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E’ bello svegliarsi nel lento e inevitabile avanzare dell’autunno, stagione melanconica per eccellenza, e sentire il confortante suono che prelude la danza degli acronimi, più comprensibilmente ‘sigle’. Cosi il bip bip delle popolari cancella il ca ca delle Casse di Risparmio in estinzione; e mentre il bip che coinvolge la Caricento si estenua in quello di Sondrio, banca associata, e si spegne in una esse segno di silenzio, ‘bipsss’, a Ferrara il bp si arrota nella erre della Bper che ha sostituito la ex gloriosa Cassa di Risparmio di Ferrara: ‘biprrrrrrr’, come avveniva quando da bambini tiravamo la lingua fuori ed emettevamo un ‘cachinno’, ovvero un’imitazione fonica di una scorreggina. Nei giri ampi dei valzer spunta la lucida pelata di Pattuelli (le pelate sono ormai il simbolo delle banche vincenti, cfr. Alberto Roncarati della ex CariCento), che si presenta come presidente dell’abbecedario bancario, ovvero l’A.B.I. Mi si potrebbe ribadire; ma anche tu sei pelato. Certo! Ma con un’aureola quasi da santo che circonda la mia differente pelata.
Ormai non si può vivere senza acronimi, che si sono espansi a dismisura in tutte le attività umane. Manca ormai, ma tra poco accadrà, di parlar per acronimi con il proprio corpo. Così invece d’invitare la/il partner a fare l’amore useremo un rapido e sinistro acronimo. Proporrei ‘clic’.

La stagione dei restauri si complica per imprevisti problemi (attenzione! Faccio il gesto dell’ombrello e ribadisco ‘problemi’ e non ‘problematiche’). Così si cala dalla sua colonna la statua di Ludovico Ariosto per improvvisi ‘crac’ all’interno del fusto e da vicino vediamo la severissima e stralunata faccia di Ludovico. Tremenda! Cattiva e severa forse perché disgustata da ciò che vede di lassù. Ma non è finita. S’apre la storia ‘d’il bus’ (da pronunciare alla ferrarese con la esse dolce e sibilante: ‘bussss’) che s’aprono nell’appena restaurato ponte sul Po che unisce la sponda ferrarese a quella veneta. Sono ‘busss’ previste per l’assestamento dell’asfalto tra i giunti. Invano l’assessore Modonesi, con l’occhio giustamente smarrito, ribadisce che era un ‘problema’ previsto e ampiamente divulgato. La sua ‘narrazione’ (per l’uso del termine leggi QUI) non convince l’indignato utilizzatore del ponte e così si ripropone una delle ‘tematiche’ (temi no vero?) dell’ormai onnipresente campagna elettorale.

La vicenda più disgustosa della settimana è quella di una donna che indossa una maglietta di questo tenore (traggo la notizia dal ‘Resto del Carlino’): “E’ polemica per la maglietta indossata oggi a Predappio da Selene Ticchi, militante di Forza Nuova e già candidata sindaco a Budrio nel 2017 per la lista neofascista ‘Aurora Italiana’. La Ticchi, tra le organizzatrici della manifestazione che commemora l’anniversario della Marcia su Roma del 1922, ha infatti sfoggiato una t-shirt con la scritta ‘Auschwitzland’ con i caratteri tipici della Disney”. Per fortuna gli italiani, una volta tanto non ‘itagliani’ hanno reagito prontamente e firmato un manifesto di condanna. Frattanto sia la Disney ma – fatto ben più importante – il museo di Auschwitz hanno denunciato la pettoruta che indossava l’orrida maglietta.

Chiudiamo con liete note e con un acronimo amatissimo. Il MEIS – Museo nazionale dell’ebraismo italiano e della Shoah – ha presentato la mostra ‘Il giardino che non c’è‘ di uno dei massimi artisti viventi Dani Karavan, che ha elaborato il bozzetto del monumento a Giorgio Bassani e al suo romanzo più conosciuto, ‘Il giardino dei Finzi-Contini’, da collocare a Ferrara. L’ottantottenne artista aiutato dalla bravissima figlia Noa ci ha intrattenuto, prima di entrare in mostra, cinque minuti d’orologio, sulle ragioni per cui ama Ferrara. Ne valevano ore.
Speriamo che questa città non solo subissata dagli acronimi possa vittoriosamente condurre a termine la sua battaglia culturale, sociale e politica.

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Gianni Venturi

Gianni Venturi è ordinario a riposo di Letteratura italiana all’Università di Firenze, presidente dell’edizione nazionale delle opere di Antonio Canova e co-curatore del Centro Studi Bassaniani di Ferrara. Ha insegnato per decenni Dante alla Facoltà di Lettere dell’Università di Firenze. E’ specialista di letteratura rinascimentale, neoclassica e novecentesca. S’interessa soprattutto dei rapporti tra letteratura e arti figurative e della letteratura dei giardini e del paesaggio.

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno. L’artista polesano Piermaria Romani si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE
di Piermaria Romani


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