Il Centro Preformazione Attoriale di Ferrara (la prima scuola di recitazione per adolescenti in Italia, pensata per ragazzi tra i 14 e i 20 anni) quest’anno ha fatto il boom di iscrizioni. Sono 20 i selezionati per il primo anno di corso, per un totale di 38 allievi tra il primo e secondo anno e l’anno di perfezionamento Master Class.
Questo venerdì 6 novembre alle ore 17.00 presso la sede del Cpa in via Arianuova 128 (Ferrara), verrà, come l’anno passato, inaugurato l’anno accademico della scuola.
Ad aprire il nuovo corso di studi saranno il vicesindaco nonchè assessore alla cultura di Ferrara dott. Massimo Maisto, l’assessore alle attività produttive e alla valorizzazione di Villa Mensa del comune di Copparo dott.ssa Paola Bertelli nonché il direttore artistico del CPA Stefano Muroni e Massimo Malucelli, responsabile artistico della scuola.
Durante la cerimonia sarà proiettato in anteprima nazionale, per la regia di Lyda Patitucci, il video-documentario del Tenda Summer School 2015, il corso estivo promosso dal Cpa realizzato nella villa La Mensa a Sabbioncello San Vittore nell’agosto di quest’anno, in collaborazione proprio col Comune di Copparo.
A seguire buffet offerto dal ristorante L’Archibugio di Ferrara e foto di rito nel photocall della scuola.
Cts vince il Premio Ilta 2015 nella categoria “innovazione sia in ambito operativo che per la sicurezza degli utilizzatori” grazie a un sistema che ha reso possibile la movimentazione e il posizionamento di un ponte autostradale senza l’utilizzo di autogru.
Un prestigioso riconoscimento in ambito nazionale per CTS, il consorzio di autotrasportatori con sede a Roncalceci, che si caratterizza da molti anni in ambito italiano e internazionale in virtù di significative performances nel settore dei trasporti eccezionali e delle movimentazioni industriali.
All’interno del Gis di Piacenza – le Giornate Italiane del Sollevamento – CTS ha ottenuto il prestigioso Premio Ilta (Italian Lifting & Transportation Awards) 2015, grazie all’innovativo sistema che ha permesso di sollevare e trasportare un cavalcavia autostradale (54 metri di lunghezza, 7 di larghezza, 340 tonnellate di peso) e di “appoggiarlo” nella sede definitiva, che scavalca l’A27 nei pressi di Casale sul Sile, in provincia di Treviso.
L’elemento di innovazione premiato sta nel fatto che il ponte non è stato posizionato, come normalmente accade in questi casi, tramite l’impiego di autogru: per evitare i possibili inconvenienti legati alla presenza contemporanea di diversi dispositivi di grossa portata, si è scelto di utilizzare – prima volta in Italia per questa tipologia di manufatti – un sistema di sollevamento composto da quattro torri idrauliche: le quali, opportunamente posizionate, hanno sollevato il viadotto fino all’altezza stabilita. A quel punto, sotto le torri sono stati inseriti i carrelli necessari per il trasporto dell’enorme manufatto dal punto di costruzione fino alla sede autostradale (distante poche centinaia di metri); raggiunta la posizione finale, si è ricorso nuovamente al sistema di cavallette idrauliche per abbassare il cavalcavia fino a fargli raggiungere la sua sede definitiva.
L’intera operazione ha richiesto un impegno significativo da parte dei tecnici e degli operatori del CTS: un paio di mesi di lavoro a livello progettuale, una decina di giorni “sul campo” per una squadra di cinque operatori, e l’esecuzione vera e propria svoltosi nell’arco di una notte – naturalmente con autostrada chiusa al traffico.
“Siamo molto contenti del riconoscimento ricevuto – sottolinea Marco Melandri, vicepresidente di CTS – perché premia il lavoro di costante ricerca di miglioramento sviluppato dal nostro staff. Un’attività che ha l’obiettivo di eliminare, o comunque ridurre al minimo, i rischi per gli operatori, migliorando la qualità dell’offerta tecnica e mantenendo contemporaneamente competitivo il prezzo degli interventi: quando, come in questo caso, riusciamo a trovare soluzioni il cui valore viene riconosciuto a livello nazionale, è davvero una grande soddisfazione!”.
Il Comune di Copparo ha venduto parte del suo pacchetto azionario di Hera spa. Le azioni complessivamente possedute dal Comune di Copparo ammontavano a 1.525.425 (del valore nominale di un euro) e di queste ne sono state vendute 290.268 azioni, per un valore totale di incasso di 677.000 euro al lordo delle imposte. Il prezzo di vendita è determinato dalla quotazione di Borsa e l’operazione si è chiusa per un valore di 2,34 euro ad azione.
«Le risorse incassate, saranno destinate completamente a investimenti e il Comune deciderà quali opere pubbliche finanziare con la manovra di bilancio 2016 – ha dichiarato l’assessore al Bilancio Enrico Bassi –. L’operazione, alla luce dei dati, si può dire che è stata economicamente molto vantaggiosa, in quanto il valore di 2,34 euro è decisamente alto e permetterà così di continuare a investire sul territorio».
«La vendita di una parte delle azioni di Hera spa è una scelta di politica finanziaria importante – ha ribadito il sindaco Nicola Rossi commentando l’operazione di cessione – permessa dall’adesione al patto di sindacato che il Comune ha approvato in Consiglio Comunale ad aprile scorso».
«Davanti a noi avevamo una scelta strategica da affrontare: continuare a possedere l’intero pacchetto azionario assicurandoci un livello di entrate correnti appena più alto (attraverso gli utili che ogni anno la società distribuisce ai suoi azionisti) oppure iniziare la dismissione per agganciare la ripresa e dare un po’ di ossigeno all’economia locale. Secondo il nostro programma di mandato l’Ente deve mettere in gioco le risorse che può utilizzare, garantendo la continuità dei programmi di investimento – concludono Sindaco e Assessore – e il buon valore di realizzo ci ha permesso di affrontare questa scelta con un margine di entrata notevole».
L’acquisizione delle azioni di Hera spa, da parte del Comune di Copparo, deriva dall’incorporazione in Hera spa di Agea spa effettuata nel 2004, società partecipata da diversi Comuni della Provincia di Ferrara, tra cui Copparo.
A oggi quindi il pacchetto di azioni Hera posseduto dal Comune di Copparo è pari a 1.235.157 azioni.
Il Consigliere Comunale del Pd Davide Bertolasi esprime le proprie riflessioni riguardo la questione armi e difesa personale
Da Stacchio in poi, passando per Buonanno e dai piu’ nostrani esponenti politici, è un tripudio di gente che sventola armi, chi a parole e chi realmente, utilizzando troppo spesso questo pericoloso oggetto come simbolo di virilità o repressa voglia di farsi notare: mai che abbia sentito affrontare il tema in modo serio.
Purtroppo (sì, ho detto purtroppo) la “via italiana” alla legittima difesa è quasi sempre legalmente sbilanciata (negativamente) nei confronti di chi si difende e questo, a mio modo di vedere, non aiuta di certo un dibattito sano in materia di armi. Assunta l’esistenza di norme che tendenzialmente andrebbero nella direzione di coloro che si difendono, è altresì vero che le interpretazioni che i magistrati ne danno, sono molto variegate e, come già detto, sempre estremamente restrittive. Di certo, a fronte di continue riduzioni di fondi per le forze dell’ordine e, in modo forse peggiore, di una perdita di autorevolezza ed autoritarietà anche a causa di un non sempre decoroso comportamento in questioni difficili, anche questo non aiuta un sano dibattito.
Viviamo (spero) ancora in uno stato di diritto, in un luogo in cui se il cittadino è costretto a difendersi (ed io rimarco con forza questo diritto) deve farlo solamente come ultimo gesto estremo, una volta scongiurati tutti gli altri, un modo per mettere forzatamente fine ad un’azione criminosa in cui c’e’ in ballo la propria incolumità o quella dei propri cari. Una decisione che NON deve e NON puo’ esser presa a cuor leggero sia da un punto di vista penale che, a mio avviso più importante, da un punto di vista della propria coscienza: perché checchè se ne dica ferire o togliere la vita ad un tuo prossimo è qualcosa di terribile.
Troppo spesso la politica italiana, ha considerato tabù un argomento scottante, non solo politicamente, come quello del rapporto tra cittadino ed armi (non solo da fuoco) inteso come regole chiare, omogenee e, ahimè, giuste su acquisto, detenzione, porto e trasporto.
Detto questo e’ offensivo e degradante, per la classe politica, parlare di armi come se si fosse al bar a parlare di calcio dopo un derby. Mescolare armi e dibattito politico è quanto di più sbagliato ci possa essere, un inganno per il cittadino, un’effimera e fasulla sensazione di sicurezza. Tirare fuori dalle bocche o dalle fondine le armi in diretta TV, fa passare il messaggio che viviamo nel vecchio west e chiunque puo’ sentirsi legittimato ad esere John Wayne.
Per chi, come me, è possessore di armi, sa quanto esse debbano essere trattate con rispetto: il rispetto che si deve ad un oggetto innocuo di per se, ma terribilmente dannoso se messo in mani sbagliate: sia che esse siano di offeso, offensore o politico che lo usa in modo strumentale.
Mercoledì 4 novembre alle ore 20.30 al Cinema Apollo sarà di scena il nuovo film di Folco Quilici “Animali nella Grande Guerra”, un evento che rientra nel programma del Centenario della Prima Guerra Mondiale (1915/18). Alla proiezione, il cui ingresso è ad invito ma – fanno sapere gli organizzatori – ha già registrato il tutto esaurito, sarà presente il regista ferrarese.
La manifestazione, per la quale il film sarà sul grande schermo per la prima volta in una sala emiliano-romagnola, è organizzata e promossa dai club Lions di Ferrara Diamanti, Ferrara Host, Ferrara Ercole I d’Este, Argenta Terre del Primaro, Ferrara Europa Poggiorenatico, Portomaggiore S. Giorgio, Cento, Comacchio Sette Lidi e Santa Maria Maddalena, con il patrocinio e la collaborazione dell’Istituto di Storia Contemporanea di Ferrara.
“Animali nella Grande Guerra”, il nuovo film del regista – scrittore Folco Quilici, racconta la prima guerra mondiale da un punto di vista finora mai trattato: protagonisti della storia non sono solo gli uomini, i soldati coinvolti nel drammatico scontro ma gli animali che li accompagnarono. Quilici racconta del “rapporto profondo, intimo” , un legame improntato alla mutua sopravvivenza in cui uomo e animale diventavano indispensabili l’uno all’altro.
Il film, prodotto da Mario Rossini per la Red Film (in associazione con Luce Cinecittà e con BNL-Gruppo BNP Paribas). La pellicola, tra storia e ricostruzioni filmate, vuol essere soprattutto un omaggio a tutti quegli animali che accanto ai soldati hanno condiviso gli orrori e l’eroismo della guerra, combattendo – a volte proprio come i soldati – in una inutile carneficina che costò oltre 10 milioni di caduti militari, e più di 7 milioni di vittime civili, ma anche 10 milioni di cavalli, muli, buoi e piccioni viaggiatori. Emerge con grande forza nella narrazione il rapporto fra uomini e animali, dentro e fuori la trincea, che viene ricostruito attraverso testimonianze e immagini che esaltano incredibili momenti di assoluta serenità e tenerezza, con lo sfondo di uno dei più tragici periodi della storia contemporanea.
Soddisfazione di Coldiretti per l’annuncio dell’assessore regionale Caselli dell’avvio dei pagamenti PAC 2015. Gulinelli “segnale importante di sostegno alle aziende”.
Coldiretti Emilia Romagna esprime soddisfazione per l’avvio dei pagamenti degli anticipi Pac per il 2015, annunciato dall’assessore regionale all’Agricoltura, Simona Caselli. “In un momento di crisi finanziaria, di scarsa liquidità delle imprese e di una estate in cui l’eccesso di caldo ha creato non poche difficoltà alle aziende agricole e agli allevamenti – ha detto il presidente di Coldiretti Emilia Romagna, Mauro Tonello – l’anticipo dei pagamenti, così come aveva richiesto Coldiretti, è un segnale importante per sostenere le aziende nella loro attività”.
Gli anticipi ammontano a circa 200 milioni di euro e dovrebbero arrivare agli agricoltori – informa Coldiretti – entro la fine del mese di novembre.
l’Italia come da regolamento anticipa agli agricoltori fino al 70 per cento dei pagamenti diretti e sino all’85 per cento dell’importo delle misure a superfici e per gli animali nello sviluppo rurale per quanto riguarda misure agro-climatiche-ambientali, indennità natura 2000, agricoltura biologica, zone soggette a vincoli naturali, benessere degli animali e servizi silvo-climatico-ambientali e salvaguardia delle foreste.
“L’annuncio della Regione è particolarmente importante – commenta Sergio Gulinelli, presidente diColdiretti Ferrara – in questo momento dove le imprese agricole stanno già investendo in mezzi tecnici, lavorazione dei terreni e sementi per i raccolti della prossima annata, senza aver ancora, in molti casi, incassato i proventi del raccolto 2015. Il supporto finanziario anticipato da parte dell’Ente Erogatore dei fondi comunitari PAC 2015, è dunque in linea con le richieste di Coldiretti a supporto delle difficoltà di moltissime imprese, che potranno così evitare ulteriore ricorso ad indebitamento oneroso per le anticipazioni colturali del 2016”.
da: ufficio stampa giunta regionale Emilia Romagna
Domani a Ecomondo lo annuncerà Palma Costi, assessore regionale Attività produttive, piano energetico ed economia verde. La Regione stanzia 104,3 milioni di euro provenienti al nuovo Piano operativo regionale previste nel Por Fesr 2014-2020 su efficienza energetica e mobilità sostenibile e partono i lavori per il nuovo piano energetico regionale . Mercoledì 4 novembre a Rimini un convegno su low carbon economy, pianificazione energetica e competitività dei territori. In Emilia Romagna 3.890 le imprese regionali potenzialmente coinvolte per realizzare le azioni previste
Ammontano a 140,3 milioni le risorse messe a disposizione dalla Regione per favorire azioni di efficientamento energetico dell’industria e degli enti pubblici, dello sviluppo di impianti di energia da fonti rinnovabili e della mobilità sostenibile nelle aree urbane dell’Emilia-Romagna, dove, tra l’altro, sono 3.890 le imprese regionali, con un fatturato superiore al milione di euro, potenzialmente coinvolte nell’indotto per la realizzazione delle azioni previste dai bandi del Por Fesr 2014-2020 sulla low carbon economy.
Opportunità e incidenza di questi interventi sullo sviluppo della competitività del territorio saranno al centro del confronto “Low carbon economy, pianificazione energetica e competitività dei territori: temi e strumenti” che si terrà si terrà a Ecomondo, domani mercoledì 4 novembre dalle 9.30 alle 12 in sala Agorà in fiera Rimini, durante il quale interverrà anche l’assessore regionale Attività produttive, piano energetico ed economia verde Palma Costi che annuncerà la convocazione degli Stati generali della green economy per l’Emilia-Romagna il 27 novembre 2015 che rappresenterà anche l’ avvio del nuovo Piano energetico regionale.
«La green economy – sottolinea Costi – rappresenta un’opportunità trasversale di crescita dell’economia regionale, un’occasione da cogliere e proprio in questa ottica stiamo lavorando per ottimizzare i finanziamenti europei in una visione di sviluppo eco sostenibile, ma competitivo. Per quanto riguarda in particolare la low carbon economy puntiamo a raggiungere e superare nel 2020 gli obiettivi della strategia europea assicurando piena partecipazione a cittadini ed imprese nella costruzione di una economia in grado di ridurre le emissioni di gas climalteranti, in grado di risparmiare energia e orientata all’utilizzo delle fonti rinnovabili».
La Regione Emilia-Romagna, in linea con gli obiettivi europei 20 20 20 (riduzione del 20% dei gas serra, 20% del fabbisogno energetico ricavato da fonti rinnovabili, aumento del 20% dell’efficienza energetica), prosegue nel suo impegno a sostenere lo sviluppo della gren economy e dell’economia circolare.
Alcuni modelli di green economy applicabili sul territorio verranno poi presentati nel ciclo di incontri presso lo stand della Regione Emilia-Romagna a Ecomondo (Padiglione D7 B7), tra essi la produzione di metano sintetico dai rifiuti solidi urbani (mercoledì 4 novembre dalle 14 alle 15) e lo sviluppo di un progetto di mobilità elettrica (4 novembre dalle 15.30 alle 17.30). Venerdì 6 novembre dalle 10.30 alle 13 verrà presentato Il nuovo Piano dell’aria dell’Emilia-Romagna.
A scegliere dove intervenire saranno i sindaci
Sulla low carbon economy, per una ricaduta più mirata sulle realtà locali degli interventi di efficientamento energetico sugli edifici pubblici, previsto un coinvolgimento diretto dei Comuni chiamati a indicare nel Paes (Piano di azione per l’energia sostenibile) gli edifici pubblici sui quali è prioritario l’intervento. Attualmente sono circa 300 i comuni su 340 in Emilia-Romagna che hanno aderito all’iniziativa Patto dei Sindaci e hanno preparato o stanno preparando il Paes. In una logica di risparmio dei costi della Pubblica amministrazione, il risparmio energetico degli edifici pubblici, ottenuto tramite i bandi regionali Por Fesr 2007-2020, ha raggiunto 40 mila tep/anno (Tep = tonnellate equivalenti petrolio).
Ferrara negli anni Sessanta è stata culla della frutticoltura italiana con i suoi 50mila ettari di frutteti. Mele Imperatore e Abbondanza e pere Passacrassana erano i prodotti più coltivati. E’ stato soprattutto lo slancio della produzione agricola a garantire al territorio la possibilità di emanciparsi ed evolvere. Il livello attuale di relativo benessere testimonia un passato importante, ma lo sviluppo a un certo punto si è arenato e si è vissuta una pesante fase di crisi e disinvestimenti.
Paolo Bruni, esperto del settore, presidente del Centro servizi ortofrutticoli di Ferrara e lui stesso produttore a Portomaggiore, riconduce le cause della depressione a tre ordini di fattori.
“Il primo è di contesto generale, relativo ai costi di produzione che nel nostro Paese sono più alti rispetto a molti competitori europei”. Questo ha generato per tutti indistintamente la difficoltà di reggere sul mercato dovendo fronteggiare una concorrenza in grado di praticare prezzi più convenienti per il consumatore.
“Il secondo problema deriva dalla difficoltà di fare aggregazioni garantendosi la giusta dimensione d’impresa. Per fare un esempio, mentre in Romagna per rispondere alla crisi i produttori si associavano o si consorziavano, a Ferrara è prevalso l’individualismo: non ci si aggregava per diffidenza, invidie, rivalità e la presunzione di avere capacità e competenze tali da poter fare da soli”. Così il motto ‘piccolo è bello’ a un certo punto si è ridotto a ‘piccolo e basta’: troppo piccolo per competere.
“E poi, terzo punto, la mancata integrazione fra i produttori ha determinato l’incapacità di internazionalizzarsi. Per uscire dalla crisi occorreva allargare gli orizzonti, aprirsi a nuovi mercati, ma in assenza di un consolidamento delle imprese è risultato impossibile effettuare gli imprescindibili investimenti in uomini, mezzi e ricerca”. Un peccato irrimediabile questo per un settore in fortissimo esubero produttivo. “Nell’ortofrutta l’Italia assorbe solo 9 dei 26 milioni di prodotti delle proprie aziende. L’export è quindi essenziale. A Ferrara in particolare, perché il territorio di riferimento assorbe in proporzione ancora meno rispetto alla media nazionale”.
Da qualche tempo però le cose stanno cambiando. E non è solo il segmento ortofrutticolo in fermento, è tutto il comparto agricolo provinciale che manda chiari segnali. “L’agroalimentare ferrarese si sta risvegliando – annuncia Bruni, uno che ha i radar al posto delle orecchie -. Si investe nelle filiere: quella del riso, dopo il colpevole abbandono del Delta del Po, è stata rilanciata anche grazie agli investimenti di Grandi Riso, con considerevoli estensioni produttive e strutture per il confezionamento del prodotto. Quello del Delta è un prodotto di qualità, al punto di essere esportato persino in Asia, dove il riso certo non manca, per il suo particolare pregio: il Carnaroli è l’eccellenza, ma non c’è solo quello. Poi, allargando l’orizzonte, vediamo che da qualche anno Bio Argenta è diventato produttore di livello europeo e il suo cuscus viene acquistato persino per le sagre siciliane”. Come se da Trapani ci vendessero la salama da sugo, insomma! Un fatto che ha destato clamore e ha accesso polemiche sui giornali isolani. Ma questo va a tutto merito dell’intraprendente azienda ferrarese. “E poi – aggiunge il Cavaliere della frutta – non dimentichiamo Conserve Italia: a Pomposa produce e lavora pomodori, piselli, fagiolini, pere, pesche e occupa oltre un migliaio di addetti. Il limite attuale è che Ferrara resta prevalentemente produttrice, ma non trasforma il prodotto. Va completato il ciclo e vanno realizzate le filiere per portare i prodotti dalla terra alla tavola”.
Anche perché la ricchezza si genera principalmente nella trasformazione del prodotto. “E’ proprio così – conferma Bruni -. ma i segnali positivi e incoraggianti ci sono: il rilancio di Sbtf, per esempio”. La Società bonifiche terreni ferraresi, fondata a Londra a fine Ottocento, con sede a Roma da decenni, è recentemente passata dalla Banca d’Italia che ne era proprietaria a un gruppo imprenditoriale che ha l’ambizione di farne un primattore di livello europeo soprattutto nel settore dei cereali e delle colture industriali. La prima mossa è stata trasferire la società a Jolanda di Savoia, proprio nel cuore di quelle aree ferraresi sottratte al dominio delle acque”.
E poi, sottolinea il presidentissimo, c’è l’imprenditore delle carni Cremonini che è tornato a investire nelle stalle e nell’allevamento, ci sono i progetti sulle erbe officinali della farmaceutica Dompé, c’è fermento nel settore ortofrutticolo. “La mia fiducia nel futuro del comparto agroalimentare, di cui Ferrara con Mantova, Brescia e Verona è un fiore all’occhiello, nasce da un’evidenza: il mondo avrà sempre più bisogno di cibo. Secondo la Fao il fabbisogno di derrate alimentari aumenterà del 70 per cento entro il 2050”.
“La popolazione in crescita costante – scrive in proposito l’organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura – richiederà l’aumento della produzione mondiale alimentare”. Il che si traduce in “un miliardo di tonnellate di cereali e 200 milioni di tonnellate di prodotti d’allevamento da produrre in più ogni anno”.
L’Italia, data l’eccellenza del suo prodotto, “può soddisfare i mercati di nicchia, quelli appannaggio dei consumatori agiati. Si tratta di compratori di per sé già attratti dal nostro Paese perché apprezzano le caratteristiche organolettiche delle nostre produzioni e per la suggestione che l’Italia esercita a livello di immaginario collettivo. Tutto questo, unitamente al risveglio dell’interesse da parte dei giovani nei confronti delle professioni legate all’agricoltura, all’agroalimentare e più in generale dell’universo dell’alimentazione (oggi fare il cuoco per esempio è chic), certificato anche dall’aumento delle iscrizioni nelle scuole specializzate, genera fondate attese e fiducia nel rilancio del comparto”.
La figura di El Greco appare capitale nella storia dell’arte europea, un riferimento imprescindibile per chiunque voglia cogliere una delle voci più alte della pittura universale. Eppure nulla è nato da lui, non una scuola, non uno stile: le sue folgoranti intuizioni visive nascono e muoiono con lui.
Nemmeno si può dire però che fosse ignorato o misconosciuto in vita, a Roma e a Toledo. Lavorò per committenze importanti, dovette addirittura organizzare una bottega per tener dietro alle commissioni e seppe orgogliosamente difendere il proprio lavoro dalle esigenze iconografiche o esecutive che non condivideva.
Colto, al corrente delle novità letterarie e figurative del suo tempo, gentiluomo nell’arte e nella quotidianità, era tuttavia del tutto consapevole di percorrere una strada solitaria e impervia dove tutte le esperienze precedenti – Bisanzio, Venezia, Roma – si sarebbero fuse in un gran fuoco spirituale, in visioni enigmatiche e conturbanti. Soltanto la religiosità accanita e assoluta dell’ambiente di Toledo avrebbe potuto penetrare in questo mondo incandescente di figure e di colori. Così, quella che potrebbe apparire una situazione di marginalità, di periferia culturale e geografica, per Greco si rivelò invece la circostanza esatta del suo destino.
Domenikos Theotokopoulos, detto El Greco, fu celebrato con grandi mostre a Toledo, a Madrid e in Grecia nel 2014 in occasione dei 400 anni dalla morte del pittore.
Lionello Puppi
Era nato nel 1541 a Candia, capitale di Creta, a quel tempo possesso della Repubblica di Venezia. Ci vuole coraggio e intelligenza critica per riprendere il tema, rilanciandolo sui quasi dieci anni che da giovane trascorse in Italia, dal 1567 al 1576, affinando la formazione e attingendo al grande atelier che era il nostro paese. Questo l’intento della mostra “El Greco in Italia. Metamorfosi di un genio”, fino al 10 aprile 2016 presso la Casa dei Carraresi di Treviso. Il curatore Lionello Puppi, tra i massimi studiosi della civiltà veneta tra Quattrocento e Settecento, in mostra focalizza la rilevanza della stagione italiana e in un denso saggio in catalogo (ed. Skira) mostra i fili che legano il pittore a Tiziano, Tintotetto, Veronese, Jacopo Bassano e Parmigianino, disponendo a diretto contatto le loro opere con quelle di El Greco.
Creta era la terra originaria del suo corpo e della sua anima. L’eredità di Bisanzio viveva ancora come colore, come tradizione, come certezza che nulla poteva davvero cambiare nel destino spirituale della creatura umana. L’oro delle icone per Domenikos Theotokopoulos non era mera sopravvivenza di un tempo perduto, di una lingua morta. Era l’oro dello Spirito e dell’illuminazione.
La mostra si apre con la tavola di “San Demetrio” (1555-1556), un capo d’opera dove le radici bizantine dell’imperturbabile icona sono ben evidenti e stanno a indicare il termine eikon, che si fonda, come da tradizione, sulla stessa natura icona del Divino, ancor più rilevante nell’Altarolo dell’Estense di Modena per un “Miles Christi” (1567-1568).
Il polittico di Modena, di cui l’avvincente “Annunciazione” fa parte, è una delle prime opere del giovane pittore greco: rivela la personalità del pittore già in piena formazione verso un suo personalissimo modo di vedere e di dipingere figure e paesaggio, pur negli accenti manieristici e nella tradizione del ‘tocco’ tizianesco.
Nella “Annunciazione” il senso del racconto è invertito rispetto all’iconografia tradizionale: l’angelo proviene da destra e la Vergine riceve l’annuncio vicino al leggio, a sinistra, secondo un ritmo circolare. Sullo sfondo si apre il rettangolo luminoso di una porta, mentre nella lunetta superiore, tra accordi cromatici delle nuvole, si affacciano gli angeli a osservare l’avvenimento.
La scena è incentrata attorno alla colomba, simbolo dello Spirito Santo, che con i suoi raggi sembra illuminare la figura della Vergine e dell’angelo.
I colori delle figure dei protagonisti risplendono, come tessere di un mosaico, con i loro toni caldi, sullo sfondo blu della parete di fondo e azzurro-grigio della parete di fianco, e sul disegno bianco, ocra e azzurro del pavimento: una serie di accostamenti che vedono il gioco armonioso del giallo, del rosa e del rosso nella figura della Vergine, accanto all’ocra caldo del tavolo, e dall’arancio della veste dell’angelo, accanto al blu metallico delle ali.
L’opera è realizzata attraverso una serie di pennellate nervose, i segni di una scrittura quasi stenografica, che sembrano agitare le pieghe del velo e dell’abito della Madonna e la veste dell’angelo, sospeso nell’aria, su una nuvola trasparente.
Nella parte centrale del retro del Polittico di Modena El Greco dipinge la scena di Cristo che incorona un santo. Il gruppo principale della composizione è in alto, circondato da angeli che reggono i simboli della Passione; mentre in basso è raffigurato il Giudizio Universale con un mostro marino che simboleggia l’inferno, che inghiotte i dannati (secondo un’iconografia tipica dei pittori del monte Athos).
El Greco, Altarolo, Galleria Estense di Modena
El Greco, Altarolo (retro), Galleria Estense di Modena
Nel Polittico di Ferrara (databile 1568-1569, Fondazione Cassa di Risparmio, in deposito presso la Pinacoteca Nazionale) sono raffigurate “Crocefissione”, “Cristo davanti a Pilato”, “Orazione nell’orto”, “Lavanda dei piedi”. Anche in quest’opera El Greco ha ancora il segno cromatico delle origini, ma ben più aderente all’influenza della civiltà lagunare. Basta questo polittico per comprendere la rilevanza che ebbe per il pittore l’incontro con Tiziano, Tintoretto e Jacopo Bassano.
Verso Tiziano si sentiva discepolo per ammirazione e nella devota comprensione, perché nessun artista a Venezia poteva prescindere dal grande vecchio e sublime maestro. Ma forse, più di Tiziano, affine al Greco era Tintoretto, che nella sfolgorante tessitura del colore veneto aveva infiltrato il disagio michelangiolesco, le sue frenesie costruttive, i suoi dubbi d’arte e di vita. Infatti quando fu a Roma guardò a Michelangelo più che a chiunque altro. Perché al di là delle differenze, al di là delle ‘maniere’, in Michelangelo El Greco riconobbe un’anima simile alla sua.
La mostra e il percorso costruiti sapientemente da Lionello Puppi con le opere di Venezia e di Roma o immediatamente successive, dimostrano l’impronta gagliarda della lezione italiana, di immersioni nella più splendida civiltà dell’immagine che mondo abbia conosciuto. Il colore vivido, squillante, le forme robuste, statuarie a volte, lo spazio misurato della prospettiva rinascimentale, oppure consapevolmente violentato dall’energia manieristica. Nessun pittore di cultura bizantina, in Occidente o in Oriente, seppe mai assimilare e riprodurre come il giovane Greco i grandi esempi dell’arte europea, ovvero italiana del Cinquecento.
È la fede, la visionarietà del cristiano d’Oriente, che nella storia del mondo, nella sua storia personale, altro non vede che il riflesso della Vera Storia, che si numera in Eoni, in ere divine, nella quale alla fine tutto ritorna al Principio.
La scoperta di El Greco fu molto tarda e un posto eminente ebbero Delacroix e Manet: la mostra si chiude con una sezione che esalta la rinnovata presenza di El Greco nel XX secolo e l’incredibile influenza che ebbe su Picasso e Bacon. Il pittore malagueño era rimasto folgorato dalla Sepoltura del Conte di Orgaz e si vede il maestoso cartone (1957) tratto da “Les Demoiselles d’Avignon”, nato dalla collaborazione con Nelson Rockfeller, parte di 19 arazzi omaggio al maestro. Per Bacon il tema d’ispirazione si rinviene in due Crocifissioni, dove la distorsione delle figure, la loro drammaticità, i colori sono eredi di El Greco.
Il Greco di Toledo, al momento della morte, è da tempo altrove, poiché, come avrebbe scritto Fray Hortensio Paravicino, “Aveva raggiunto l’eternità oltre la morte”.
“Non canto per cantare” è il nuovo album dei Cranchi, scritto e prodotto da Massimiliano Cranchi e da Marco Degli Esposti. Il titolo del disco è una dichiarazione precisa, si riferisce a “Manifiesto” di Victor Jara, il cantautore cileno assassinato durante il golpe in Cile: “Il canto ha senso quando scorre nelle vene di chi morirà cantando le verità autentiche”.
I Cranchi rincorrono sogni di uguaglianza, libertà, amore e fede, per mezzo di dieci canzoni dal sapore ‘cantautoriale’, con la passione di chi crede nelle proprie idee senza rinunciare alla poesia e alla ricerca di nuove sonorità.
La copertina di Non canto per cantare
L’album si apre con “Cantico”, una ballata acustica tra fiori rossi e pensieri che rimano l’uno l’altro, sino a volgere lo sguardo verso vuoti siderali. Un vento leggero percorre le armonie del brano che cita Dylan e cerca Dio per ritrovarsi e comprendere il senso dell’uomo.
“Mariposa” si ispira liberamente a “El Arado” (L’aratro) di Victor Jara, in cui la fatica del contadino non conosce tregua, scandita dal volo delle farfalle, dal canto dei grilli e dai solchi scavati nella terra. Le parole di Jara s’intrecciano con quelle dei Cranchi, sino a fondersi in un unico brano.
Il banjo suonato da Marco Degli Esposti, voce leader del gruppo, introduce “11 Settembre ’73”, la canzone sul colpo di stato in Cile: “C’era il latte e la scuola per i figli, terre incolte distribuite ai campesinos, nel ’70 tutti andarono a votare per il sogno di riprendersi un paese…”.
Marco Degli Esposti e Massimo Cranchi
“Eroe Borghese” ricorda Giorgio Ambrosoli, con la sua ritmica rock e la voglia di raccontare l’Italia degli anni Ottanta, per certi versi non tanto dissimile da quella odierna.
“Mio padre e mia madre” s’ispira a “Il Vangelo secondo Cristo” del Nobel per la letteratura Josè Saramago, con il suo Gesù ironico e umano, senza mai essere blasfemo. L’opera di Saramago, sacrifica un po’ la storia a favore di licenze poetiche e narrative, prediligendo il mito del figlio di Dio.
“Dove sei e dove vai” è ambientata a Ferrara, in Via Carlo Mayr, luogo di un amore vissuto tanti anni prima. Il tempo, che passa sempre più in fretta, ha cambiato tutto tranne la speranza di un nuovo incontro.
“Giulia è una ragazza strana che si distingue dalle masse, veste rosse sciarpe al collo e poi ti fissa, con i suoi occhi color diamante…”, nei testi dei Cranchi le parole identificano chiaramente il loro pensiero, così come gli autori di riferimento e i temi proposti. “Giulia” parla ancora di Gesù e della sua rivoluzione, della solitudine e dell’essere figlio di operaio.
I Cranchi. Al centro il violinista ferrarese Alessandro Gelli
“Non canto per cantare” è il terzo album dei Cranchi, gruppo che proviene da quei luoghi della Pianura Padana, tra cui anche Ferrara, dove s’incrociano Lombardia, Emilia-Romagna e Veneto, lungo le rive del fiume Po. Si tratta di un lavoro che ci riporta indietro nel tempo, dove non si canta per far ballare, ma con la voglia di seguire un sogno. L’ascolto è piacevole grazie alla leggerezza della musica, contrapposta a parole intrise di indignazione, utopia e coraggio.
A noi che non siamo abituati e siamo immersi in ben altre preoccupazioni, potrà sembrare per lo meno strano che ministri, sindaci, assessori, responsabili dell’istruzione a tutti i livelli, esperti di formazione, imprese e settori privati di tutto il mondo decidano di incontrarsi per discorrere di apprendimento, di istruzione, di educazione permanente.
È successo dal 28 al 30 settembre scorsi a Città del Messico, dove si è tenuta la seconda conferenza internazionale delle “Learning cities”, le città che apprendono. La prima aveva avuto luogo a Pechino nel 2013.
Oltre 650 i partecipanti, uomini e donne di tutte le età provenienti da tutte le aree geografiche che aderiscono all’Unesco. Si sono riuniti per condividere le loro esperienze, imparare dalle esperienze degli altri, stringere rapporti di cooperazione, creare sinergie per migliorare l’apprendimento permanente nelle comunità di tutto il mondo.
Riuniti in un momento non certo facile, anzi particolarmente critico per la difesa della pace mondiale e dei diritti umani. Però hanno aderito all’appuntamento spinti dall’urgenza di ribadire che l’istruzione, l’apprendimento permanente dei cittadini e delle città di tutto il mondo hanno un ruolo cruciale da svolgere nella realizzazione di uno sviluppo sociale, economico e ambientale sostenibile.
Perché oggi le città ospitano più della metà della popolazione mondiale, vivono dinamiche interculturali, hanno strutture e servizi per coinvolgere i cittadini, sono in una posizione forte per promuovere l’apprendimento permanente come mezzo per affrontare le sfide dello sviluppo.
Una città che apprende è una città che mobilita in modo efficace le proprie risorse in tutti i settori, che promuove l’apprendimento inclusivo dall’istruzione di base ai più alti livelli, promuove la rivitalizzazione dell’apprendimento in famiglie e comunità, facilita l’apprendimento nei luoghi di lavoro, estende l’uso delle moderne tecnologie di apprendimento, migliora la qualità e l’eccellenza dell’apprendimento, promuove una cultura dell’apprendimento per tutta la vita. Consente l’empowerment e la coesione sociale, la responsabilizzazione individuale, lo sviluppo economico, la prosperità culturale e lo sviluppo sostenibile nelle città.
La città che apprende, uscita dalla Conferenza Unesco 2015 di Città del Messico, è una città che investe sull’istruzione e l’apprendimento permanente in modo che crescano sempre più solidarietà e responsabilità sia individuale sia sociale. Una città in cui l’impegno civile delle persone aumenta in partecipazione e senso di responsabilità. Le strategie di apprendimento permanente promuovono la tutela dell’ambiente, motivano i cittadini a proteggere l’ambiente naturale, a combattere il cambiamento climatico, ad adottare modelli sostenibili di produzione e consumo.
Offre un’istruzione innovativa, diversificata e flessibile. Opportunità di apprendimento permanente che migliorano la conoscenza e la comprensione dei problemi di salute dei cittadini, in modo che ognuno abbia il controllo della propria salute e sia in grado di sviluppare atteggiamenti di cura e di sostegno verso gli altri. Inoltre garantisce che le condizioni strutturali e ambientali in atto contribuiscono positivamente alla salute e al benessere dei cittadini.
Assicura che i cittadini abbiano un accesso adeguato ai servizi di pubblica utilità e a tutte le informazioni, come presupposti per la partecipazione all’istruzione e alla formazione permanente.
Attiva tutti i cittadini affinché contribuiscano alla crescita economica sostenibile, inclusiva, fornisce loro opportunità di apprendimento continuo, promuove un uso efficace delle Ict e di altre moderne tecnologie di apprendimento, al fine di sviluppare le conoscenze, le competenze, i valori e gli atteggiamenti necessari ai cittadini per trovare un lavoro produttivo e soddisfacente e partecipare pienamente alla società.
Coinvolge nel progetto di città che apprende tutti i diversi settori: sanità, istruzione, arte e cultura, sport e tempo libero, trasporti, assistenza sociale, urbanistica, alloggio e turismo. Istituisce partenariati tra governo locale, settore privato e società civile.
Per i governi delle città che vogliano aderire alla rete mondiale delle ‘learning city’ dell’Unesco, la Conferenza di Città del Messico ha tracciato la road map da seguire.
È necessario dotarsi di un quadro normativo che supporti lo sviluppo della città come ‘città che apprende’, creare strutture coordinate in tutti i settori e allocare le risorse per rafforzare istruzione di qualità e apprendimento permanente accessibile a tutti.
Sono soprattutto i giovani che devono essere coinvolti, perché sono loro gli attori veri nella costruzione della città che apprende e che guarda al futuro, portatori di un progetto di apprendimento nuovo che ha bisogno delle istituzioni educative, dalle scuole alle università, ma per andare oltre. E poi il settore privato, affinché dia priorità alla formazione permanente come parte della sua responsabilità nella formazione aziendale, le organizzazioni della società civile, perché contribuiscano alla fornitura di un’istruzione di qualità e di opportunità di formazione e di apprendimento permanente per tutti, perché questi sono i preziosi beni immateriali di cui la società tutta oggi necessita.
Per questo tutti i cittadini sono sollecitati a diventare studenti attivi, per contribuire al processo di apprendimento e per svolgere un ruolo da protagonisti nel trasformare le loro comunità in ambienti di apprendimento che consentono l’accesso libero e aperto al materiale digitale, come a quello stampato, così come l’accesso alla cultura e alle arti.
La freschezza di un fiore, la fiamma di una candela e pagine di vita per commemorare i caduti delle guerre…
Mercoledì 4 novembre alle 16.30 a Palazzo Roverella (corso Giovecca, 47) avrà luogo la presentazione in anteprima nazionale del nuovo libro dell’Associazione De Humanitate Sanctae Annae dal titolo “Il silenzio e la cura. Vite di medici e cittadini ferraresi nelle Grandi Guerre del Novecento“.
Pagine preziose che narrano di Ferrara, dei nostri nonni, dei nostri padri e della costruzione di una nazione, l’Italia, con la sua fragilità e con le sue ambizioni: un cantiere immenso e ribollente, in cui accorrono a lavorare medici e crocerossine, ingegneri e soldati, muratori e carpentieri, aviatori e marinai, contadini divenuti scalatori e ufficiali, prigionieri e carcerieri, politici e profeti, operaie e maestre d’infanzia, sacerdoti e peccatori, poeti e sentinelle insonni, nobildonne e madri in dolente attesa, artisti e inventori geniali. Storie sepolte, personaggi affascinanti dalla “città pentagona”: da Audrey Collett Delfini che a Sabbioncello San Vittore salvò intere famiglie dai rastrellamenti della Wehrmacht, all’avvocato Ivo Pesaro caduto in battaglia da eroe il 27 maggio 1917; dal nostro concittadino Antonio Sturla, cinereporter di guerra, a Guido Aronne Mendes, un ebreo in grigioverde; dalla lotta alla tubercolosi del dottor Armando Ciaccia tra le due guerre, fino ai toccanti ricordi del dottor Carlo Alberto Alvisi (tra cui un’inedita testimonianza sulla “lunga notte del ‘43”).
La presentazione de Il silenzio e la cura verrà accompagnata dalle musiche d’organo di J. S. Bach (a cura del Maestro Luigi Locatelli) e dai canti più noti composti dai soldati italiani in guerra (a cura dell’Accademia Corale Vittore Veneziani, diretta dal Maestro Maria Elena Mazzella).
L’opera di valore e complessità eccezionali, è l’unica pubblicazione ferrarese rientrante nel programma ufficiale delle commemorazioni del Centenario della prima Guerra mondiale a cura della Presidenza del consiglio dei ministri: 440 pagine, 36 autori, 43 contributi, 64 immagini rare o inedite, 19 patrocinatori tra i quali il Comune di Ferrara, l’Università degli studi di Ferrara e il Circolo dei negozianti-Roverella.
Oggi è il 3 novembre e grazie a dio finalmente si esce da questa 3 giorni di caotiche feste più o meno importanti e/o importate.
Lungi da me entrare nella questione Halloween/Santi/Morti però.
Non me ne frega niente perchè da un po’ di tempo ci sono di nuovo sotto con la mia ossessione per i presidenti americani.
Lo so che sembra una cosa apparentemente priva di senso ma queste vere e proprie pin-up mi scatenano sempre una gran ronza di domande in testa.
In primis: chi succederà a Baracca in veste di capo del mondo?
Io ho un’ipotesi.
Ed è un’ipotesi che abbiamo in tanti, penso.
Album: Loser/Cooking with Gas (7″ vinile) Salt Lick/God’s Balls di TAD del 1990
Così, deciso e determinato a toccarlo, sono giù andato fino al fondo.
E sono tornato su solo dopo aver scoperto che 13 anni fa, proprio oggi, fu eletto il capo del mondo che mi scortò dall’infanzia all’adolescenza: quel ceffo di Bill Clinton.
Non giudicherò Bill (secondo nome Cefferson, vedi un po’ te come torna tutto) Clinton.
Non è roba per me quindi mi limiterò a buttare sul bilancino un po’ di cose.
1) dopo essere stato il primo baby boomer e il primo “nero” (Toni Morrison dixit) potrebbe essere il primo “First Gentleman” alla Casa Bianca.
2) dopo una vita di devozione al cibo pattume adesso è vegano.
3) visto che ho detto bilancino ne approfitto per ricordare quella volta in cui disse di aver fumato “ma-senza-aspirare”.
4) è da quand’è morto Steve Mackay che mi riguardo ossessivamente quel video in cui c’è lui che suona il sax ma sotto si sente Fun House degli Stooges in tutto il suo rosso furore. SUPER.
5) è il presidente che invitò alla Casa Bianca i Pearl Jam e i Mudhoney ma ovviamente i Mudhoney furono costretti a rimanere fuori e il povero Matt Lukin per paura di farsi sgamare inghiottì il cannone che aveva nel taschino. Alla fine per niente perchè tanto l’han lasciato in giardino con gli altri.
E così, conscio di essere sempre stato una “persona Mudhoney” e non una “persona Pearl Jam”, insomma, niente.
Per forza di cose mi viene da riflettere un po’ su me stesso.
Ma anche su questo fantomatico ritorno degli anni ’90 di cui si parla da un po’.
E niente pare la famiglia Clinton sia inclusa nella scatola, non solo nella mia testa.
Quindi che fare?
Restare sopra le parti, direi.
Ricordando però che “Bubba”, come lo chiamano al Sud, fu la causa più o meno diretta del licenziamento di una persona giudicata “troppo grassa e brutta” per passare su MTV.
Il tutto anche a causa di una sacrosanta trollata su quella ridicola affermazione di Clinton in tema di droghe leggere.
In questi casi a noi “persone Mudhoney” viene naturale schierarci con i perdenti.
E allora oggi, dopo tutte ‘ste feste, si festeggia ogni vittima di ogni dress code con un pezzo che diventò un manifesto.
Ogni giorno un brano intonato alla cronaca selezionato e commentato dalla redazione di Radio Strike.
https://youtu.be/SsD0I-C-mz8
Selezione e commento di AndreaPavanello, ex DoAs TheBirds, musicista, dj, pasticcione, capo della Seitan! Records e autore di “Carta Bianca” in onda su Radio Strike a orari reperibili in giorni reperibili SOLO consultando il calendario patafisico. xoxo <3
Radio Strike è un progetto per una radio web libera, aperta ed autogestita che dia voce a chi ne ha meno. La web radio, nel nostro mondo sempre più mediatizzato, diventa uno strumento di grande potenza espressiva, raggiungendo immediatamente chiunque abbia una connessione internet.
Un ulteriore punto di forza, forse meno evidente ma non meno importante, è la capacità di far convergere e partecipare ad un progetto le eterogenee singolarità che compongono il tessuto cittadino di Ferrara: lavoratori e precari, studenti universitari e medi, migranti, potranno trovare nella radio uno spazio vivo dove portare le proprie istanze e farsi contaminare da quelle degli altri. Non un contenitore da riempire, ma uno spazio sociale che prende vita a partire dalle energie che si autorganizzano attorno ad esso.