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Con preoccupazione e orgoglio, mi calo nell’argomento che sarà centro della mia conferenza, quello cioè di commentare la posizione di Dante nel vertiginoso compito che si era dato, cioè quello di dimostrare l’indimostrabile, di rendere parola ciò che è ineffabile, di rendere visibile attraverso la metafora poetica ciò che non può essere visto.

La conferenza avrà luogo in presenza venerdì 15 ottobre 2021 [Qui]alle ore 17.00, presso la sala Agnelli della Biblioteca Ariostea di Ferrara, secondo le nuove disposizioni che la rendono totalmente fruibile, naturalmente rispettando le norme in vigore. Per congiunzioni astrali (!) in concomitanza con lo spettacolo teatrale che Elio Germano [Qui] condurrà per tre giorni al teatro Abbado sul canto XXXIII del Paradiso.

Tuttavia, mi lascio tentare dai programmi televisivi che si attaccano al presente e ferocemente lottano per la supremazia televisiva. Vedo la bella Lilli Gruber presentare il suo ultimo libro in una popolare trasmissione su Rai1.

Poi viene annunciata la presenza di Martina, una carabiniera che ha salvato la vita a una madre decisa di farla finita in bilico su un ponte.
Così riferisce La Repubblica riportando l’episodio:
“Dopo tre ore di stallo l’ho guardata e ho pensato a mia mamma. Cosa le direi se fosse in una situazione simile? Ho seguito il cuore e, di lì a poco, ci siamo prese per mano”.

I sentimenti di una figlia emergono con tutta la loro forza, oltre la divisa, oltre gli alamari, oltre il rigore militare. E alla fine è l’amore, più della dotazione tecnica, a restituire salva la vita a una donna di 50 anni che voleva uccidersi buttandosi su un canalone montano da 80 metri d’altezza. “Ci siamo abbracciate, lei si è messa a piangere e anche io. Non ho mai provato una simile empatia nei confronti di una persona. Il suo dolore era il mio. Il mio sollievo era il suo”.

Nella trasmissione televisiva che commentava l’impresa Martina Pigliapoco – così si chiama l’eroina – correttamente in divisa, i capelli tenuti fermi in uno chignon, miti occhi dietro un paio di occhiali da vista, sembra frastornata da quella notorietà che lei attribuisce al suo dovere; compirà 26 anni il prossimo dicembre, marchigiana di Osimo, carabiniera semplice in servizio a San Vito di Cadore. È rimasta per quattro ore a parlare, a cercare un punto di contatto e alla fine l’ha trovato.

Così spiega la sua inflessibile volontà di salvare la donna:
“In realtà non era un dialogo, per lungo tempo è stato un monologo. Rispondeva a monosillabi, si agitava. Il mio unico compito era stare lì e assecondarla, non perdere il contatto. […] le ho raccontato di me, della mia vita, del fatto che per lavoro aiuto la gente e che ero lì per fare lo stesso con lei Non voleva che mi avvicinassi, ho cercato di farle capire anche con il linguaggio del corpo che ero lì per aiutarla.”

Qui non si tratta dei soliti ‘commoventi’ ritratti che la tv usa per sfruttare le emozioni; ma una vera, imperdibile tranche de vie. Una donna matura e disperata salvata da una ragazza che crede ai valori della vita e dell’impegno che si è preso.

Poi di nuovo a sorbettarmi i risultati delle elezioni, osservando la boccuccia a cul de poule dei commentatori e dei vincitori e vinti. Povera Italia di c…te ostello!

Sto leggendo un libro fantastico sul mito della Rive gauche a Parigi dopo la guerra e il ruolo dei filosofi e intellettuali che la resero la capitale mondiale della cultura. Un particolare mi ha colpito quella che fa scegliere ai miti parigini Sartre [Qui] e de Beauvoir [Qui] nel contrasto tra comunismo ed esistenzialismo la soluzione italiana che non passa attraverso lo stalinismo.

Termino l’intensa settimana recandomi al convegno organizzato da MENS-A sul tema del Nuovo Umanesimo. Hanno parlato Pietrangelo Buttafuoco, Roberto Celada Ballanti e l’amico di una vita Franco Cardini [Qui].

Con lui abbiamo ricordato i nostri esordi – lui diciassettenne io diciannovenne – che svolgevamo piccoli incarichi per il famoso architetto dei giardini che operava a Firenze. E, nel tempo, l’invito che mi fece per studiare il periodo medievale delle mura di Gerusalemme, che helas! rifiutai perché si doveva dormire in tenda. Ancora oggi attendo di vedere Gerusalemme.

Sembra allora che la bella addormentata, Ferara, stia risvegliandosi.

Per leggere tutti gli altri interventi di Gianni Venturi nella sua rubrica Diario in pubblico clicca  [Qui]

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Gianni Venturi

Gianni Venturi è ordinario a riposo di Letteratura italiana all’Università di Firenze, presidente dell’edizione nazionale delle opere di Antonio Canova e co-curatore del Centro Studi Bassaniani di Ferrara. Ha insegnato per decenni Dante alla Facoltà di Lettere dell’Università di Firenze. E’ specialista di letteratura rinascimentale, neoclassica e novecentesca. S’interessa soprattutto dei rapporti tra letteratura e arti figurative e della letteratura dei giardini e del paesaggio.

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Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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Francesco Monini
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