Vite di carta /
Se “Come d’aria” vince il Premio Strega 2023…
Tempo di lettura: 4 minuti
Vite di carta. Se Come d’aria vince il Premio Strega 2023
Se “Come d’aria” di Ada D’Adamo vince il Premio Strega 2023 e se come mi hanno detto alcuni lettori esperti è un libro di valore, in una notte torrida di queste apro il tablet e subito dopo il pdf che ne contiene il testo.
So che l’autrice non c’è più, che ha saputo di essere nella dozzina dei libri finalisti nel suo ultimo giorno di vita. Penso che una coincidenza come questa deve aver rafforzato l’onda emotiva che il libro suscita di per sé con la storia che ha dentro.
Daria è la figlia che Ada ha avuto sulla soglia dei quarant’anni: è una bambina minuscola il cui destino è segnato da una grave patologia cerebrale e dalla diagnosi mancata nei mesi della sua gestazione.
Dopo poco più di dieci anni Ada scopre di essersi ammalata di tumore e questa scoperta terribile le dà l’occasione di raccontare alla figlia la loro storia insieme.
Le parla dei mesi dell’attesa, del parto e del tunnel di disperazione in cui è caduta durante i suoi primi mesi di vita, vedendola soffrire e apprendendo la diagnosi della malformazione da cui è affetta. Non le nasconde che il suo arrivo ha portato uno tsunami nella vita sua e del suo compagno.
Si muove avanti e indietro nella vita di madre che ha condotto con immensa difficoltà avendo a fianco il babbo col suo amore incondizionato per Daria, e intanto riproduce i gradi della consapevolezza guadagnata giorno dopo giorno di avere trovato in questa figlia speciale la bellezza che ha sempre inseguito. Cercandola nella danza, nella scrittura.
Descrive i gesti, i canali sensoriali con cui ha comunicato con la figlia, la loro simbiosi.
Nella fase avanzata della malattia si esprime così: “La riduzione della vista, della mobilità, la rachicentesi che mi impone svariati giorni di stare sdraiata… La tua badante diventa anche la mia. La domenica il babbo ci solleva entrambe dal letto. È così che, ancora e ancora, continuo a identificarmi con te. Il mio corpo sperimenta, seppur in misura ridotta, i limiti del tuo. Prima li conoscevo, li sentivo, li toccavo attraverso te; poi ho cominciato via via a incorporarli”.
Non si fa peccato a svelare le ultime parole del libro. Sembrano così leggere, così legate al titolo da formarci un gioco di parole, uno scioglilingua, in cui ogni lettera è iniziale dei nomi dei protagonisti. Ada lo scrive per Daria e le dice “Senti se ti piace: d’adamo – d’ada – d’a(di)a – d’a(ri)a – d’aria”.
A è l’iniziale del nome Ada e Alfredo, il babbo, suo compagno e poi marito. Per loro AdA è l’acronimo che significa “Ada di Alfredo” e inversamente “Alfredo di Ada”; quando è nata la loro bambina la “di” che indicava il reciproco possesso è divenuta D. Al centro esatto del loro amore, “un amore d’aria“, ecco il nome della loro piccola, l’omofono senza apostrofo che suona Daria.
La veglia indomabile di questa notte mi rende gradevole la luce lunare che esce dallo schermo del tablet. Mi domando cosa sia meglio fare di un libro come questo, che ho letto fino all’ultima parola senza potermene staccare. L’onda emotiva ha raggiunto sicuramente anche me. Trovo tuttavia inconfutabile che si tratti di una altissima testimonianza di ciò che può la sensibilità umana.
Investita dal cono di luce verdognola, cerco di dargli un destino diverso da quello che ha già conseguito vincendo un premio letterario: lo metto idealmente in una piccola capsula, che possa salire tra gli spazi siderali, una moderna bottiglia che non lancio nell’oceano, ma più su.
Lo troveranno gli altri di altri mondi? È un divertissement fatto tante volte con gli studenti: “guardati allo specchio e descriviti con gli occhi di un extraterrestre piccolo piccolo che ti vede per la prima volta.”
Un cartiglio fatto di poche frasi spiegherebbe agli altri di altri mondi che questo libro rivela di cosa sia capace l’interiorità di una donna, vissuta nella parte occidentale del mondo agli inizi del terzo millennio.
Di come la sua cultura e la educazione alle arti le abbiano affinato la capacità di guardare lucidamente la società malata, quella sì, in cui vive. Di tollerare i più poveri di spirito, di accogliere la diversità e di trovare la bellezza, anche dove il caso maligno è andato a nasconderla di più.
Nota bibliografica:
- Ada D’Adamo, Come d’aria, Elliot,2023
Per leggere gli altri articoli di Vite di carta la rubrica quindicinale di Roberta Barbieri clicca sul nome della rubrica o il nome dell’autrice
Roberta Barbieri
Commento
Lascia un commento Annulla risposta
Caro lettore
Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.
Se già frequentate queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.
Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani. Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito. Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.
Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta. Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .
Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line, le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.
Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e di ogni violenza.
Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”, scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.
Periscopio è proprietà di un azionariato diffuso e partecipato, garanzia di una gestitone collettiva e democratica del quotidiano. Si finanzia, quindi vive, grazie ai liberi contributi dei suoi lettori amici e sostenitori. Accetta e ospita sponsor ed inserzionisti solo socialmente, eticamente e culturalmente meritevoli.
Nato quasi otto anni fa con il nome Ferraraitalia già con una vocazione glocal, oggi il quotidiano è diventato: Periscopio naviga già in mare aperto, rivolgendosi a un pubblico nazionale e non solo. Non ci dimentichiamo però di Ferrara, la città che ospita la redazione e dove ogni giorno si fabbrica il giornale. e Ferraraitalia continua a vivere dentro Periscopio all’interno di una sezione speciale, una parte importante del tutto.
Oggi Periscopio ha oltre 320.000 lettori, ma vogliamo crescere e farsi conoscere. Dipenderà da chi lo scrive ma soprattutto da chi lo legge e lo condivide con chi ancora non lo conosce. Per una volta, stare nella stessa barca può essere una avventura affascinante. Buona navigazione a tutti.
Tutti i contenuti di Periscopio, salvo espressa indicazione, sono free. Possono essere liberamente stampati, diffusi e ripubblicati, indicando fonte, autore e data di pubblicazione su questo quotidiano.
Francesco Monini
direttore responsabile
Chi volesse chiedere informazioni sul nuovo progetto editoriale, può scrivere a: direttore@periscopionline.it
Le sapienti e appassionate recensioni di Roberta a romanzi di sicuro valore e attualità sono nello stesso tempo inviti e guide alla lettura… i suoi articoli nella rubrica Vite di carta di Periscopio sono davvero preziosi