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Cinquantasette sonetti scomparsi
Attilio Vecchiatto, Gianni Celati e i “Sonetti del Badalucco nell’Italia odierna”

Cinquantasette sonetti scomparsi. Attilio Vecchiatto, Gianni Celati e i “Sonetti del Badalucco nell’Italia odierna”

Nel famoso romanzo di Bulgakov, Il maestro e Margherita, una delle frasi più emblematiche è la seguente: «I manoscritti non bruciano». Questa frase è diventata un simbolo di resistenza contro la censura e la repressione.

E dunque vorrei iniziare questo pezzo con una frase simile, «I sonetti non smettono di suonare» per dire che quando un sonetto è ben fatto, seppure scomparso materialmente, si fa sentire lo stesso.

Se poi, come nel caso che sto per raccontare, i sonetti sono 57 e sono stati nascosti o dimenticati, per tanto tempo, in una locanda di Sandon dal Fosso, è chiaro che non potevano restare… inascoltati a lungo.

Nel novembre del1993 un vecchio attore veneto di nome Attilio Vecchiatto, ritornato da una lunga tournée, muore nella suddetta locanda terminando così la sua “rappresentazione” terrena. Era nato nel 1910 e dall’aspetto poteva somigliare a un Charles Marlow invecchiato, o a un Maqroll macilento o, meglio ancora, a un Corto Maltese senza più fiato.

Vecchiatto ha girato il mondo con la moglie Carlotta, ha conosciuto molte persone celebri: Bertolt Brecht, Laurence Olivier, Jeanne Moreau… Ha vissuto e messo in scena opere teatrali in America Latina, a New York, a Parigi. Giunto in Italia nel 1988, non ha mai avuto successo.

Si ricorda una sua unica celebre recita nel Teatro di Rio Saliceto, vicino a Reggio Emilia e si deve a Gianni Celati la “cronaca” di quell’ultimo spettacolo (Recita dell’attore Vecchiatto nel Teatro di Rio Saliceto, Feltrinelli, 1996). Così come si deve, sempre a Gianni Celati, la ricostruzione del ritrovamento dei 57 sonetti di Vecchiatto nella vecchia locanda.

Nel suo libro Sonetti del Badalucco nell’Italia odierna (Feltrinelli, 2010), Celati immagina Vecchiatto che, dopo tanto girovagare per il mondo, torna nel suo paese. La sua Italia che dovette abbandonare nell’epoca fascista  gli appare come un ricovero di impudenti, «marcio per mancanza di vergogna», un luogo dove l’opulenza seduce e «nasconde il niente», insomma una fogna abbindolata dai furbi. E scrive i suoi sonetti.

Fin dal primo sonetto spunta fuori il «Badalucco infame». Chi è questo personaggio?

Vecchiatto disse chiaramente che non si trattava di Berlusconi, come molti avevano pensato, ma dell’adulto italiano che conosciamo tutti: il furbone che vuol sempre passare davanti agli altri, guadagnare soldi imbrogliando la gente, senza pagare le tasse. Questi sonetti erano stati concepiti per smontare la religione del denaro che dominava ogni altro pensiero, e avevano un obiettivo: “defurbizzare l’Italia“.

Ancora oggi molti credono che Vecchiatto sia un parto della fantasia di Celati. Ma esistono molte persone che l’hanno conosciuto. Ad esempio, nel 1989 Federico Fellini lo voleva come attore nel film Le voci della luna, tratto da un romanzo di Ermanno Cavazzoni. Lo stesso Cavazzoni ne parlò a Celati raccontando che Fellini e Vecchiatto si intendevano molto  bene, ma un giorno Vecchiatto fuggì dal set e non si fece più vedere.

Nel libro di Celati inoltre sono riportate le testimonianze di Enrico De Vivo (ex professore di scuola media) che ha ospitato Attilio e Carlotta, nella sua casa di Angri (SA) fin dal momento in cui bussarono al portone del suo cortile per chiedere qualcosa da mangiare e lo ripagarono con un opuscolo dattiloscritto dal titolo: Sonetti del Badalucco nell’Italia odierna.

In bella mostra di sé, l’esergo d’apertura dell’opuscolo riportava le seguenti parole di Giordano Bruno: Umbrarum fluctu terras mergente (Una ondata di ombre avvolge le terre…), che Vecchiatto aveva scelto per spiegare  l’idea del filosofo nolano di “…una oscurità in cui gli uomini vivono, come un grande mare di ombre che sommergono tutti i continenti piombando le menti degli uomini in una cecità molto difficile da superare…”

Era questo il tema di due tra i suoi 57 sonetti , la prima e la seconda Lezione di tenebre.

I 57 sonetti scritti da Vecchiatto sono stati sempre conservati dalla moglie, la quale ricordava  l’esistenza di un grosso quaderno dove il marito continuava instancabilmente a riscrivere, trascrivere e limare questi sonetti perché non… smettessero mai di squillare.

Di quel quaderno si era persa ogni traccia fin quando Enrico De Vivo si mise a cercarlo e riuscì a ritrovarlo nella vecchia locanda di Sandon dal Fosso a una ventina di chilometri da Venezia , dove Vecchiatto si era spento silenziosamente nel novembre del 1993. L’oste della locanda aveva conservato quel quaderno in un cassetto e lo aveva messo da parte in attesa che qualcuno ne rivendicasse la proprietà.

Ecco la prima lezione e la seconda Lezione di tenebre tratte dal quaderno contenente i sonetti di Badalucco: se li sentite suonare ascoltate anche gli altri 55. Ne vale la pena.

Prima lezione di tenebre

Solo di tenebre posso dar lezione,
la chiarezza la lascio a chi è più matto;
non l’ebbi da mio padre in dotazione,
che assai poco mi lasciò di fatto.

Il padre affetto da un male al polmone,
cosa lasciò in eredità a Vecchiatto?
La pioggia che lo bagna e decompone,
il freddo che lo gela e rende sfatto,

le ceneri d’una vaga ambizione
di trovare chissà dove un riscatto
dalla mortale umana condizione,
mentre egli è nella greve gora attratto.

Ma gli lasciò poi anche la tendenza
a viver come tutti d’incoscienza.

Seconda lezione di tenebre

Di tenebre si tace e chi ne parla
è dal consorzio civile isolato,
perché ogni tizio un po’ civilizzato
deve sempre mostrar con la sua ciarla

che sa dov’è la luce. E trascinato
dai discorsi degli altri ( che poi a farla,
la luce, ci pensan poco) può darla
come un dato di fatto assicurato.

Dopo di che ogni furbo che straparla,
con nuovi lumi oscuri come il fato,
succhierà soldi al tizio costernato
dal timore del buio che lo tarla.

Vecchiatto non vuol certo aver ragione,
ma rende omaggio al nostro tenebrone.

Cover: immagine tratta da https://pixabay.com/it/images/search/free%20image/

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Giuseppe Ferrara

Giuseppe Ferrara – Nato a Napoli. Cresciuto a Potenza fino alla maturità Classica presso il Liceo-Ginnasio Q.O. Flacco. Laureato in Fisica all’Università di Salerno. Dal 1990 vive e lavora a Ferrara, dove collabora a CDS Cultura . Autore di cinque raccolte poetiche; è presente in diverse antologie. In rete è possibile trovare e leggere alcune sue poesie e commenti su altri poeti e autori. Tiene un blog “Il Post delle fragole”: https://thestrawberrypost.blogspot.com/

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