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Luigi Vincenzi, “Gigi” per gli amici e in arte “Tamba”, tratta del pane ferrarese rinomato da più parti (in tut al mónd). Decantandone le caratteristiche, descrive in rima, fra storia e leggenda, un episodio alla corte degli Estensi che ricorda i natali del formato più celebre del pane di Ferrara ovvero la ciupéta.
Rievocando la lavorazione casalinga di un tempo, esprime il sentimento religioso nel “pane quotidiano”, richiamato dal rito materiale quando ci si alzava a notte fonda per preparare il pane per tutta la numerosa famiglia.
(Ciarìn)
La ciupéta fraréśa
“Ruśéta” opùr “Mantvàna” o “Pagnuchìna”,
“Michéta”, “Chìfel”, “Biòva” opùr “Panina”,
j’è nóm che a déη, nuàltar italiàn,
al nòstar prim sustentamént ch’l’è al paη.
Sól nu frarìś, però a gh’éη la rizèta
par far cal caplavór ch’l’è la ciupéta,
tgnusùda in tut al mónd e numinà
pr i sò grustìη biscòt e profumà!
Al sugh ad gómbi, l’aqua, l’aria péśa
di nòstar cò, la fantasia fraréśa,
j’à fat na creazión tant bòna e bèla
che, al furastiér, la tòl fiη la favèla.
Par catàr al pranzìpi dla sò gloria
bisogna andàr indré int la nostra storia:
a par che, un dì luntaη Giglio, furnàr,
al presentàs al Duca, da magnàr,
uη pan intòrt a gàliga, coi còran,
da lu iηventà e cot int al sò fóran.
Èrcul, al śgónd, gustànd cla maravié,
al l’à numinà “cónt” lì, sui du pié!
Dal milzinczént e… śbliśga l’è al Cranvàl
mo, par la ciòpa iηvéz, l’è sta al Nadàl.
Da alóra, tut quéi ch’pasa, iη paś o iη guèra,
iη luηgh e iη largh pr’ill strad dla nostra tèra,
da chì parténd, i spand in źir la fama
dal nòstar graη bóη pan e dla salàma.
J’ann i pasa iη présia e, int al peηsiér
am sa in d’avìś ch’al fus apéna iér
che, iη mèź al cuór dla nòt, là źó, mié mama
coη mié opà, i faśéva andàr la grama,
pistànd l’impast, prilàndal coi braz nud
fiη ch’al n’jéra mulśìη cumpàgn al vlud.
Dòp, a miśura ad pugη fat a murié,
l’jéra spartì fra tuta la famié:
fra i nòni već e aηch fra i ragazìt
che j’al cambiava prèst in tant panìt.
Far pan iη ca’ al jéra fadigóś
parché as rubàva al témp al giust ripòś;
però nu aη l’avéη mai tòlt pr’uη lavór
parché al cuηsideràvaη n’at d’amór,
un at ad féd e fónda divuzióη
cum è purtàr al Sant iη prucisión.
Al jéra al “Pater Noster” dit col maη
pr avér, gióraη par giórn, al nòstar paη.
Quand as varźéa dal fóran al spurtèl…
che udór ch’a sa spandéva vèrs al ziél!
Udór da zéndar calda col vapór
quasi… pagana ufèrta a Nòstar Sgnór.
Al nòstar pan, a nisùn àltar śgónd,
séηz’ómbra ad dubi, l’è al più bón dal mónd!
L’è zert che i mèź mudèran e al prugrès
j’à cambià iη pèź al paη ch’as magna adès!
Aηch s’al mantién, i diś, la so sustàηza,
l’à pèrs dla poesia l’impurtàηza:
cla poesia ad plaśmàr, col tò dó maη,
cl’impàst ad fiór e trasfurmàrl in paη.
La coppietta ferrarese (traduzione dell’autore)
“Rosetta” oppure “Mantovana” o “Pagnottina”, / “Michetta”, “Kifel”, “Biova” oppure “Panina”, / sono i nomi che diamo, noi italiani, / al nostro primo sostentamento che è il pane. / Soltanto noi ferraresi, però, abbiamo la ricetta / per fare quel capolavoro che è la coppietta, / conosciuta in tutto il mondo e nominata / per I suoi crostini biscotti e profumati! /
Il sugo di gomito, l’acqua, l’aria pesante / delle nostre parti, la fantasia ferrarese, / hanno fatto una creazione tanto buona e bella / che, al forestiero, toglie persino la favella. / Per trovare il principio della sua gloria / è necessario andare indietro nella nostra storia: / sembra che un giorno lontano Giglio, fornaio / presentasse al Duca, da mangiare, /
un pane ritorto a spirale, con i corni, / da lui inventato e cotto nel proprio forno. / Ercole II d’Este, gustando quella meraviglia, / lo ha nominato “conte” lì, su due piedi! / Del millecinquecento e… rotti è il Carnevale / ma, per la coppia invece, è stato il Natale. / Da allora, tutti quelli che passano in pace o in guerra, / in lungo ed in largo per le strade della nostra terra, /
di qui partendo, spandono in giro la fama / del nostro gran buon pane e della salama. / Gli anni passano in fretta e, nel pensiero, / mi sembra che fosse appena ieri / che in mezzo al cuore della notte, laggiù mia mamma / con mio papà, facevano funzionare la gramola, / pestando l’impasto, rigirandolo con le braccia nude / finchè non era soffice come il velluto. /
Dopo, a misura di pugno fatto a pezzi, / era diviso fra tutta la famiglia: / tra i nonni vecchi ed anche tra i ragazzi / che lo cambiavano presto in tanti panetti. / Fare pane in casa era faticoso / perché si rubava il tempo al giusto riposo; / però noi non l’abbiamo mai giudicato un lavoro / perché lo consideravamo un atto d’amore, /
un atto di fede e profonda devozione / come portare il Santo in processione. / Era il “Pater Noster” detto con le mani / per avere, giorno per giorno, il nostro pane. / Quando si apriva, del forno, il portello… / che profumo si spandeva verso il cielo! / Profumo di cenere calda con il vapore / quasi… pagana offerta a Nostro Signore. /
Il nostro pane, a nessun altro secondo, / senz’ombra di dubbio è il migliore del mondo! / È certo che i mezzi moderni ed il progresso / hanno cambiato in peggio il pane che si mangia adesso! / anche se mantiene, dicono, la sua sostanza, / ha perso della poesia l’importanza: / quella poesia di plasmare con le tue mani, / quell’impasto di fiore di farina e trasformarlo in pane.
Tratto da:
Luigi Vincenzi (Tamba), Grépul, Ferrara, Arstudio, 2003.
Luigi Vincenzi (Bondeno 1926 – Ferrara 2011)
Altre note biografiche sull’autore nel Cantóη Fraréś di Ferraraitalia del 29 maggio 2020 [vedi qui] e del 11 settembre 2020 [qui]
Al cantóη fraréś: testi di ieri e di oggi in dialetto ferrarese, la rubrica curata da Ciarin per Ferraraitalia,
esce ogni 15 giorni al venerdì mattina. Per leggere le puntate precedenti clicca [Qui]
Cover: foto Consorzio Tutela Coppia Ferrarese.
Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.
Se già frequentate queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica dell’oggetto giornale [1], un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.
Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani. Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito. Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.
Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare il basso e l’altocontaminare di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta. Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle “cose che accadono” dentro e fuori di noi”, denunciare il vecchio che resiste e raccontare i germogli di nuovo, prendere parte per l’eguaglianza e contro la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo..
Con il quotidiano di ieri, così si dice, ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Tutto Periscopio è free, ogni nostro contenuto può essere scaricato liberamente. E non troverete, come è uso in quasi tutti i quotidiani, solo le prime tre righe dell’articolo in chiaro e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.
Sembra una frase retorica, ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni” . Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come quelli immateriali frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e ci piacerebbe cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e ogni violenza.
Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”, scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori) a tutti quelli che coltivano la curiosità, e non ai circoli degli specialisti, agli addetti ai lavori, agli intellettuali del vuoto e della chiacchera.
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Nato quasi otto anni fa con il nome ferraraitalia [2], Periscopio naviga già in mare aperto, rivolgendosi a un pubblico nazionale e non solo. Conta oggi 300.000 lettori in ogni parte d’Italia e vuole crescere e farsi conoscere. Dipenderà da chi lo scrive ma anche e soprattutto da chi lo legge e lo condivide con altri che ancora non lo conoscono. Per una volta, stare nella stessa barca può essere una avventura affascinante. Buona navigazione a tutti.
Francesco Monini
[1] La storia del giornale è piuttosto lunga. Il primo quotidiano della storia uscì a Lipsia, grande centro culturale e commerciale della Germania, nel 1660, con il titolo Leipziger Zeitung e il sottotitolo: Notizie fresche degli affari, della guerra e del mondo. Da allora ha cambiato molte facce, ha aggiunto pagine, foto, colori, infine è asceso al cielo del web. In quasi 363 anni di storia non sono mancate novità ed esperimenti, ma senza esagerare, perché “un quotidiano si occupa di notizie, non può confondersi con la letteratura”.
[2] Non ci dimentichiamo di Ferrara, la città che ospita la redazione e dove ogni giorno il giornale si confeziona. Così Ferraraitalia continua a vivere dentro Periscopio all’interno di una sezione speciale, una parte importante del tutto.
Chi volesse chiedere informazioni sul nuovo progetto editoriale, può scrivere a: direttore@periscopionline.it
L'INFORMAZIONE VERTICALE