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Per l’editoria e la cultura a/da Ferrara (con ampiezza almeno qualitativa nazionale) è in particolare primo piano nel 2018, Pluriversum, fondata nel 2017 dallo scrittore e filosofo Antonio Di Bartolomeo (e altri) Ora due parole con Di Bartolomeo stesso, un approfondimento “verticale” per un percorso già di valenze robuste e molto interessanti per “addetti ai lavori” e la città: una visione editoriale, quella di Pluriversum, in perfetto equilibrio, tra contemporaneo letterario e nuovi talenti da tutta Italia; filosofia e filosofia pragmatica anche molto divulgativa per la speciale parola piacevolmente scorrevole del curatore (si vedano sito e blog facebook): non ultimo collane anche storico e neo… rinascimentali. (certa “Misterica” inclusa non banale ma d’altitudine)

Antonio, da qualche tempo, hai lanciato Pluriversum edizioni, con già un catalogo esauriente e un bel sito web. Una breve cronistoria?
La Pluriversum Edizioni è nata nella primavera del 2017, in seguito ad alcune fortunate esperienze in campo editoriale dell’Associazione PluralCosmos, fondata dal sottoscritto e tuttora esistente, e a proficue iniziative culturali promosse dal gruppo filosofico di Pensiero Plurale (sin dal 2010).
L’idea di creare un’impresa deriva dall’esigenza di assicurare agli autori una rete distributiva e una serie di competenze professionali che lo strumento noprofit non consentiva di realizzare. Poi, alcune circostanze favorevoli hanno permesso di pubblicare buoni autori, come Mahmoud Suboh, Raffaele Rinaldi, Davide Magnani, Tiziana Iemmolo, Marco Ragazzi, inaugurando collane per la divulgazione di temi sociali, come Schegge dall’Altrove e Scritture plurali; ed è stato un successo sin dalle prime settimane.

Di Bartolomeo, a memoria quali secondo te le produzioni più rilevanti?
Mah… oltre ai libri degli autori già citati, potrei menzionare l’antologia “Luce dei miei occhi”, dell’ottobre 2017, abbinata a un concorso letterario e a una manifestazione che ha inteso celebrare, qui a Ferrara, il rapporto uomo-cane; quest’anno è invece la volta di “Cave canem, 23 racconti”, di cui si sentirà parlare nelle prossime settimane. Un ottimo riscontro, tanto per citare alcuni esempi, lo stanno avendo “Parole del mio mare” di Sofia Celadon, “Un gomitolo di storie” di Anna Campo e “Orrore a Silver Lake” di Luigi De Conti (quest’ultimo parteciperà al Festival del giallo indetto dalla casa editrice Freccia D’Oro in collaborazione con il Circolo della Stampa Giuseppe Pederiali per il prossimo mese di novembre). Inoltre, abbiamo lanciato due prestigiose collane di tascabili, Historicum (sul periodo rinascimentale) e Arcanorum (di esoterismo e mistero), in cui associamo narrativa a saggistica, con un racconto e un’introduzione con schede di approfondimento dalle finalità didattiche.

Come funziona la Pluriversum Edizioni?
L’attività prevalente è lo scouting. Preferiamo fare noi il primo passo piuttosto che cimentarci nella valutazione di testi venuti dal nulla. Ai fini della pubblicazione analizziamo il Piano editoriale redatto dall’autore e poi ci giochiamo tutto sul terreno della promozione e della distribuzione. Assicuriamo la fornitura gratuita di servizi editoriali di base (editing, impaginazione, layout di copertina), senza nessun obbligo di acquisto copie, garantendo a livello contrattuale royalty e altro, mentre ci facciamo pagare, là dove richieste, la consulenza sull’editing, il supporto nella promozione e tutti quei servizi (come traduzioni, booktrailer, interviste) non strettamente funzionali alla pubblicazione. Siamo contrari al modus operandi dell’Eap, ma ricusiamo anche il modello free (ambiguo e adescante); e comunque deploriamo quel clima di caccia alle streghe che parolai e lacchè alimentano allo scopo di spostare il peso della bilancia dalla parte di autori in erba che, ovviamente, in tal modo, sono sempre in grado di dettare condizioni e approfittare di case editrici fin troppo compiacenti e disponibili. Così, non è solo la cultura a risentirne ma il tessuto aziendale stesso, che deve sempre agire in un mercato di libera concorrenza, sulla base di creatività e flessibilità, e non per direttive provenienti dall’alto o secondo modelli preconfezionati.

Antonio Di Bartolomeo, sei noto per matrici filosofiche e letterarie. Pluriversum sintetizza la scommessa di fare parola e letteratura antiideologica e appunto plurale nel nostro tempo?
Esattamente. La mission della Pluriversum è proprio la diffusione di un modus pensandi plurale, che soggiace alla mia stessa filosofia, quella che ho sviluppato negli ultimi 20 anni. È impossibile condensarne in poche battute i contenuti. Ma intanto vorrei sfatare il mito che plurale sia sinonimo di relativismo e qualunquismo, all’insegna di uno sciatto libertarismo. Per nulla. Benché sia giusto consentire a tutti di esprimersi, è anche vero che tutti hanno il diritto di non essere ingannati o traviati, comunque di non essere sottoposti a un continuo stress da ascolto e interazione. La pluralità si pone sul piano delle scienze e della gestione emozionale, oltre ogni forma di monismo (in tutte le sue nefaste articolazioni) e di molteplicismo (cioè di confusione, disarmonie e tensione). E la sua filosofia comincia là dove la politica e la stessa filosofia tradizionale terminano.

Antonio, hai esordito come romanziere, due parole sul Di Bartolomeo scrittore?
Mi sono sempre sentito un filosofo della scrittura e uno scrittore di filosofia. Ma amo la letteratura, e a un certo punto ho avvertito il bisogno di romanzare, un po’ come J.P. Sartre, il mio modo di pensare e le mie meditazioni sulla vita, su Dio, l’amore, la libertà e la verità. È mia abitudine scrivere almeno otto ore al giorno, e così da 40 anni.

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Antonio Di Bartolomeo libri personali

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Roby Guerra


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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