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Me lo ha consigliato il mio amico Emanuele qualche tempo fa, attento come è all’Africa e ai suoi talenti, alle opportunità insperate e ai più inimmaginabili che, qui, chi vuole sopravvivere sa spesso immaginare. Parliamo di una pellicola del 2019, dell’attore e regista britannico Chiwetel Ejiofor, visibile su Netflix, Il ragazzo che catturò il vento.

È la storia vera di William Kamkwamba (interpretato da Maxwell Simba,nato nel 1987 a Wimbe nel distretto di Dowa in Malawi, un ragazzo proveniente da una numerosa famiglia di agricoltori di questo piccolo Stato dell’Africa sud-orientale, che, privo di sbocchi sul mare, ha come suo fulcro il Lago Malawi.

Un paese molto povero, dove la popolazione, combatte quotidianamente con la paura della siccità, dovuta al torrido clima sub-tropicale, e la fame. William decide allora che deve fare qualcosa, deve dare il suo contributo alla vita sempre in bilico della comunità del suo villaggio, un dovere morale oltre che materiale.

Unico maschio della famiglia (fatta dei genitori e di 6 sorelle), obbligato ad abbandonare la scuola dopo il primo anno di superiori per dover aiutare il padre agricoltore (Chiwetel Ejiofor) nel momento della grave carestia e di saccheggi che il Paese, nel 2001, deve affrontare a causa della mancanza d’acqua, il giovane continua ad alimentare la sua voglia di conoscenza.

Mentre la mattina zappa e cerca di raccogliere i pochi frutti di una terra tanto brulla e sterile (mais in particolare), in una giornata dove si mangia solo una volta e di notte, la sera cerca libri nella biblioteca della sua vecchia scuola elementare. Un libro lo affascina, un testo dal titolo promettente, Using Energy (L’uso dell’energia). Legge libri di scienza, soprattutto di fisica ma, non leggendo molto bene l’inglese molto bene, usa i diagrammi e le figure per imparare il significato delle parole che quelle pagine fitte contengono.

Grazie a quel volume, la vita di William e della sua famiglia cambia radicalmente: con materiali di scarto e tanta inventiva, crea un mulino a vento per pompare acqua e portare elettricità alla sua gente. Utilizzando un motore, la dinamo di una vecchia bicicletta rotta, un ammortizzatore e una pala della ventola del trattore, il ragazzo crea un prototipo di mulino a vento di 5 metri. Impara poi ad accumulare energia in una batteria per auto e, con queste poche mosse, regala la luce elettrica alla casa dei suoi genitori. Perfezionando l’invenzione, William è riuscito a illuminare tutte e sei le case della sua proprietà.

Successivamente ha costruito un pozzo dotato di una pompa solare che ha permesso di estrarre acqua pulita da utilizzare per i campi della sua famiglia. Il suo ingegno è uscito dal suo villaggio costruendo altri due mulini eolici, di cui uno a Lilongwe, la capitale politica del Malawi.

In poco tempo, diventa famoso in tutto il Paese: i giornali scrivono di lui ed Emeka Okafor, direttore del programma per TEDGlobal, lo invita, nel 2007, a tenere una conferenza.

Nel 2010 è uno dei quattro vincitori del GO Ingenuity Award, conferitogli dalla GO Campaign di Santa Monica (Stati Uniti), un’organizzazione no-profit che sostiene i giovani inventori e propone la collaborazione per la pace nel mondo. Nello stesso anno, in Germania, gli viene conferito il Premio Futuro in occasione dell’assegnazione del Premio Corine, consacrandolo tra i sostenitori di spicco dell’eco-sostenibilità e delle rinnovabili. Nel 2011 è tra i primi a intervenire alla Google Science Fair, nel 2013, il Time lo nomina una della 30 persone sotto i 30 anni che stanno cambiando il mondo. Nel 2014 William si laurea in studi ambientali presso il Dartmouth College di Hanover, New Hampshire.

Scandito in cinque capitoli che seguono un ideale percorso dalla vita alla morte alla rinascita – Semina, Crescita, Raccolto, Fame, Vento – il film pone in relazione il destino dei personaggi con le asprezze del deserto e le ingiustizie della politica, celebrando la vittoria dell’ingegno umano sugli inciampi della natura e della storia.

La storia di William Kamkwamba, raccontata anche nell’omonimo libro da cui il film è tratto, che fin da bambino ha sempre amato giocare con i suoi amici, Gilbert e Geoffrey, con i quali si divertiva a cercare e usare materiali riciclati per costruire e riparare oggetti, ci mostra come la curiosità e l’amore per la conoscenza possano davvero cambiare non solo noi, ma il mondo intero.

Perché qualunque cosa succeda, se non ci si rassegna, si va avanti.

Trailer

 

 

 

 

Il ragazzo che catturò il vento, di Chiwetel Ejiofor, con Aïssa Maïga, Chiwetel Ejiofor, Joseph Marcell, Kelvin Maxwell Ngoma, Maxwell Simba, Lemogang Tsipa, Noma Dumezweni, UK, 2019, 113 minuti.


Immagine in evidenza di Erik (HASH) Hersman Flickr

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Simonetta Sandri

E’ nata a Ferrara e, dopo gli ultimi anni passati a Mosca, attualmente vive e lavora a Roma. Giornalista pubblicista dal 2016, ha conseguito il Master di Giornalismo presso l’Ecole Supérieure de Journalisme de Paris, frequentato il corso di giornalismo cinematografico della Scuola di Cinema Immagina di Firenze, curato da Giovanni Bogani, e il corso di sceneggiatura cinematografica della Scuola Holden di Torino, curato da Sara Benedetti. Ha collaborato con le riviste “BioEcoGeo”, “Mag O” della Scuola di Scrittura Omero di Roma, “Mosca Oggi” e con i siti eniday.com/eni.com; ha tradotto dal francese, per Curcio Editore, La “Bella e la Bestia”, nella versione originaria di Gabrielle-Suzanne de Villeneuve. Appassionata di cinema e letteratura per l’infanzia, collabora anche con “Meer”. Ha fatto parte della giuria professionale e popolare di vari festival italiani di cortometraggi (Sedicicorto International Film Festival, Ferrara Film Corto Festival, Roma Film Corto Festival). Coltiva la passione per la fotografia, scoperta durante i numerosi viaggi. Da Algeria, Mali, Libia, Belgio, Francia e Russia, dove ha lavorato e vissuto, ha tratto ispirazione, così come oggi da Roma.

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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