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Da: Il Comitato Politico Federale di Rifondazione Comunista di Ferrara.

In queste ore si sta insediando il nuovo Consiglio regionale dell’Emilia Romagna e alla vicepresidenza avremo Elly Schlein con delega alle politiche sociali e al coordinamento di un Patto per il clima, sono d’obbligo gli auguri alla neo-eletta con la speranza di essere in grado d’incidere positivamente in regione, in merito alle politiche ambientali e infrastrutturali, e non solo. Sono passate ormai alcune settimane dagli esiti elettorali, e ancora scottante appare la sconfitta subita da L’Altra Emilia Romagna e dalle altre forze di Sinistra. Il “voto utile”, propagandato come l’unico capace di scongiurare l’inevitabile discesa barbarica, come se il male minore fosse contribuire al processo di cementificazione e legittimazione dello spostamento a destra; il bipolarismo dei candidati alla presidenza e infine il sistema elettorale maggioritario, hanno avuto come esito l’annientamento pressoché totale di una qualsivoglia altra voce critica, se pur rappresentata da contenuti e competenze qualitativamente alti. E’ stato un voto contro e non a favore di qualcosa, di una prospettiva di società ad esempio opposta alla scelta secessionista di originaria memoria leghista, a favore dei ricchi, peculiare nell’autonomia differenziata, subito confermata dal rieletto presidente. La vittoria se pur di scarsa misura di un candidato alla presidenza regionale come Stefano Bonaccini che ha prevalso sulla proposta della Lega Lucia Borgonzoni, è una cosa positiva, L’Altra Emilia Romagna così come Rifondazione Comunista sono stati da sempre, innanzitutto contro le destre in una posizione precipuamente antifascista, ma questa non si può definire una vittoria di Sinistra. A livello numerico la maggior parte dell’elettorato regionale ha votato Lega, come si conferma a Ferrara; da segnalare inoltre che un terzo degli aventi diritto non si è recato al seggio elettorale, infine non di poco peso è la sconfitta del Movimento 5 Stelle a favore di un voto disgiunto di centro-sinistra, finalizzato a non far cadere il governo attuale. Rifondazione Comunista dell’Emilia Romagna, sin dall’inizio ha reputato imprescindibile continuare il percorso intrapreso cinque anni fa di proposta alternativa ai poli politici esistenti. Si è cercato di unire tutte le forze politiche che si riconoscevano negli ideali dell’antiliberismo, dell’anticapitalismo e del comunismo, ma purtroppo solo una parte ha aderito a questa proposta, mentre gli altri hanno intrapreso strade solitarie di autoreferenzialità, come a confermare l’immagine della sinistra suicida ed incapace di far fronte comune in modo incisivo contro le destre. Non appare scevro da ogni responsabilità, il fronte di coloro che potendo costruire un consenso indipendente a Sinistra ha preferito fare da stampella ad un Pd legittimandolo a posizioni sempre più spostate a destra; ma nel gioco di potere si sa è necessario stare dalla parte di chi ti garantisce qualcosa di concreto. Lo stesso movimento, più o meno spontaneo, delle Sardine si è schierato acriticamente dalla parte del governo uscente. In un prospettiva ai limiti della psicanalisi si è preferito fermare “la lega in sé”, a favore di un consolidamento “dell’autonomia differenziata in me”.

In conclusione a seguito dell’innegabile risultato disastroso, non è semplice ricominciare, ma è assolutamente necessario risalire questo impervio percorso di ricostruzione della Sinistra d’alternativa che ascolti la voce di coloro, che con un voto di protesta manifestano sofferenza e disagio, spesso provenienti da territori isolati geograficamente, quasi lasciati soli dalla politica. La riflessione sta anche ripartendo dalle consultazioni dei diversi organismi provinciali per decidere come continuare il percorso, per questo motivo appare improcrastinabile una profonda riflessione sulle modalità, sui processi e sull’utilità di presentarsi alle prossime competizioni elettorali in questo periodo storico con l’esiguità di risorse umane ed economiche a disposizione. Più importanti degli schieramenti aprioristici elettorali, ci saranno le lotte politiche, espressione delle specificità territoriali.

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Riceviamo e pubblichiamo


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

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