Non mi avete convinto
Grillo si definisce “oltre Hitler”, Berlusconi si piange “perseguitato”, Renzi proclama “il futuro siamo noi”. Molti slogan (alcuni davvero disgustosi), pochissimi ragionamenti.
Mettiamoci anche la Lega che bercia contro gli immigrati e riduce la fuga dalla crisi a un banale referendum sull’euro. E la lista ‘L’altra Europa’ che fatica a destare attenzione attorno al suo (pur solido) profilo ideale e allora s’attacca al fondoschiena della propria portavoce e all’impronunciabile nome d’un leader greco – che nessuno conosce – sperando così di ottenere visibilità.
Il fulcro del messaggio politico è ormai interamente slittato dal piano dei contenuti a quello della comunicazione. Si cercano le strategie più appropriate per persuadere e guadagnare consensi da spendere come cambiali in bianco. Mancano invece le risposte ai bisogni reali e un quadro programmatico che le contenga e definisca un orizzonte credibile verso il quale tendere.
Rimpiango l’utopia, stella polare in grado di orientare il cammino di una comunità. Non misurava la distanza dal ‘qui ed ora’ alla ‘città ideale’, ma ne indicava la direzione: serviva a tenere alta la tensione morale, a dare un senso al presente, a chiarire cosa fosse necessario fare per approssimarsi alla meta. E rendeva sensati e accettabili i sacrifici che ogni impresa impone.
Così invece appare tutto sterile e vano. Non si afferra il senso del presente, non si vede un approdo praticabile nel futuro. E monta la rabbia, per frustrazione.
Anche a livello locale si sconta la stessa incapacità di tenere insieme le due dimensioni: la concretezza e la prospettiva. Pare davvero la notte, descritta dal filosofo Hegel, in cui “tutte le vacche son bigie” e tutto appare indistinguibile e inutile. Una interminabile, spaventosa notte.
Non è rassegnazione la mia, è l’amara constatazione di un pur inguaribile ottimista. Inguaribile al punto che ancora spera, prima o poi, d’essere smentito.

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Sergio Gessi
PAESE REALE
di Piermaria Romani
Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno. L’artista polesano Piermaria Romani si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)