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Una piccola antologia di 10 racconti, nati per il divertimento di Peverati e dei suoi lettori, prende il titolo dalla prima storiella.
Il racconto in versi che presentiamo è una leggenda delle nostre e altre contrade: di come fu che i merli dal bianco piumaggio diventassero neri, per una vicenda accaduta negli ultimi tre giorni di gennaio…
Abituale la ricchezza lessicale in dialetto e in italiano del nostro autore di Portomaggiore.

I dì dla merla

‘Gh’jéra aηch na volta, tant e tant temp fa,
– chista sturièla la m’è sta’ cuntà
e av la ripèt senza preténdr uη fraηch –
i mèral. Com la nev jéra tut biaηch,
acsì d’iηveran senza trop strulgàr
con la nev is putéa mimetizàr…

Ma un ann iη źnar uη giaz tanta putént
al pruvucò na masa d’iηzidént
e chi gh’éva pruvìst e cald asà
aη mitéva gnaηch fóra al naś d’iη ca’.
I merl iηvéz coi pòvar altr uśié
i batéva i barbìη cmè canarié
o i rastàva a meź’aria coηgelà,
cascànd po’ źó, più dur di bacalà.

Na merla ch’la viveva lì d’avśìη
l’éva truvà rifuģ int uη camìη,
vaηzànd ben a l’armocia riparà
fiηchè cal fréd treménd al n’è sćiupa;
e quand l’è gnuda fóra dal cantóη
l’éra dvantà più negra dal carbóη,
col penn luśénti e con uη bel mantèl
ch’al splendeva ai prim raź dal solaśèl.
E i mèral, iηvidiùś dal cambiamént,
j’a vlèst variàr divisa iη cal mumént
e l’è par quest, distà come d’iηveran,
ch’i gh’a al culór dla pégula, in etèran.

I ùltim tri giórn ad źnar is ciama acsì
da alóra: “i dì dla merla!” av al digh mì.
E se qualcdùn al gh’ha ‘n’altra versióη,
prima al m’la conta e mì agh darò raśóη,
s’l’è bón ‘d cuηvìnzram. Propia s’l’è diversa
coη próv sicùri, mì ‘la turò persa.


I giorni della merla
(traduzione dell’autore)

Eran ‘na volta, tanto tempo fa / – s’è vero o s’è una fiaba non si sa, / ma ve la narro e non pretendo un franco – / i merli di colore tanto bianco / che con la neve senza faticare / d’inverno si potéan mimetizzare.

Però un gennaio un freddo d’eccezione / provocò seri danni alle persone; / chi al caldo stava e assai provvisto, certo / teneva il naso al chiuso e ben coperto. / Ma i merli e gli altri uccelli il duro becco / battevan forte con rumor di stecco / o, restando a mezz’aria congelati, / piombavano per terra fulminati.

Una merla più furba lì vicino / cercò rifugio dentro ad un camino, / ivi restò nascosta e riparata / finchè di freddo non cessò l’ondata, / e quando venne fuori dal cantone / era scura, più nera del carbone; / aveva penne splendide e il mantello / rifletteva la luce al solicello. / Tutti invidiosi i merli in quel momento, / voller far lo stesso cambiamento, / che più mutò, né muterà in eterno: / sempre color di pece, estate e inverno.

Per questo, a fin gennaio, tre giornate / “i giorni della merla” son chiamate. / Se fornirà qualcuno altra versione / che mi convinca, gli darò ragione: / provando che la storia è ben diversa, / solo allora potrò prenderla persa.

Tratto da: Iosè Peverati, I dì dla merla : racconti in dialetto ferrarese con traduzione in italiano, Bando di Argenta (Fe), S. Macario Graf, 1999.

 

Iosè Peverati (Modena 1927)
Altre notizie biografiche nel Cantóη Fraréś del 26 giugno 2020 [Vedi qui]

Al cantóη fraréś: testi di ieri e di oggi in dialetto ferrarese, la rubrica curata da Ciarin per Ferraraitalia, esce ogni 15 giorni al venerdì mattina. Per leggere le puntate precedenti clicca [Qui] 

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Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
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(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE
di Piermaria Romani


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