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Ancora mi sorprende Teresa Ciabatti con l’ultimo romanzo “Donnaregina”

Vite di carta. Ancora mi sorprende Teresa Ciabatti con l’ultimo romanzo “Donnaregina”

Nel marzo del 2022 Teresa Ciabatti mi scrive questa dedica a pagina 7 di Sembrava bellezza, l’ultimo suo libro di allora uscito un anno prima: “A Roberta, che si è ricreduta! Con gratitudine, Teresa”.

Parto da qui per testimoniare l’effetto che continua a produrmi la lettura di un libro scritto da lei. Deforma le mie percezioni, mi costringe ad aggiornare continuamente la scacchiera di categorie della ricezione letteraria con cui affronto ogni nuovo testo, come un cassetto degli attrezzi necessario alla lettura.

Insomma mi sorprende. Nel 2022 sbarcavo all’incontro con Ciabatti dopo avere letto La più amata, il libro con cui nel 2017 era stata finalista allo Strega, e Sembrava bellezza. Ero rimasta affascinata dalla scrittura, così inusuale, sempre in bilico tra verità e finzione; anzi ero caduta nella trappola del realismo della sua scrittura.

Dunque c’è voluta l’autrice in persona per farmi ricredere, per farmi cercare il fuoco del suo narrare sul piano del gioco letterario.

Gioca pesante anche stavolta la sua scrittura in Donnaregina. Non è tanto la trama del romanzo a dare corpo al libro: una giornalista, che è la voce narrante, intende ravvivare la propria carriera intervistando un boss della camorra che nel corso di una vita mirabolante è stato anche autore di libri, Giuseppe Misso.

Con ciò, dice, “faccia a faccia con una realtà a me sconosciuta…vengo sbalzata verso l’alto, in quanti vorrebbero essere al mio posto”.

Dall’intervista nasce poi l’idea di scrivere un libro su Misso, la sua biografia, e il racconto si dipana tra gli incontri con lui per ricostruirne il vissuto e la stesura degli appunti che la giornalista scrive copiosamente ma in modo caotico. Si inoltra anche dentro le vicende familiari e personali che intanto le accadono.

Viene fuori un accumulo di materiali che mette sulla pagina molte vite: dietro Misso compaiono le donne che ha amato, i figli, i parenti e gli altri boss, tutti tasselli che la narratrice accosta e fa reagire chimicamente per ottenere la persona che lui è stato ed è.

Tradendo l’idea iniziale di voler scrivere “la storia” di Giuseppe Misso, come afferma l’incipit del romanzo.

Dietro la narratrice  vengono fuori il marito, il fratello, l’amica malata e soprattutto la figlia adolescente che vive un momento difficile di depressione.

Dunque il tradimento continua e il libro diventa una nebulosa di storie, non la biografia di uno solo.

Il gioco letterario dà il meglio nel procedere su più piani, lavorando a sbalzo la superficie della pagina. In un continuo alternarsi dei piani temporali, l’io narrante dice ciò che accade e insieme ciò che ne pensa. E insieme ciò che ne avrebbe pensato una versione più giovane di sé.

Scopre aspetti imprevisti della personalità di Misso, l’amore per gli animali, il rapporto difficile col figlio. Indaga su rami collaterali del vissuto, pur sapendo di non avere il suo consenso. Allarga lo sguardo al mondo della camorra, conta quanti sono morti ammazzati da lui, quanti gli anni passati in prigione, quanto il bene fatto al rione Sanità di Napoli, ai bambini soprattutto.

Intanto affronta l’acuirsi della depressione della figlia, affronta la fase terminale della malattia dell’amica, incontra la morte dei suoi genitori per la seconda volta, quando il cimitero di Orbetello viene colpito da una alluvione e le salme vanno traslate altrove.

L’io narrante aggiunge altri piani di interlocuzione, non solo cede la parola a più versioni di sé ma si rivolge a chi legge per condividere il peso degli accadimenti.

Il gioco delle lineette accompagna questo sfagliarsi del racconto: frequentissime, non servono a introdurre il discorso diretto ma sono ascensori in movimento tra i diversi piani di un io che ora si guarda dentro ora scruta l’esterno, va all’indietro oppure in avanti nel tempo, vede col grandangolo le cose oppure punta lo sguardo sui dettagli.

Un esempio fra tanti  dalle prime pagine del libro: la voce narrante ha intervistato il boss, tuttavia il materiale che ha raccolto per scrivere l’intervista non basta e questo va comunicato al giornale: “Scusate – preparo il discorso al caporedattore – io non so come scusarmi – mi immagino argomentare – lui ha parlato solo d’inezie, ma siamo realisti, se non sono riusciti a farlo parlare poliziotti e magistrati…”

Mentre la stesura della biografia di Misso va incontro al suo prevedibile fallimento – a questo ci ha preparati la voce narrante ancora una volta inaffidabile – e il libro non si farà, Donnaregina sembra spostarsi dal suo senso iniziale, dal suo essere una piazza di Napoli, per investire la narrazione. La narratrice, più esattamente.

Lei, la cui voce è esitante, a tratti dubbiosa, a volte bugiarda, sa incantare con il suo sguardo obliquo sul fenomeno storico della camorra, con una ingenuità che assegna più forza allo straniamento. Sa deformare il ritratto di Misso ponendogli domande inusuali e mettendo il luce altro da ciò che lui si aspetta nel suo ruolo di capo storico, cercando la sua umanità.

Lei, l’autrice in persona. Che è più avanti dei suoi personaggi, come ammise in una intervista fatta nel 2021 a Chiara Valerio. E tutti li aggroviglia e li sfalda in più livelli di discorso, come se le interessasse la stratigrafia del personaggio più che la sua capacità di azione nel mondo.

Quale azione, se nella complessità che ci avvolge sono le oscillazioni e le incongruenze dell’io a interessarla ? La fatica di stivare dentro l’abisso che abbiamo dentro realtà e immaginazione, dimensione personale e dimensione politica, passato e presente, grandezza e mediocrità: materiali della vita in sé e della vita pensata che si sovrappongono e si mischiano.

Lo stile di Ciabatti, che vale da solo anche quest’ultimo libro, è il piano su cui si incontrano le forze in campo della narrativa e della vita. Per questo è così spigoloso, tutto un frammento di parole appuntite e di una loro struttura frasale breve. Obliqua.

Nota bibliografica:

  • Teresa Ciabatti, La più amata, Mondadori, 2017
  • Teresa Ciabatti, Sembrava bellezza, Mondadori, 2021
  • Teresa Ciabatti, Donnaregina, Mondadori, 2025
  • Giuseppe Misso, I leoni di marmo, Arte Tipografica, 2003

Cover: immagine tratta da https://pixabay.com/it/images/search/free%20image/

Per leggere gli altri articoli di Vite di carta la rubrica quindicinale di Roberta Barbieri clicca sul nome della rubrica o il nome dell’autrice

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Roberta Barbieri

Dopo la laurea in Lettere e la specializzazione in Filologia Moderna all’Università di Bologna ha insegnato nel suo liceo, l’Ariosto di Ferrara, per oltre trent’anni. Con passione e per la passione verso la letteratura e la lettura. Le ha concepite come strumento per condividere l’Immaginario con gli studenti e con i colleghi, come modo di fare scuola. E ora? Ora prova anche a scrivere

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