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Se c’è un evento capace di smuovere anche gli animi più coriacei, questo è il matrimonio. E’ pur vero che, secondo le più recenti indagini Istat, il numero di matrimoni è sensibilmente diminuito a partire dal 2013, annata in cui per la prima volta il numero delle celebrazioni è sceso sotto quota duecentomila, 13mila in meno rispetto l’anno precedente. Ma nonostante il trend negativo, ci si continua a sposare ed assistere a un matrimonio di quelli autentici, veri, desiderati visceralmente, magari agognati da tempo, rappresenta un momento di gioia unica. Non è solo questione di abiti eleganti per l’occasione, accuratissime location, folklore e tradizione, banchetti raffinati e musica per ogni palato; è molto di più.

Accompagnare due creature innamorate all’altare, piuttosto che in municipio o in qualsiasi altra ambientazione scelta, non importa quale, produce una sorta di osmosi che lega magicamente gli sposi al resto della platea in un’atmosfera di partecipazione che fa trattenere il fiato in un silenzio che ha quasi del sacro. Tutti percepiscono nello stesso momento all’unisono l’importanza dell’istante che implica una solenne promessa pronunciata con voce rotta, un impegno che i due festeggiati si assumono perdendosi l’uno negli occhi dell’altro, le intenzioni che li accompagneranno nel tempo a venire, gli obblighi di legge e quelli morali che costituiranno una colonna portante delle loro vite.

In quegli attimi si ripercorrono mentalmente le proprie storie ed esperienze esistenziali, come se gli sposi avessero la facoltà di scatenare nei presenti una sequenza di ricordi e memorie legati al vissuto di ciascuno. I giovani penseranno istintivamente con una vena di romanticismo a quando toccherà a loro, gli adulti scorreranno velocemente le tappe più significative della loro avventura matrimoniale ancora in essere o interrotta da vicende inaspettate, gli anziani rimpiangeranno la gioventù e l’energia che essa produce, augureranno ai giovani sposi tutto ciò che non hanno potuto raggiungere loro, con quella leggera mestizia tipica del tramonto. Tutti indossano per un tempo breve ma intenso, la loro dimensione umana più genuina che riconduce a quelle due figurine davanti, abbigliate per la loro grande festa tra fiori, passatoie di feltro bianco e drappi che i due non vedono nemmeno perché in quell’istante conta solo la presenza dell’altro. La musica rende ancora più suggestiva la cerimonia e più di uno piange senza nascondersi neanche tanto, perché il pianto rimane ancora la più sana rappresentazione dell’emozione forte.

Per un breve lasso di tempo la coppia che occupa la scena diventa l’esempio della felicità, è la felicità, ed intorno lo si avverte, lo si percepisce come fosse materializzata attraverso colori, suoni, odori e sapori. Le damigelle assolveranno al loro ruolo, quello che nell’antica credenza popolare prevedeva di raccogliersi attorno alla sposa per tenere lontani gli spiriti maligni, i genitori si sentiranno pienamente appagati e fieri di tanta bellezza, parenti ed amici daranno il via a momenti di pura creatività per enfatizzare, intrattenere, rendere ancora più memorabile la giornata. Verranno distribuite bomboniere che rispondono secondo consuetudine alla tradizione: cinque confetti per simboleggiare salute, prosperità, fertilità, lunga vita e felicità e poi si procederà con la canonica serata di danze, chiacchiere, confidenze, intrattenimento e leggerezza.

Liberi di essere quelli che si è, soddisfatti di potersi concedere una tregua così gioiosa capitata magistralmente ad intervallare abitudini, quotidianità e grigiore. Oggi sono protagoniste le emozioni sdoganate da vincoli scelti o imposti, sono protagoniste le relazioni umane vere, quelle che vibrano solo in certi momenti e vengono vissute come un miracolo che tutti sperano duri a lungo.

In questa giornata, non saranno i droni a distogliere dalla magia del momento e nemmeno gli iPad che qualcuno maneggia abilmente alzando le braccia, facendosi spazio fra le teste dei presenti.

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Liliana Cerqueni

Autrice, giornalista pubblicista, laureata in Lingue e Letterature straniere presso l’Università di Lingue e Comunicazione IULM di Milano. E’ nata nel cuore delle Dolomiti, a Primiero San Martino di Castrozza (Trento), dove vive e dove ha insegnato tedesco e inglese. Ha una figlia, Daniela, il suo “tutto”. Ha pubblicato “Storie di vita e di carcere” (2014) e “Istantanee di fuga” (2015) con Sensibili alle Foglie e collabora con diverse testate. Appassionata di cinema, lettura, fotografia e … Coldplay, pratica nordic walking, una discreta arte culinaria e la scrittura a un nuovo romanzo che uscirà nel… (?).

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno. L’artista polesano Piermaria Romani si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE
di Piermaria Romani


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