Infanzie. Un racconto di Natale
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Infanzie. Un racconto di Natale
“C’era una volta cento anni fa un bambino come te, Thomas, appena un po’ più piccolo. Va bene se la storia ve la racconto così, come si fa con le fiabe?”
“Ok, nonna” risponde l’interpellato. Sua sorella Chloe fa sì con la testa.
“Nel periodo del Natale 1925, quando mio padre abitava in una grande casa di campagna con la sua grande famiglia, era appena nato il suo fratellino e ogni giorno gli era permesso vederlo solo per pochi minuti. Entrava curioso nella stanza dei genitori, dove mia nonna Paolina occupava il lettone per riprendersi dalla fatica del parto e allattava il piccolo Lamberto. Erano i momenti più misteriosi delle sue giornate: il bimbo nuovo e la pelle bianca di sua madre emanavano un profumo così dolce da farlo sentire in pace.
Il resto della giornata era invece pieno di cose avventurose da fare. Perché? Perché era caduta la neve e lui fin dal mattino scalpitava per uscire in cortile a giocare e a dare il tormento al nonno Vito, ora tirandogli tutte le palle di neve del mondo, ora chiedendogli in mille modi come stavano gli animali con quel freddo. Come si riparava dal gelo il maiale, dove dormivano le galline e se le mucche ancora facevano il latte.
Scivolare sul ghiaccio, quello sì era uno sport divertente”.
“Aveva i pattini come i miei, nonna?” domanda Chloe.
“No, niente pattini. A quel tempo non si usava, dovevano bastare le scarpe di tutti i giorni per lanciarsi sulle lastre che il ghiaccio formava intorno alla casa, o addirittura lungo i fossi ghiacciati. Avete presente il canale che passa vicino al vostro giardino? Immaginatelo completamente bianco, bianchi i cespugli che ci sono sulle sponde e bianca la superficie. Liscia liscia e lucente se un raggio di sole sfuggito alla nebbia arriva a colpirla”.
“Bello! Anche tuo papà andava a lezione di parkour? Io ci vado al giovedì e so già arrampicarmi sulle porte e il maestro presto ci insegna a lanciarci da molto in alto” mi interrompe Thomas.
“Nemmeno questo faceva. Era un bambino come tutti, giocava con le cose della natura. Trovava sassolini rotondi da lanciare e acchiappare al volo a due a due, oppure pietruzzze colorate, correva nei campi a raccogliere bastoni che diventavano spade e lance nella sua fantasia, giocava con gli animali. Le famiglie allora erano povere e la povertà è come un vestito stretto che ci copre appena.
Aveva il mangiare, questo sì, ma giocattoli non ce n’erano in casa”.
“Poteva scrivere una letterina a Babbo Natale e farsi portare tanti giochi!” dicono entrambi, parola più parola meno.
Rido. Però la verità devo dirla: “Babbo Natale? Non lo ha mai nominato, quando mi parlava della sua infanzia. Parlava della Vecchia, quella sì. La Befana dei bambini che arrivava a mettere qualcosa dentro ai camini delle case viaggiando su una scopa volante, veloce e brutta come un fantasma. Tanto che i bambini avevano paura di vederla, anche se la aspettavano da tanto, anche se faticavano a dormire nella notte fatale. Guai alzarsi prima che ci fosse la luce del mattino. Facevano come fate voi, che vi girate nel letto per l’emozione di aspettare un’ultima notte i doni che avete richiesto”.
“Però lei li portava i giocattoli!” insistono.
“Portava una calza riempita con qualche biscotto, uno o due mandarini. Una volta che l’annata era stata scarsa mio padre trovò solo delle patate bollite…e per la sua felicità una fionda fatta col legno che gli aveva preparato di nascosto il solito nonno Vito. Si allenò per tutta la primavera e l’estate a colpire bersagli sempre più piccoli, ma mai gli animali che per lui erano degli amici fedeli”.
Chloe sgrana gli occhi e poi qualcosa la distrae, il momento per la mia storia è passato. Lei e Thomas riprendono il gioco che hanno iniziato poco fa. Anche loro hanno animali a casa, e li amano. Il grande cane corso, i mici dal lungo pelo d’argento e le tartarughe di terra che in questi mesi freddi ma senza più neve dormono nelle loro tane.
Sorrido da sola ripensando a come si è espresso Thomas circa un mese fa quando ha scritto la sua letterina a Babbo Natale. Sono passati cento anni dall’infanzia di mio padre e come nella fiaba della Bella Addormentata la siepe di rovi attorno al suo palazzo si è dissolta e il principe ha potuto raggiungerla e baciarla. E vivere per sempre con lei e con l’intero palazzo in prosperità.
“Caro Babbo Natale, quest’anno ti voglio chiedere una macchina nuova per mamma e papà e per me una moto da cross, vera! Col motore e con un casco nero e arancione. Per la macchina puoi lasciare le chiavi sul tavolo sotto il portico. Per la moto, per favore, non ti dimenticare di lasciare la scheda tecnica”.
Cover: Foto di Sabine Kroschel da Pixabay
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