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Nel giorno clou di mille avvenimenti, la ‘MOSTRA’ (ovviamente d’Orlando) come ormai viene chiamata tutta in maiuscolo, il Premio Estense, la sagra dell’anguilla, la marcia contro i razzismi, è passato sotto silenzio un avvenimento memorabile: la conferenza di Gianni Clerici sul suo rapporto con Bassani; una conferenza che non poteva aver luogo se non alla Palazzina Marfisa organizzata dal glorioso Tennis Club che porta lo stesso nome.

Per fortuna il tam tam ha funzionato; si contavano tra le duecentocinquanta e le trecento persone in piena orgia di selfies. I ragazzi tennisti vestiti anni ’30 e le ragazze con gli abiti bianchi di Micòl accompagnano il grande scrittore. Appaiono le signore che hanno giocato a tennis con Bassani, leggermente fanées, ma sempre leggiadre. Alla fine del discorso interrotto da affettuosissimi applausi per la verve ed eleganza verbale del gran tennista-scrittore, ci rechiamo sui campi di terra rossa e leggiamo le poesie di Bassani affidate ai leggii di metallo al bordo dei campi. Clerici ci incanta con i ricordi legati all’amicizia con il grande scrittore ferrarese evocati con una leggerezza degna dell’insegnamento di Italo Calvino. Gioca con la smemoratezza, tutta letteraria ed ironica, della sua vita così sontuosamente divisa tra l’attrazione alla scrittura e il gesto e l’esercizio tennistici. Ricorda la sua partecipazione ai premi letterari come lo Strega presentato e sostenuto dai suoi amici Mario Soldati e Giorgio Bassani e si concede a foto di gruppo circondato dai giovinetti tennisti frastornati e ammirati da tanto onore. Accanto a me Daniele Ravenna ricorda la promessa del ministro Franceschini: quella di fare di quei campi un luogo inalienabile. Un museo dedicato a uno sport che in quegli spazi è diventato cultura, parte integrante della città: una memoria altrettanto importante di quella vista con gli occhi dell’Ariosto quando scriveva e che qui vedeva giostrare non con lance ma con racchette, tra gli altri, Giorgio Bassani, Michelangelo Antonioni cioè quegli autori-personaggio ormai imprescindibili dalla sostanza di una città: Ferrara e non ‘Ferara’. Alla fine minuti interi di applausi. Peccato che dell’amministrazione comunale non ci fosse traccia. Ma non si può avere tutto.

Nel frattempo, nel resto delle ore di una giornata così memorabile dove andare? A vedere le macchine d’epoca sul Listone o a immergersi tra i sapori e profumi degli stand culinari europei allestiti saggiamente al nuovo acquedotto, quindi nella zona GAD più infelice e pericolosa della città? Mi si dice che la ressa -per fortuna- è strepitosa. Nemmeno mi lascio tentare dalla distesa di piante fiorite che aspettano solo di essere comprate con il richiamo civettuolo del ‘prendimi! comprami!’.
No, per scelta annosa, alle prime e alle inaugurazioni, quindi niente Orlando o Premio Strega. Già fioccano i primi risentiti commenti sulle mie riserve della e sulla mostra orlandesca. Non è vero. Aspetto solo di vederla. D’altra parte la città è fatta così. Solo ciò che accade entro le mura è degno di essere ricordato come fatto memorabile. Ma la primazia non sempre è gesto di buon gusto intellettuale.

Il comitato per le celebrazioni dei 500 anni dalla pubblicazione dell’Orlando Furioso aveva indicato tre luoghi dove esse avrebbero avuto maggior risonanza: Ferrara, Villa d’Este a Tivoli, la Valtellina. Ecco le parole di Lina Bolzoni presidente del Comitato per le celebrazioni di Orlando 1516 nell’intervista concessa ad Anja Rossi del ‘Resto del Carlino’ il 23 aprile 2016:
“Di iniziative ce ne saranno molte. Ci può anticipare qualcosa? Oltre alla mostra di Palazzo dei Diamanti, pensata sull’immaginario di Ariosto al momento di scrivere l’Orlando Furioso, ce ne sarà un’altra altrettanto bella a Villa d’Este a Tivoli, incentrata sulla modernità dell’Ariosto e su come il poema ha influenzato scrittori e artisti successivamente. Quanto ai convegni, oltre uno a Ferrara in autunno, ce ne saranno molti altri: uno a Londra sulla fortuna del Furioso in Inghilterra, la settimana prossima alla British Academy, a New York sulla dimensione letteraria del poema, poi in California, Germania”.

Ma non sembra che a Ferrara la mostra di Tivoli o le manifestazioni in Valtellina possano interessare granché. Provvederemo con una trasferta ad hoc a Roma per vederla, pur inneggiando come ci si aspetta da un ferrarese alla strepitosa bellezza delle opere ospitate alla mostra dei Diamanti.

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Gianni Venturi

Gianni Venturi è ordinario a riposo di Letteratura italiana all’Università di Firenze, presidente dell’edizione nazionale delle opere di Antonio Canova e co-curatore del Centro Studi Bassaniani di Ferrara. Ha insegnato per decenni Dante alla Facoltà di Lettere dell’Università di Firenze. E’ specialista di letteratura rinascimentale, neoclassica e novecentesca. S’interessa soprattutto dei rapporti tra letteratura e arti figurative e della letteratura dei giardini e del paesaggio.

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno. L’artista polesano Piermaria Romani si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE
di Piermaria Romani


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