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UN MONDO FUORI BERSAGLIO: si apre oggi a Belem la 30^Conferenza sul Clima

UN MONDO FUORI BERSAGLIO: si apre oggi a Belem la 30^Conferenza sul Clima

“Tutti noi qui oggi comprendiamo che ci stiamo pericolosamente avvicinando ai punti critici della Terra, soglie oltre le quali i sistemi naturali da cui dipendiamo potrebbero iniziare a disgregarsi: lo scioglimento dei ghiacci polari. La perdita dell’Amazzonia. L’interruzione delle correnti oceaniche. Queste non sono minacce lontane. Si stanno avvicinando rapidamente e colpiscono tutti, indipendentemente da dove viviamo. Siamo la generazione che può cambiare le sorti della storia”, non per ricevere applausi, ma per ottenere la silenziosa gratitudine di chi deve ancora nascere. Questo, qui alla COP30, è il nostro momento. Non sprechiamolo. I nostri figli e nipoti ci guardano e sperano”.

Queste le parole con cui, il 6 novembre, il principe William è intervenuto, in rappresentanza di Re Carlo III d’Inghilterra, al vertice preparatorio della Conferenza delle Parti di Belém, in Brasile, il cui inizio è previsto oggi, lunedì 10 novembre, e che si protrarrà fino al 21 del mese in corso. Parole che, forse con un po’ più di veemenza, avrebbero anche potuto uscire dalla bocca di Greta Thunberg.

“Sono cresciuto con mio padre, il re, – continua il principe – parlando del potere della natura e dell’importanza dell’armonia nel mondo naturale, un argomento che ha sostenuto per cinque decenni”.

A dieci anni dalla firma dell’accordo di Parigi, non è certo tempo di festeggiamenti: il 6 novembre i capi di stato e di governo che iniziano a riunirsi a Belém hanno ammesso che il mondo non è riuscito a limitare il riscaldamento globale come sperato, cercando però di evitare il disfattismo”; chi scrive è l’agenzia di stampa francese AFP, e si può trovare sul sito di Internazionale del 7 novembre scorso (Vedi Qui).

“La finestra di opportunità per agire si sta chiudendo rapidamente”, ha avvertito il presidente brasiliano Lula da Silva a pochi giorni dall’apertura della conferenza delle Nazioni Unite sul clima Cop30, criticando duramente le “bugie delle forze estremiste che favoriscono la distruzione del pianeta”. E se il segretario generale delle Nazioni Unite António Guterres ha dichiarato che “la comunità internazionale non è riuscita a limitare il riscaldamento a 1,5 gradi in più rispetto all’era preindustriale, l’obiettivo più ambizioso dell’accordo di Parigi, definendolo un fallimento morale”, i circa trenta capi di stato e di governo presenti a Belém hanno lanciato un appello per una “conferenza della verità”, usando le parole di Lula, è il commento di AFP. La Cina, il paese con le maggiori emissioni di gas serra ma anche il principale motore della transizione energetica, ha colto l’occasione per chiedere “la revoca delle barriere commerciali sui prodotti verdi”.

Mentre il Brasile ha annunciato il lancio di un nuovo fondo, chiamato Tfff, il cui obiettivo è raccogliere fondi sui mercati finanziari per ricompensare gli stati che proteggono le foreste, la Norvegia si è impegnata a mettere a disposizione fino a tre miliardi di dollari.

Forti le critiche al presidente statunitense Donald Trump, contestato da molti dei leader presenti, a cominciare dal presidente cileno Gabriel Boric che ha accusato chi “ha scelto di ignorare o negare la realtà scientifica della crisi climatica”, fino al suo collega colombiano Gustavo Petro, il quale ha dichiarato “Trump essere contro l’umanità”.

“La disinformazione sul clima, le lobby dei combustibili fossili, la mancanza di fondi e il ritiro degli Stati Uniti dalla cooperazione climatica” è stata Ia denuncia fatta dai leader presenti alla Conferenza, anche se l’assenza della prima economia mondiale da Belém è stata accolta con un certo sollievo da chi temeva manovre ostruzionistiche durante i lavori della COP.

“Le Nazioni Unite, conclude il commento riportato da Internazionale, hanno chiesto che il superamento della soglia, previsto già prima del 2030, sia il più breve possibile, anche se, nella migliore delle ipotesi”, ha dichiarato ad AFP Johan Rockström, direttore dell’Istituto di ricerca sul clima di Potsdam, ci vorranno dai cinquanta ai settant’anni anni per tornare sotto la soglia di 1,5 gradi”.

La partecipazione dell’Italia alla Conferenza sul Clima è prevista con un Padiglione Italia concepito per valorizzare il ruolo del Paese nella lotta ai cambiamenti climatici e nella promozione della sostenibilità.
Il Padiglione Italia, si legge nel sito del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica nella parte dedicata alla COP30, rappresenterà una piattaforma strategica per valorizzare l’esperienza, l’innovazione e l’impegno dell’Italia per la sfida climatica, promuovendo il dialogo tra istituzioni, comunità scientifica, settore privato e società civile, e sarà articolato in due aree complementari, il Made for Our Future, che ospiterà incontri istituzionali, side event e momenti di confronto internazionale, e AquaPraça, una installazione, la “piazza galleggiante”, che salperà verso il Brasile, progettata da Carlo Ratti e presentata alla Biennale di Architettura 2025 di Venezia, rappresenterà un simbolo duraturo e concreto dell’impegno innovativo italiano per la sostenibilità e l’azione climatica.

Un’opera simbolica e funzionale, ancorata temporaneamente all’Arsenale veneziano, pronta a trasformarsi in uno spazio di confronto internazionale sul clima, dove innovazione, cultura e sostenibilità si incontrano.

“Venezia e Belém condividono una sfida comune: vivere e resistere in territori vulnerabili ai cambiamenti climatici. L’esperienza della laguna, salvata più volte dal sistema MOSE, dimostra che scienza e tecnologia possono diventare strumenti di salvaguardia quando dialogano con il patrimonio culturale”, ha dichiarato il Ministro dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, Gilberto Pichetto Fratin, intervenuto all’evento di lancio “ (vedi l’articolo su Circular Economy).

Tanti i commenti presenti sui media sulla Conferenza dell’ONU. Mario Agostinelli sul Fatto Quotidiano dello scorso 4 novembre afferma, già dal titolo del suo articolo, che La Cop30 di Belem segnerà il passaggio della leadership ambientale dall’Occidente a Cina e Brics.
Agostinelli critica la scelta dell’Italia del governo Meloni che “porterà alla COP di Belem in Amazzonia una posizione sostanzialmente negazionista a giustificazione del suo ritardo sugli obbiettivi assunti precedentemente a livello internazionale”. “Questo importante appuntamento, scrive il giornalista, non sembra incidere nel dibattito politico aperto nel nostro paese, anche se la crisi climatica va peggiorando”.

“La COP di Belem ha un alto valore simbolico e va contestualizzata – continua l’articolo del Fattocome un appuntamento rilevante per l’attenzione alla biosfera e al protagonismo dell’emisfero Sud del Pianeta, ed anche per questa ragione sarebbe rilevante una visione che superi il vecchio colonialismo dell’Occidente ricco, tutt’altro che esorcizzato dalle lobby energetiche che combattono le rinnovabili. I segnali più recenti che provengono dalla natura sono drammatici, con effetti riscontrabili anche in Europa, dove la temperatura media ha già superato la soglia di1,5°C, con ondate di calore ed eventi estremi che questa estate sono costati 43 miliardi di euro, di cui 12 all’Italia”.

In un articolo apparso il 5 novembre sul sito di Economia Circolare (Qui) si legge che “l’ONU prova a sensibilizzare gli Stati che parteciperanno alle negoziazioni in corso a Belém e lo fa attraverso l’atteso report del Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente (UNEP) sui nuovi impegni climatici, fissati nell’ambito degli Accordi di Parigi, il quale rileva che l’aumento della temperatura globale previsto nel corso di questo secolo è diminuito solo leggermente, lasciando il mondo in una grave escalation di rischi e danni climatici.”
Il rapporto dell’UNEP Emissions Gap Report 2025: Off Target, continua il magazine online, rileva che le proiezioni sul riscaldamento globale nel corso di questo secolo, basate sulla piena attuazione dei Contributi Nazionali Determinati (NDC) – ovvero gli impegni che si assumono sulla riduzione delle emissioni da parte dei Paesi che partecipano alla COP – sono ora di 2,3-2,5°C, rispetto ai 2,6-2,8°C del rapporto dello scorso anno. L’attuazione delle sole politiche attuali porterebbe a un riscaldamento di 2,8°C, rispetto ai 3,1°C dello scorso anno. Tuttavia, commenta il magazine, i nuovi NDC, di per sé, hanno a malapena spostato l’ago della bilancia, e i Paesi rimangono lontani dal raggiungere l’obiettivo degli Accordi di Parigi di limitare il riscaldamento al di sotto dei 2°C, mentre proseguono gli sforzi per rimanere al di sotto di 1,5°C.

“Gli scienziati ci dicono che un superamento temporaneo di 1,5° è ormai inevitabile, al più tardi a partire dai primi anni 2030. E il percorso verso un futuro vivibile diventa ogni giorno più ripido”, è la dichiarazione del segretario generale delle Nazioni Unite António Guterres nel suo messaggio sul rapporto. “Ma questo non è un motivo per arrendersi. È un motivo per fare un passo avanti e accelerare: 1,5° entro la fine del secolo rimane la nostra stella polare. E la scienza è chiara: questo obiettivo è ancora raggiungibile. Ma solo se aumentiamo significativamente le nostre ambizioni”.

Queste considerazioni sono molto importanti perché mettono in risalto le posizioni contrarie alla strada intrapresa per la sostenibilità ambientale sui cambiamenti climatici, e, come fa notare Agostinelli nell’articolo del Fatto Quotidiano, “mentre su indicazione di Trump arretra il Green Deal Europeo, è la premier italiana in persona a definire «ideologica» la sostenibilità ambientale, mentre corre in aiuto dell’industria continentale dell’automotive per tenere in vita motori endotermici – magari alimentati a biocarburanti – e sostiene le importazioni del gas liquido di Trump e Milei infrangendo l’obiettivo di emissioni climatiche zero al 2040”.

La COP30, come ricorda il titolo dell’articolo “segnerà probabilmente il passaggio della leadership ambientale dal mondo occidentale a Cina e Brics, accompagnato da un risveglio africano: un cambiamento che può dare un risalto internazionale alla COP che qui da noi non si intende sottolineare”.
Ecco allora che “il continente africano si va preparando ad un ruolo meno dipendente dai Paesi ricchi. Invece di continuare ad aspettare gli aiuti, l’Africa sta cercando di mobilitare investimenti nella sua transizione verde perché può così aiutare il mondo ad affrontare il cambiamento climatico” e in definitiva, “la logica estrattivista del passato, in cui l’industrializzazione si basava sullo sfruttamento e sulla distruzione, deve cedere il passo a un approccio più olistico, giusto ed equilibrato, che riconosca che gli esseri umani appartengono alla natura, non il contrario.”

In più, in seguito al ripensamento del Green Deal da parte della Von der Leyen e dell’abbandono dell’accordo di Parigi da parte di Trump, è probabile che l’attenzione per un esito non drammatico della COP 30 passi ai Paesi Brics ed in particolare, a Brasile e Cina. Infatti, conclude Agostinelli, “il leader cinese Xi Jinping, in relazione alle dichiarazioni sui cambiamenti climatici del presidente USA, ha replicato che «la transizione verde e a basse emissioni di carbonio è la tendenza del nostro tempo. Mentre alcuni paesi si stanno muovendo contro di essa, la comunità internazionale dovrebbe rimanere concentrata sulla giusta direzione». Una contrapposizione di non poco conto, con il nostro mainstream che si affanna a trascurare come il trend delle emissioni di anidride carbonica del comparto energetico cinese mostri una diminuzione del 3% nella prima metà del 2025 e come nel primo semestre del 2025 la Cina abbia installato 12 volte più potenza solare rispetto agli Usa”.

Unep.org, Emissions Gap Report 2025
FUORI BERSAGLIO, cover 2025 di Unep.org, Emissions Gap Report 2025

 

 

 

Le copertine dei report UNEP sulle emissioni sono famose, almeno per le persone addette ai lavori, perché sono molto pop, colorate e con un chiaro messaggio. Quella di quest’anno, ad esempio, è focalizzata su un bersaglio e una freccia che va distante dall’obiettivo centrale. Questo perché il rapporto rileva che la media pluridecennale dell’aumento della temperatura globale supererà 1,5°C, almeno temporaneamente. Sarà difficile invertire questa tendenza, secondo UNEP, perché questo richiederà riduzioni aggiuntive più rapide e più consistenti delle emissioni di gas serra per minimizzare il superamento, ridurre i danni alle vite e alle economie ed evitare un’eccessiva dipendenza da metodi incerti di rimozione dell’anidride carbonica. (Vedi Qui)

Anche la testata giornalistica LifeGate scrive sul suo sito il 6 novembre, a firma di Andrea Bartolini, un articolo dove si tratta dei dati sulla crisi climatica presentati dal report UNEP 2025. “La trentesima Conferenza mondiale sul clima delle Nazioni Unite si aprirà con l’ennesima notizia inquietante, è l’incipit. L’edizione 2025 del rapporto Emissions Gap del Programma per l’ambiente dell’Onu (Unep), indica quanta distanza ci sia ancora tra gli obiettivi fissati dalla comunità internazionale per limitare il riscaldamento globale e quanto promesso dai governi di tutto il mondo in termini di riduzione delle emissioni di gas ad effetto serra. I dati indicano che la distanza, oggi, è ancora enorme”. “I dati dell’UNEP sull’azione climatica sono inquietanti, scrive Bartolini: il documento valuta infatti gli impegni ufficiali inviati dagli stati all’Unfccc (la Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici). Nel 2015, prima della COP21 che portò all’approvazione dell’Accordo di Parigi, il Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente indicò che le promesse inviate dai governi erano largamente insufficienti, dal momento che avrebbero portato a una crescita della temperatura media globale, alla fine del secolo, rispetto ai livelli preindustriali, di oltre 3°. L’Accordo di Parigi indica invece che occorre rimanere al di sotto dei 2 gradi, e rimanendo il più possibile vicini agli 1,5 gradi. La differenza tra 1,5 e 2 sarebbe già quella che passa tra una crisi e una catastrofe climatica, secondo quanto indicato dall’Ipcc.

Le Nationally Determined Contributions, riproposte in una seconda versione, e partendo comunque dal presupposto che le promesse avanzate dai governi vengano rispettate per intero, furono ritenute ancora una volta insufficienti dalle Nazioni Unite che hanno chiesto perciò ai governi un terzo «tentativo». Le nuove promesse avrebbero dovuto essere inviate entro il 30 settembre scorso, ma non tutti i paesi del mondo lo hanno fatto.” Le NDC – ha commentato Inger Andersen, direttrice esecutiva dell’Unep – hanno certamente evidenziato qualche progresso, ma a un ritmo assolutamente troppo lento. Abbiamo bisogno di una riduzione delle emissioni senza precedenti, in una finestra temporale sempre più ridotta e in un contesto geopolitico sempre più difficile”.

“L’attuazione completa delle attuali NDC al 2035, rispetto ai livelli del 2019porterebbe ad una riduzione delle emissioni mondiali di circa il 15%, ma, per allinearsi a una traiettoria che consenta di centrare l’obiettivo degli 1,5 gradi occorrerebbe invece arrivare a un -55%. La distanza, insomma, è ancora gigantesca, conclude Bartolini.

Ed è per questa ragione che, nonostante tutti i problemi, la COP30 di Belém rappresenta comunque un’opportunità unica per tentare di rilanciare l’azione climatica. «Il momento di agire è adesso, ma i nostri dirigenti dormono al volante, portandoci a catastrofi come quella dell’uragano Melissa, sofferenze umane, perdite economiche e ingiustizia climatica», ha sottolineato Jasper Inventor, dirigente di Greenpeace International.

Non resta quindi che attendere la chiusura della Conferenza delle Parti per sapere se le tante aspettative che gravano su questo evento verranno rispettate per dare speranza e futuro alla Terra.

Immagine di copertina di Il bo live università di Padova

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Gian Gaetano Pinnavaia

Ho lavorato come ricercatore presso l’Alma Mater Università di Bologna nel settore delle Scienze e Tecnologie Alimentari fino al novembre 2015. Da allora svolgo attività didattica come Docente a Contratto. Ferrarese di nascita ma di origini siciliane. Ambientalista e pacifista fin dagli anni degli studi universitari sono stato attivo in Legambiente e successivamente all’interno di Rete Lilliput di Ferrara fin verso il 2010. Attualmente faccio parte della Rete per la Giustizia Climatica di Ferrara. Sono socio dell’Associazione culturale Cds OdV – Centro ricerca Documentazione e Studi economico-sociali, del cui direttivo faccio parte e collaboro da anni all’Annuario socio-economico ferrarese. Nel 1990 sono stato eletto con la lista “Verdi Sole che ride” nel Consiglio Comunale di Ferrara fino al 1995; in seguito, dal 1999 al 2004 consigliere della Circoscrizione Nord per la lista “Verdi”.

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