometri. Si è creata una nuova cortina di ferro che include i confini finlandesi che, con la Svezia, vanno a rinforzare quella che qualche analista ha chiamato la “NATO Baltica”, con il conseguente accerchiamento di Kaliningrad, e ad aumentare le tensioni nei mari freddi del nord Europa.

In Polonia sarà inaugurata una nuova base militare permanente USA, la prima in un paese ex Patto di Varsavia, a sottolineare l’importanza crescente di questo Paese che sta prendendo la guida dell’Est contro l’invasore russo allontanando dalla prima linea Germania, Italia e Francia.

Svezia e Finlandia sono state invitate nella NATO grazie al fatto che Erdogan ha tolto il veto dopo aver ottenuto da loro, come lui stesso ha precisato, “quello che voleva”, cioè che i curdi siano definitivamente considerati terroristi e quindi uno stop alla tolleranza nei loro confronti da parte dei paesi nordici. Insomma, oppositori e dissidenti curdi saranno i primi a pagare a caro prezzo gli accordi per la nuova NATO. Ma la Turchia ha ottenuto anche altro, nuovi armamenti dagli USA come gli F16, di rientrare nel programma F35 e di poter anche liberamente comprare missili dalla Russia. Tutto questo fa di Erdogan un grande negoziatore, rafforza l’idea di una presenza nell’Alleanza Atlantica strumentale agli interessi nazionali e ne accresce l’importanza come potenza e interlocutore privilegiato degli USA, anche a discapito del ruolo che dovrebbe ricoprire l’Italia nel Mediterraneo e nei Balcani.

L’Italia non ha mai saputo ritagliarsi nessun ruolo oltre all’essere pronta ad intervenire a chiamata dove, come e quando le viene chiesto. Questo fa di noi esclusivamente un fedele gregario. Siamo il Paese che subisce più di tutti le pressioni delle sanzioni contro la Russia, ma invece di pretendere qualcosa in cambio o tutelare in primis i nostri interessi strategici ed economici, come hanno fatto la Turchia e l’Ungheria, oppure bilanciando meglio dichiarazioni di prassi e acquisti di gas seguendo l’esempio della Germania, accettiamo e mettiamo in atto pedissequamente; salvo poi andare in giro per il mondo cercando di rimediare altrove “il gas perduto” e chiedere interventi concertati dell’Europa unita.

Insomma, dei bravi scolaretti, decisamente poco furbi.

Se si guarda la nuova cartina europea si vede quanto siano diventati importanti, nell’ottica di difesa russa, i confini bielorusso e ucraino, ad oggi gli unici che la dividono da installazioni e basi americane o NATO. Con l’ingresso della Finlandia si concretizza quel senso di accerchiamento che ha sempre caratterizzato l’immaginario russo. Le grandi potenze nella storia, e l’impero romano insegna, avevano sempre degli stati cuscinetto che contribuivano a rendere i loro sonni più tranquilli. Oggi abbiamo creato dei blocchi pericolosamente confinanti con una trincea moderna fatta di battaglioni rotazionali e aerei in grado di trasportare armi nucleari tattiche per attacchi veloci ad alta intensità.

In ogni caso sembra che nessuno voglia fare davvero la guerra a Putin, stando alle dichiarazioni che si concentrano su difesa e deterrenza. Di conseguenza si capisce che l’intenzione è quella di approfittare della guerra in Ucraina, da molti vista come la conseguenza di una vera e propria provocazione da parte americana e inglese, per ottenere una serie di risultati strategici.

Gli Stati Uniti hanno un impero da difendere basato su una moneta che è moneta di riserva e che oramai è sostenuta più dalla potenza e presenza militare che dall’economia. Per mantenere lo status quo per qualche altro decennio e allontanare nel tempo il declino (la storia degli ultimi 500 anni insegna che fu lo stesso per il fiorino e l’Olanda, poi per la sterlina e la Gran Bretagna) hanno bisogno di aumentare il controllo sulla colonia più importante, l’Europa. Quindi devono aumentare la presenza militare e ribadire l’influenza che cominciava ad essere messa in dubbio, e per farlo stanno utilizzando le ragioni e le paure dei paesi dell’Est. Per compattare un’alleanza militare serve trovare un nemico, una minaccia oppure rinvigorire un vecchio nemico che in questo caso è lì, pronto al bisogno e allo scopo. Nel nuovo concetto strategico della NATO si legge che la Russia è “la minaccia più significativa e diretta alla sicurezza dei suoi Paesi membri” e che la Cina è “una sfida sistemica”, non tanto sul piano militare, quanto su quello tecnologico.

Quindi la vera strategia prevede che la Russia debba indebolirsi consumandosi dietro a questa guerra per indebolire, di conseguenza, il potenziale asse sino-russo. Una volta sistemato questo fronte, si potrà tornare a occuparsi a pieno titolo della sola Cina, la vera sfida all’impero dominante. Zhongguo, “il paese di mezzo”, come la chiamano i cinesi. 

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Claudio Pisapia

Dipendente del Ministero Difesa e appassionato di macroeconomia e geopolitica, ha scritto due libri: “Pensieri Sparsi. L’economia dell’essere umano” e “L’altra faccia della moneta. Il debito che non fa paura”. Storico collaboratore del Gruppo Economia di Ferrara (www.gecofe.it) con il quale ha contribuito ad organizzare numerosi incontri con i cittadini sotto forma di conversazioni civili, spettacoli e mostre, si impegna nello studio e nella divulgazione di un’informazione libera dai vincoli del pregiudizio. Cura il blog personale www.claudiopisapia.info

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno. L’artista polesano Piermaria Romani si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE
di Piermaria Romani


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