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“Io scrivo storie perché non posso farne a meno. La scrittura è per me come una passeggiata notturna infinita e gioiosa” (Mehdi Rabbi)

Il giovane Mehdi Rabbi, classe 1980, è per la prima volta a Ferrara ma questa è anche la sua prima volta fuori dall’Iran. Al Festival di Internazionale ha presentato un libro speciale, edito da una giovane casa editrice, Ponte33, che traduce solo autori persiani, con uno sguardo attento, approfondito e ben documentato su questo mondo. Ma anche tenero e avvolgente. In questa avventura editoriale si cercano giovani autori, se pur già insigniti di alcuni importanti riconoscimenti, soprattutto per aiutare i lettori a uscire da ogni stereotipo sull’Iran. Il nome Ponte33 richiama il persiano Si-o-se pol, bellissimo ponte di Isfahan sotto le cui arcate, 33 appunto, da sempre giovani e meno giovani si incontrano, parlano, discutono, recitano versi, leggono libri. Insieme a Bianca Maria Filippini, Felicetta Ferraro, ex addetta culturale dell’ambasciata italiana a Teheran, al suo rientro in Italia nel 2008 aveva avuto l’idea di creare uno spazio, un’associazione culturale che facesse anche editoria, per far conoscere un paese dove aveva vissuto e che amava profondamente, ma di cui si parlava solo negativamente, di cui si conoscevano solo opere di letteratura di fuoriusciti che scrivevano di una realtà che non esisteva più. Da qui l’idea di comunicare la ricchezza iraniana dal di dentro, descrivendola dall’interno.
Più che una casa editrice classica, uno spazio nel quale far ‘transitare’ verso l’Italia scrittori, poeti, grafici, artisti e presentare una produzione culturale autentica, diversa dagli stereotipi infarciti di chador che fa intravedere begli occhi di donna orientale, che hanno invaso il mercato editoriale. E anche la copertina del libro di Rabbi è diversa, realizzata da un grafico iraniano che ora espone a New York. Altra originalità di Rabbi è che viene dal sud, da una regione ricca di petrolio, ma che vive una realtà difficile dal punto di vista ambientale. Non si parla della scintillante e viva Teheran: non più la capitale al centro, ma i piccoli centri, in un libro di racconti con i giovani come grandi protagonisti. La parola chiave è “cercare qualcosa in più”. Il titolo scelto è quello di uno dei racconti, ma riesce a dare un’idea generale di tutto il libro: ha a che fare con i ricordi personali di Mehdi e con le sue esperienze amorose, i racconti di una generazione che vive una nuova apertura, la storia dei suoi vent’anni, le corse serali per andare dalla sua amica, per andare a bere e divertirsi, il momento più importante della giornata. Questo è il personaggio del libro in cui Mehdi si riconosce: un ragazzo che riflette le speranze dei giovani. Lui ama correre e “forse la corsa può dire qualcosa della nostra generazione abituata a riflettere – dice – che non cerca lo scontro con i problemi che incontra, la corsa è un modo per pensare e risolvere i problemi”. I giovani sono la maggioranza della popolazione iraniana, gli under 25 sono fra il 60% e 70%. Alla domanda su cosa i giovani sperino che porti questa apertura di credito verso l’Iran, Mehdi risponde che con l’accordo sul nucleare gli iraniani hanno trovato la speranza che il dialogo torni al centro della vita politica, che la nuova economia porti a nuove libertà sociali. Lui non parla mai di velo, nemmeno di religione o di politica in senso lato. Vuole solo raccontare i ragazzi, con una lingua che a volte ricorda la loro estrazione popolare, che sottolinea l’importanza della cultura locale; vuole parlare di amicizia, di amore, di solitudine, di desiderio di realizzarsi, di rapporti genitori-figli, di disincanto giovanile, della piccola cittadina di Ahvaz, con il suo clima, i ponti, gli alberi esotici, i mercatini, i giovani universitari. E mentre nel Khuzestan seccato dal sole il fiume Karun scintilla e la vita scorre, Mehdi esplora i sentimenti e i legami che da sempre tengono uniti uomini e donne.
Un’altra visione dell’Iran. Finalmente. Ci voleva.

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Simonetta Sandri

E’ nata a Ferrara e, dopo gli ultimi anni passati a Mosca, attualmente vive e lavora a Roma. Giornalista pubblicista dal 2016, ha conseguito il Master di Giornalismo presso l’Ecole Supérieure de Journalisme de Paris, frequentato il corso di giornalismo cinematografico della Scuola di Cinema Immagina di Firenze, curato da Giovanni Bogani, e il corso di sceneggiatura cinematografica della Scuola Holden di Torino, curato da Sara Benedetti. Ha collaborato con le riviste “BioEcoGeo”, “Mag O” della Scuola di Scrittura Omero di Roma, “Mosca Oggi” e con i siti eniday.com/eni.com; ha tradotto dal francese, per Curcio Editore, La “Bella e la Bestia”, nella versione originaria di Gabrielle-Suzanne de Villeneuve. Appassionata di cinema e letteratura per l’infanzia, collabora anche con “Meer”. Ha fatto parte della giuria professionale e popolare di vari festival italiani di cortometraggi (Sedicicorto International Film Festival, Ferrara Film Corto Festival, Roma Film Corto Festival). Coltiva la passione per la fotografia, scoperta durante i numerosi viaggi. Da Algeria, Mali, Libia, Belgio, Francia e Russia, dove ha lavorato e vissuto, ha tratto ispirazione, così come oggi da Roma.

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Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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