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Spiace dover deludere la narrazione confortante e un po’ retorica della piazza gremita di persone manifestanti per la pace e contro la guerra, senza se e senza ma. Non è quello che ho visto e sentito.

In piazza a Ferrara, sabato 26 febbraio, tirava una brutta aria.

Dopo l’apertura del segretario della CGIL Cristiano Zagatti, che ha fatto un intervento articolato sulle implicazioni sia umane che politiche della situazione di guerra, ha preso la parola Daniele Lugli del Movimento Nonviolento, il quale è stato costretto a interrompere l’intervento per le continue grida di richiesta di alzare la voce dalle retroguardie della piazza, che non riusciva a sentire.

Ora, se è normale che, all’inizio di un discorso, si chieda di alzare la voce al microfono un paio di volte, non è normale continuare a urlare “Alza la voce! Non si sente! Più forte!” per tutta la durata dell’intervento, disturbandolo, sovrastandolo e infine scoraggiando l’oratore tanto da farlo sentire inadeguato e costringendolo ad interrompersi bruscamente a metà discorso per passare il microfono a qualcun altro. Con grande umiltà, come sempre, Daniele si è fatto da parte schermendosi ed offrendo la parola “a chi si fa capire meglio di me”.
Questa insistenza sguaiata e maleducata mi ha molto infastidita: queste persone non hanno mai partecipato a dei presidi organizzati in poche ore, a dei flash-mob chiamati sotto l’urgenza del momento? Non sanno che si porta in piazza al massimo un megafono o un microfono con una cassa e che non ci sono il palco e l’impianto di un concerto degli U2? Non capiscono che se ci si trova in una posizione laterale o distante sarà difficile sentire, ma che non ha senso voler prevaricare chi parla ed impedire a tutti quanti di ascoltare? E soprattutto: si rendono conto che stanno partecipando a una manifestazione per la PACE e che è importante esserci, e pazienza se non si riesce a vedere e sentire tutto?

Posso capire il dispiacere di non riuscire ad ascoltare bene, ma questo atteggiamento a mio avviso rivela l’autoreferenzialità, la smania di essere protagonisti, di esigere attenzione e riscuotere in maniera arrogante quello che si crede spetti di diritto. Malattie pervasive del nostro tempo.

Io mi trovavo in una posizione privilegiata, esattamente di fronte al punto del microfono. Non mi ci è voluto molto per trovarmi lì: mi sono semplicemente spostata per raggiungere il centro della manifestazione per ascoltare. Questo di Daniele è stato solo l’inizio di una serie di avvenimenti sgradevoli e preoccupanti.

Dopo ha parlato una signora ucraina, un intervento molto toccante e angosciante: piangendo, ha raccontato di essere la madre di un ragazzo che è ora soldato al fronte, ed è straziata dal terrore che gli succeda qualcosa. C’era un clima di forte commozione umana quando ha preso la parola Stefania Soriani, segretaria di Rifondazione Comunista, che invece ha fatto un intervento molto politico e di netta condanna le responsabilità della Nato in questa e altre guerre e nella crescente militarizzazione del nostro continente, chiedendo l’uscita dell’Italia dalla Nato e lo scioglimento della stessa alleanza atlantica. Un contenuto, a mio avviso, condivisibile, ma forse non del tutto in sintonia, sempre  a mio avviso, in quel contesto dove era presente una numerosa comunità ucraina in grande tensione emotiva, composta soprattutto da donne molto preoccupate per la sorte delle loro famiglie là: forse questo era il momento di riunirsi semplicemente in una vicinanza umana alla popolazione civile ucraina, nel nome della solidarietà tra popoli e della richiesta di immediata cessazione delle azioni di guerra.

In ogni caso, Stefania è stata risoluta ma certamente non offensiva, tuttavia non ha potuto terminare il suo intervento perché è stata zittita da due diversi gruppi di persone: parte della comunità ucraina ha reagito molto duramente alle sue critiche alla Nato, perché è evidente che parte della comunità ucraina presente vorrebbe entrare nella Nato e vorrebbe combattere contro la Russia, e non solo per difesa. Si deve dire che non c’erano solo istanze pacifiste in piazza, che è spuntata una bandiera nera e rossa del partito nazionalista di estrema destra ucraino, che alcuni manifestanti ucraini, dopo aver cantato l’inno nazionale (che ci sta), hanno salutato con il braccio teso.

Non è un episodio limitato a Ferrara. Queste stesse cose stanno succedendo in altre piazze italiane (https://www.24emilia.com/reggio-alla-manifestazione-per-la-pace-in-ucraina-anche-una-bandiera-neonazista/) e non dovrebbero essere tollerate. Le modalità e i contenuti delle manifestazioni per la pace vanno dichiarate in maniera netta e chiara.

Soriani è stata contestata in modo violento e ingiustificabile anche da un gruppo di italiani che si trovava alla mia sinistra, che aveva cominciato prima borbottando piano dei commenti del tipo “E meno male che c’è la Nato. Meno male che abbiamo le basi qui così ci difendono”, per poi passare apertamente a gridare “Stai zitta! Basta! Vattene!”.
Massimiliano Diolaiti della CGIL ha provato a far ragionare queste persone, in maniera molto calma, dicendo loro che non era quella la modalità per manifestare il dissenso, e che anche loro potevano esprimere la loro opinione al microfono, ma in maniera civile.
Alla mia destra invece si trovava un gruppo di ragazze e ragazzi giovani, universitari iscritti a Ferrara (ho saputo poi). Da questo gruppetto è partita una ragazza che ha preso il microfono e ha detto a tutti i contestatori sguaiati ed aggressivi che si dovevano solo vergognare per aver reagito in quel modo contro una signora che stava cercando di analizzare la situazione ed esporre delle opinioni. Poi è tornata dai suoi amici ed è scoppiata in un pianto di emozione, rabbia, sdegno, dimostrando un profondo senso della giustizia. L’abbiamo tutti ringraziata, noi lì vicino, per il suo gesto coraggioso e pulito.

Ci sono stati altri interventi, più o meno apprezzati, più o meno compresi. Ci sono stati momenti di forte partecipazione emotiva. Fondamentali i richiami di Girolamo De Michele di Mediterranea Saving Humans nei confronti dei profughi che tutte le guerre creano, e verso i quali la commozione e la solidarietà durano il tempo delle flash-news, per poi tornare ad essere un problema da respingere; così come necessarie sono state le parole di Cristina Zanella di Udi Ferrara e Manuela Macario di Arcigay che hanno ricordato la presenza fondamentale e silenziosa del lavoro di cura che svolgono nella nostra società le donne dell’est, e come da questo valore della cura si debba ripartire per ricostruire le nostre relazioni quotidiane.

Alla fine alcune signore ucraine hanno intonato l’inno nazionale ed alcuni slogan: gloria all’Ucraina, gloria ai militari ucraini.

Resta la sensazione preoccupante che poche persone fossero in piazza per un pacifismo consapevole. Non si può venire a manifestare per la pace e zittire le persone. Restano comprensibili la rabbia, lo sgomento, anche il patriottismo della popolazione ucraina di fronte a un attacco ingiustificabile, ma non si può pensare che la pace sia la vittoria militare sulla parte avversa. Non si può pensare che la pace sia garantita dall’aumento di basi ed armamenti militari.

Non si può ridurre ogni dibattito, ogni lancio di notizie, ogni piazza ad una bieca e sterile tifoseria.

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Emanuela Cavicchi


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno. L’artista polesano Piermaria Romani si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE
di Piermaria Romani


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