A zonzo per Mosca
Quando non potrai camminare veloce, cammina. Quando non potrai camminare, usa il bastone. Però, non trattenerti mai! (Madre Teresa di Calcutta)
Non è solo il titolo di un vecchio film, che peraltro abbiamo commentato (vedi), ma uno stile, un atteggiamento che accompagna, e dovrebbe accompagnare, chiunque si aggiri per le strade di una qualunque città. Mosca non fa eccezione. Andare a zonzo non significa solo ciondolare e passeggiare a caso, ma soprattutto essere liberi da pensieri, riflessioni e preoccupazioni, e lasciare correre quindi le emozioni, lasciarle sgorgare, fluire. Non pensare davvero a nulla: difficile di questi tempi, quando la mente è connessa, sempre, e rappresenta ormai il prolungamento di una connessione virtuale con dispositivi elettronici e diavolerie simili di ogni tipo. Lasciate a casa il telefonino (se proprio non ce la fate, mettetelo in una tasca remota della borsa e difficilmente raggiungibile) e non prendetelo in mano, nemmeno per guardare l’ora. Lasciate correre il tempo, guardate solo intorno voi. Scoprirete più di quanto immaginate. Poltrendo un po’ su una vecchia e scolorita panchina osserverete una ragazza che confeziona fiori, quelli che qualcuno regalerà a qualcun altro, una giovane donna che accarezza piante che orneranno balconi primaverili di una periferia grigia. Scorgerete un’altra ragazza che vende marmellate colorate fatte in casa, in una piazzetta dove si commercia ogni tipo di oggetto d’altri tempi, quelli che conservano la memoria, la storia di nonne e nonni che hanno deciso di svuotare i polverosi solai per fare spazio ai ricordi. Ci sono poi montagne di libri accatastati o in fila ordinata, di quelli che nessuno legge più ma che qualcuno invece cerca, spuntano statuette di ceramica di ora e di allora, giochi di bambini oggi diventati grandi, disegni sui muri che chiamano libertà. Qualche quadro dipinto da calorosa mano amica occhieggia e ricorda che colorare può aiutare a sognare. A volare. Scatole e scatolette che contengono gioielli regalati e non restituiti, pegni d’amore conservati con cura che riportano a un lontano amore di gioventù. Il primo, magari, quello che non si dimentica e che oggi è il migliore amico di sempre. Non fermarsi, questo conta, guardare e ancora stupirsi, sempre e di nuovo, osservare e ancora meravigliarsi. Scoprire ogni giorno quanto sia stupendo questo mondo e quanto meriti un’attenzione che non sia disattenta. Andando a zonzo, semplicemente. Provate a guardarvi intorno, provate davvero! Non è poi tanto male…

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Simonetta Sandri
PAESE REALE
di Piermaria Romani
Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno. L’artista polesano Piermaria Romani si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)