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Ferrara film corto festival

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Cosa significa (oggi, domani e domani l’altro) rubare? 

Rubare‘ significa “Appropriarsi, impadronirsi con mezzi e in modi illeciti, di oggetti, valori e beni che appartengono ad altri; indica di norma un’azione compiuta senza ricorrere alla violenza, ma usando la destrezza e l’astuzia, il sotterfugio e l’inganno, di modo che il proprietario o altri non se ne accorga subito; non ha preciso significato giuridico, ma può comprendere vari reati come il furto, la truffa e la frode, il peculato e la prevaricazione, l’abigeato” [Enciclopedia Treccani].

Mi chiedo se questa definizione sia ancora esaustiva in questa epoca postmoderna di digitalizzazione.

Sicuramente si può rubare un bene materiale. Vado al mercato e rubo le arance, dal macellaio la carne e dal fruttivendolo la frutta. Oppure rubo portafogli sulla metro affollata e catene d’oro al collo di signore ricche, oppure ancora organizzo truffe entrando nella casa di persone anziane, spacciandomi per un tecnico dell’A2A, stordendole e facendo in modo che mi consegnino i soldi che hanno.

È successo a una mia vicina di casa. Per fortuna che un passante ha capito che c’era qualcosa di strano e ha fatto scappare i ladri. La mia vicina di casa è morta con un brutto ricordo di quell’esperienza. Rubare i soldi è un conto, rubare la serenità di una persona un altro, più grave e duraturo. Quanto può valere la serenità di una persona? Tutti i soldi che uno ha, tantissimi o pochissimi che siano, e anche molto di più.

Purtroppo, però non esistono solo questi “furti” che appartengono alla brutta tradizione di questo paese pieno di contraddizioni, ma ne esistono di più sottili, cattivi e con potenziale devastante.

Uno riguarda la maldicenza. In contesti molto competitivi dove ci si confronta ogni giorno per accaparrarsi lavoro, e quindi denaro, la maldicenza impera. Diffondere notizie false sui competitor è un gioco da ragazzi all’ordine del giorno.

Ecco così che in epoca passata un bravo professionista (o gruppo di …) ha fatto pessimi lavori, non si sa bene né dove né come. Oppure ha voluto soldi senza consegnare il lavoro finito, oppure ha organizzato consessi “strani” per farsi pagare in maniera illecita …. e chi più ne ha più ne metta. Non credo di avere sufficiente fantasia per descrivere tutte le falsità inventabili e fatte circolare per “rovinare” qualcuno.

Mi vengono in mente Mia Martini, il presidente della repubblica Leone, Enzo Tortora … personaggi all’apice di questi processi distorti che creano informazioni false ma credibili e che distruggono le persone. Senza prove non si affermano verità cattive e nemmeno le si suggerisce.

Dall’altra parte non bisogna essere disposti a credere all’ultimo arrivato che ti racconta, con atteggiamento amichevole e cospirante, delle assolute falsità infanganti e che sicuramente danneggeranno qualcuno. Anche in questo caso si può usare il verbo “rubare”. Rubare la serenità, se non il futuro a una persona è un atto che ripugna, non è legittimo, puzza.

La creduloneria è un male di quest’epoca e, purtroppo, non è una cosa strana. Un ‘credulone’ è una persona che, per troppa ingenuità, è pronta a credere a tutto quanto un altro dice o vanta o promette (sempre Treccani). Esiste un surplus di informazioni circolanti che non permette di andare dritto alla fonte per capire cosa stia succedendo, transitano continuamente nella rete notizie senza che ci sia la possibilità di discriminare in maniera sicura la veridicità del contenuto.

Ovviamente non è tutto così e non è sempre così. Esistono ancora contesti positivi che anelano alla trasparenza, io ne conosco e non voglio che mi si consideri una pessimista cronica, ma credo che i veri latrocini non riguardino i beni materiali, i veri latrocini riguardano pezzi di vita degli altri, possibilità e risorse umane e professionali degli altri.

Alla base dei furti di vita c’è l’invidia, un’invidia con radici negli abissi, che è un male di questo mondo capitalista, consumista, arraffone e indifferente. Il peggio di noi si esprime nel togliere possibilità di vita agli altri in nome della necessaria salvaguardia di sé stessi, dei propri figli. Ho paura che se questi “figli” sapessero in che contesti vengono citati e con quali scopi prenderebbero a odiare i genitori e si scatenerebbe una guerra famigliare. Non citate i vostri figli a sproposito, lo diceva già la Bibbia.

Eppure, è così. Citare bambini legittima il peggio che si può esprimere in termini di ruberie. Non si ruba la vita agli altri in nome delle arance del mercato, del posto di lavoro, della propria realizzazione, ma in nome dei propri figli. Credo che questa sia una delle porte dell’inferno. Se la porta esiste ed è aperta ci si va dritti, altrimenti ci si va appena qualcuno la apre.

Anche i sistemi mafiosi usano questo tipo di legittimazione per i reati, questo modo subdolo che aiuta la mente e il cuore a piegarsi al danno e alla vendetta come armi salutari e irrimediabili. La seconda forma di legittimazione di questa perversione comportamentale è l’appartenenza al gruppo.

Chiunque abbia studiato i sistemi mafiosi sa che è così. Consiglio a chi non l’ha ancora fatto di mettersi a studiare. Provate, ad esempio, a leggere il libro di Michele Santoro che s’intitola Nient’altro che la verità. Questo argomentare potrebbe portare lontano, ma qui mi fermo, per ora.

Passando a ciò che vediamo tutti i giorni, mi vengono in mente tutte le ruberie del mondo digitale in cui viviamo.  Password, numeri di telefono, codici fiscali, numeri di carte di identità o carte di credito: tutti questi nostri dati, finiti nelle mani sbagliate, possono consentire a dei ladri/malfattori di compiere atti illeciti a nostro nome.

Il furto di identità digitale rappresenta una minaccia sempre più diffusa, in ragione del fatto che i servizi informatici sono sempre più estesi nella vita quotidiana e la maggior parte delle attività sono condotte online, tramite strumenti tecnologici come il pc, lo smartphone o il tablet: tutte le informazioni che un utente inserisce, ad esempio all’interno di forum online, social network o piattaforme di e-commerce, sono esposte al rischio di essere sottratte da parte di criminali informatici.

Secondo il Rapporto Censis-DeepCyber sulla sicurezza informatica in Italia, pubblicato in aprile 2022, nel 2021 sono stati rilevati nel web “4,5 miliardi di dati sottratti a individui tra e-mail, carte di credito, Carte di Identità e passaporti”.

Secondo i dati del Rapporto Censis 2022  al 64,6% dei cittadini (75,6% tra i giovani, 83,8% tra dirigenti) è capitato di essere bersaglio di email ingannevoli il cui intento era estorcere informazioni personali sensibili, presentandosi come provenienti dalla banca di riferimento o da aziende di cui la persona era cliente. Il 44,9% (53,3% tra i giovani, 56,2% tra gli occupati) ha avuto il proprio pc/laptop infettato da un virus.

L’insicurezza informatica viaggia anche tramite i pagamenti online: al 14,3% dei cittadini è capitato di avere la carta di credito o il bancomat clonato, al 17,2% di scoprire acquisti online fatti a suo nome e a suo carico. Il 13,8% ha subìto violazioni della privacy, con furti di dati personali da un device oppure con la condivisione non autorizzata di foto o video.

Al 10,7% è capitato di scoprire sui social account fake con il proprio nome, identità o foto, al 20,8% di ricevere richieste di denaro da persone conosciute sul web, al 17,1% di intrattenere relazioni online con persone propostesi con falsa identità.

Diffuso anche il cyberbullismo: il 28,2% degli studenti dichiara di aver ricevuto nel corso della propria carriera scolastica offese, prese in giro, aggressioni tramite social, WhatsApp o la condivisione non autorizzata di video. Che dire, una ruberia continua che, come minimo, causa uno stato di malessere e di insicurezza dannoso. Alcune di queste cose sono successe a tutti, quindi non è necessario descriverle oltre.

Mi viene in mente tutto questo ogni volta che parlo in un microfono. Con la digitalizzazione chiunque parli in un microfono sa che la sua voce può essere registrata, le parole tagliate e riassemblate fino a comporre frasi che dicono il contrario di quanto si è affermato, che si possono creare avatar che dicono assurdità con la nostra voce. Le parole riassemblate possono essere vendute, citate, usate per fini cattivi. La tecnologia permette tutto questo, il nostro senso etico.

E allora mi viene da fare una preghiera ai potenziali ladri della mia voce: per favore lasciatemi la mia voce! Non posso vivere senza di essa.

Per leggere gli altri aricoli di Catina Balotta su Periscopio clicca sul nome dell’autrice

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Catina Balotta

Sociologa e valutatrice indipendente. Si occupa di politiche di welfare con una particolare attenzione al tema delle Pari Opportunità. Ha lavorato per alcuni dei più importanti enti pubblici italiani.

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Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno. L’artista polesano Piermaria Romani si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE
di Piermaria Romani


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