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Una ragazza di 19 anni qualche giorno fa viene trovata morta in casa. Morta di arresto cardiaco causato dall’anoressia. Frequentava la quarta liceo e viene descritta come ragazza speciale. Un’altra ragazza di 23 anni il mese scorso si toglie la vita, impiccandosi in casa: era affetta da disturbi alimentari da più di dieci anni. Lavorava come ragazza immagine.
Queste le ultime tragiche notizie di ragazze morte per disturbi alimentari, disturbi che dilagano nella nostra società incarnando il discorso prevalente di questo tempo: il godimento senza limite e il consumo degli oggetti. Corpi consumati, controllati, massacrati da diete ferree in nome di un’immagine che prende il sopravvento sul resto.
Dall’altra parte, la Fiera dell’estetica, che si è conclusa in questi giorni a Bologna: il Cosmoprof, che esalta modelli femminili di magrezza eccessiva usati per attirare i clienti dei nuovi mercati. Come ho potuto constatare dal vivo il Cosmoprof vanta 2.500 espositori da tutto il mondo e 200 mila visitatori ogni anno. È il regno degli smalti, dei capelli e delle creme e ha sempre più un’anima “bio”, a segnalare una naturalezza in realtà artefatta.
Viviamo in una società che cura disturbi che contribuisce a produrre. Campagne di prevenzione sui disturbi alimentari da un lato ed esaltazione della bellezza, della pura forma dall’altro.
In Fiera in primo piano la mania per le sopracciglia curate all’estremo e molto folte (questa l’ultima moda), creme per il corpo dai profumi e sapori di cibi, saponi dalle forme di pasticcini e torte, unghie di tutte le forme e colori, che diventano veri e propri quadri. Il modo più nuovo e veloce per mettersi lo smalto è premere direttamente il tappo sull’unghia. Non c’è bisogno di svitare, né serve intingere il pennello: tappo e contenitore sono entrambi riempiti di smalto. Tra qualche tempo potremmo incontrare persone che, al semaforo, oltre a parlare al cellulare o a truccarsi, si danno anche lo smalto.
Anche le creme e gli shampoo diventano “biologici”. La parola d’ordine è “naturale”, termine di riferimento che ha già modificato il packaging e la pubblicità dei prodotti alimentari. Solo pochi anni fa le aziende bio rappresentavano una nicchia, ora il termine “green” ricorre spesso e consente di aumentare i prezzi in cambio della promessa di autenticità e rispetto per la natura. All’interno della Fiera un intero padiglione era dedicato al green, il tutto completamente allestito con materiali di riciclo, banconi, sedie, tavolini e intere scaffalature di cartone.
Presentati anche gli smalti da uomo, ad indicare che è sempre più sfumata la differenza di genere: da indagini risulta che i maggior consumatori siano eterosessuali che di giorno sono uomini d’affari e la sera si trasformano per frequentare occasioni speciali.
Nelle immagini tra i padiglioni segni e simboli della cultura di questo tempo: madri e figlie che usano le stesse creme, quasi a voler appiattire anche la differenza generazionale e di età, con ripercussioni sul ruolo delle stesse. La cifra generale è una tendenza ad una uniformità stereotipata che non lascia spazio alle differenze e ai tempi della vita.
Mentre nella cura dei disturbi alimentari si aiuta la persona a compiere un cammino dall’omogenizzazione del sintomo alla scoperta della propria particolarità soggettiva che riguarda la sostanza di ogni persona, nella cura estetica si tende alla stereotipia e alla omologazione delle forme verso un’ideale di bellezza difficilmente raggiungibile, anche se presentato come alla portata di tutti.

Chiara Baratelli è psicoanalista e psicoterapeuta, specializzata nella cura dei disturbi alimentari e in sessuologia clinica. Si occupa di problematiche legate all’adolescenza, dei disturbi dell’identità di genere, del rapporto genitori-figli e di difficoltà relazionali.
baratellichiara@gmail.com

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Chiara Baratelli

È psicoanalista e psicoterapeuta, specializzata nella cura dei disturbi alimentari e in sessuologia clinica. Si occupa di problematiche legate all’adolescenza, dei disturbi dell’identità di genere, del rapporto genitori-figli e di difficoltà relazionali.

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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