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Nel primo Novecento Marinetti e i futuristi inventarono la cosiddetta poesia sonora basata
sull’abbandono del supporto cartaceo e sull’utilizzo delle nuove tecnologie, all’epoca radio e
radiodrammi furono chiamati tali esperimenti futuristi.
In seguito, verso il 1940, Carlo Belloli ha elaborato il pionierismo futurista in tale nuova poetica,
infine negli e dagli anni Sessanta, sempre del secolo scorso, le neoavanguardie da Umberto Eco a Sanguineti a Zanzotto a Adriano Spatola e Enzo Minarelli – hanno codificato le sperimentazioni parafuturiste adattate alle nuove tecnologie, dal magnetofono infine al computer e al digitale, ispirati non più dalla rivoluzione artistica ma da nuove scienze quali semiotica e linguistica.
Due sono attualmente le rotte principali della nuova poetica sonora anticartacea: la prima consiste nella poesia sonora neoprimitiva un poco come i graffiti di Basquiat neopop; la seconda nella poesia sonora cibernetica basata sulle nuove tecnologie del XX secolo, dal Futurismo all’arte programmata fino all’arte elettronica, video, computer art, compresa la tecnomusic da discoteca e generi affini.
A partire dagli anni Ottanta a Ferrara, in particolare, spicca a livelli internazionali il centese Enzo Minarelli tra poesia sperimentale, sonora doc, live set: unico e inconfutabile il ruolo pionieristico e forse ineguagliato dello stesso Minarelli, le stesse riviste sonore Baobab e V3/Tre di Reggio Emilia e Cento, lavori sperimentali, presentati in Italia, Europa, Usa e anche conferenziere ufficiale per alcune università, Messico, Sud America, non ultimo il lavoro autobiografico “Polipoesia mon Amour” (Campanotto, 2005). In tale opera, quasi un libro messaggio alla McLuhan, la parola tra Neofuturismo e Neodadaismo appare definitivamente filtrata dalla ricerca scientifica, sorta di linguistica o semiotica immaginaria con esiti pure sorprendentemente ironici e freddamente micidiali per le poetiche cartacee.
Minarelli ha prodotto anche videopoesie sonore per il Centro Video Arte di Ferrara, il manifesto
della Polipoesia (1987) e Renato Barilli, non caso, gli ha dedicato un saggio critico.
Tutt’oggi, ormai con un background vastissimo, è protagonista internazionale della nuova poetica totale/elettronica di cui il suo manifesto della cosiddetta Polipoesia (anni 80) resta anno zero di riferimento obbligato.

Per saperne di più visita la pagina dedicata a Enzo Minarelli nel sito Archivio di Polipoesia [vedi].

* da Roby Guerra, “Dizionario della letteratura ferrarese contemporanea”, Este Editon-La Carmelina ebook 2012 [vedi]

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Roby Guerra

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Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno. L’artista polesano Piermaria Romani si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE
di Piermaria Romani


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