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Sono passati solo 10 mesi da quando scrivevo della non opportunità a ospitare al Parco Giorgio Bassani il Comfort Festival (Bellezza, Musica e Cibo), patrocinato da Amministrazione e Teatro Comunale di Ferrara e che lì si è svolto il primo fine settimana di settembre, ma anche qualsiasi altro tipo di eventi di questo genere.

Nelle ultime settimane di questo caldo e secco giugno molte associazioni ambientaliste e animaliste ferraresi, assieme a tanti singoli cittadini, hanno dato vita al comitato Save The Park in seguito all’annuncio del concerto di Bruce Springsteen, tappa ferrarese del tour in programma per il 18 maggio del prossimo anno, prevista proprio al parco Bassani.

Il comitato si è dichiarato contrario all’utilizzo per il concerto della parte pubblica del parco Urbano, al fine di preservarne l’aspetto faunistico e paesaggistico e per gli aspetti logistici particolarmente problematici che ne deriverebbero. Gli aderenti al comitato propongono una scelta alternativa a quella iniziale, l’area a sud della città dove sorge l’Aereoclub Volovelistico Ferrarese.

E’ l’ambiente del Parco Giorgio Bassani a comportare aspetti problematici e a non essere, non solo a mio parere e come più volte argomentato, il luogo adatto a queste iniziative e a qualsiasi altro tipo di eventi come quelli organizzati negli ultimi anni.

Il Parco Urbano, si rammenta ancora una volta, nasce dall’idea, legata al Progetto Mura, di “sistemare a parco un’area comunale quale naturale sviluppo della grande Addizione Erculea che ha fatto della nostra la prima città moderna d’Europa”, e che Paolo Ravenna, allora presidente di Italia Nostra, nell’ottobre del 1978, nell’ambito del Symposium internazionale di architetti e urbanisti tenutosi a Ferrara, aveva battezzato come Addizione Verde. Si tratta di un’area di circa 13 Kmq posta tra le mura nord della città e il Po, in seguito sviluppata (in particolare da una serie di interventi tra il 1995 e il 2000) attraverso un progetto affidato all’Istituto Universitario di Architettura di Venezia nell’ambito di una convenzione stipulata con il Comune di Ferrara[1]. Nel marzo del 1979 Giorgio Bassani plaudiva alla proposta che, all’epoca, poteva “apparire come una semplice, deliziosa utopia, di collegare il perimetro dell’antico Barco del Duca sino a contatto col Po“.

L’architetto Giulia Tettamanzi nella sua tesi di dottorato[2], scrive più recentemente che la pur saggia scelta di tutelare il territorio del Barco, non ha costituito una ragione sufficiente per assegnare al Parco Nord lo stesso successo culturale e sociale del Parco delle Mura, non evolvendo oltre la semplice tutela, subendo l’operazione di valorizzazione culturale e funzionale un rallentamento. Il nodo della questione – afferma Tettamanzi – rimane la difficoltà contingente di adattare in modo efficace” l’area in questione “ai modelli di vita attuali”, e se un qualche sviluppo vi è stato, certamente non con la stessa determinazione e chiarezza di obiettivi, né con gli stessi risultati ottenuti nel restauro delle mura. E’ mancata una politica di valorizzazione capace di proporre una funzione sostenibile per il territorio, che dalle mura al Po oggi alterna campi coltivati a terreni incolti, campi da golf a zone grossolanamente attrezzate a parco urbano, aree con aspetto di naturalità, a un depuratore, a un ex inceneritore e, si può aggiungere, un campeggio comunale attualmente in disuso.

In un articolo del 2003[3] Stefano Lolli, oltre a descrivere questa situazione, ricordava come Bassani definisse la prospettiva di collegare le mura Nord e il Po una risposta morale ed estetica della città, e come chiedesse a Ferrara, alle sue associazioni culturali e alle istituzioni, non tanto coraggio, ma soprattutto idee chiare. Mentre si stava definendo il Progetto Mura, scrive Lolli, dal 1986 iniziò a prendere corpo la sistemazione a parco dell’area comunale di cento ettari che rappresentava il primo nucleo dell’Addizione Verde […] che è l’area ad uso pubblico limitrofa al Parco delle Mura e che oggi vede una destinazione e un utilizzo probabilmente non previsti nei progetti originari. In questa fascia sono insediate diverse “funzioni”: gli orti, il campo da golf (ampliato in questi ultimi anni verso nord), gli impianti natatori, anche questi di recente ricostruiti e ingranditi, il centro per il tiro con l’arco, il Centro Sportivo dell’Università, il campeggio, come detto oggi in stato di abbandono. Funzioni, afferma Tettamanzi, per le quali è mancato un progetto coordinatore che, soprattutto, proponesse chiari indirizzi quale luogo di interfaccia tra la città murata e la campagna coltivata2, e che ha portato, per quasi vent’anni, a un uso del Parco non compatibile rispetto alle finalità con cui era stato ideato, e che è “area di particolare interesse paesaggistico e ambientale”, come recita il Piano Paesistico Regionale.

Molte le considerazioni e le riflessioni che si potrebbero fare, ma non è l’obiettivo di questo scritto. Solo qualche riga può essere utile per citare le proposte più rilevanti rispetto al progetto originario che non sono state realizzate. In primo luogo la rinaturalizzazione dell’ex-discarica nei pressi della motorizzazione civile e relativa trasformazione a parco pubblico, poi la messa a dimora di alberi e vegetazione arbustiva molto più numerosa di quella attuale necessaria in quanto elemento capace di “contribuire ad abbattere i livelli di inquinamento dell’aria che incombono su Ferrara”, ma anche “la piantumazione di alberi da frutto al fine di dare all’area una valenza di orto o giardino, in sintonia con le radici storiche del Parco”, l’acquisizione, a nord dell’attuale spazio pubblico, tra via Canapa e via Gramicia, della fascia di terreno e dei fabbricati presenti, conosciuti come possessione Sant’Antonio, che avrebbe dovuto diventare, in seguito ad opportuna ristrutturazione, il Centro Servizi del Parco (con punto informazioni, ristorante agrituristico, noleggio biciclette, ecc.), dotato di personale (un direttore e due operatori) con funzioni di manutenzione e custodia, supportati da volontari quali guardie ecologiche e membri di associazioni ambientaliste e naturalistiche per la gestione delle strutture e delle attività tra cui la riconversione del terreno ad agricoltura biologica e rimboschimento. Infine la realizzazione, in diversi punti, di torrette di avvistamento della fauna e di osservazione del Parco. Un vero e proprio progetto orientato alla fruizione naturalistica del Parco!

Per finire credo che la costituzione di questo comitato sia una occasione importante per affrontare, assieme ad altre simili iniziative che hanno preso corpo più o meno di recente in varie parti del paese, la questione dell’impatto ambientale e sociale dei grandi eventi e del rapporto di questi con gli spazi naturali. Tema sempre più di attualità anche in relazione ai problemi sempre più stringenti e drammatici che tutti siamo chiamati ad affrontare e che sempre più interesseranno le vite nostre e delle generazioni future.

“Tra le cose che la società moderna ha danneggiato c’è sicuramente il pensiero. Sfortunatamente, una delle idee più danneggiate è quella di Natura. Come siamo arrivati a considerare quella che chiamiamo “Natura” come un semplice oggetto che sta lì da qualche parte? Dobbiamo per forza affidarci a teorie nuove e aggiornate, che poi ripropongono lo stesso concetto, solo in una versione più sofisticata e alla moda? Quando capisci che tutto è interconnesso, non puoi più aggrapparti all’idea di Natura intesa come oggetto solido e unitario: smette di essere una semplice presenza che se ne sta lì, fuori di te.”

Timothy Morton, Ecologia Oscura – Logica della coesistenza futura, LUISS University Press, Roma, 2021

 

[1]Ferrara, Progetto per un parco”, Cluva Università, 1982.

[2] Giulia Tettamanzi, “Il Parco Nord a Ferrara. Un progetto aperto”, Quaderni della Ri-Vista. Ricerche per la progettazione del paesaggio, Firenze, University Press, n. 4, vol. 1, 2007.

[3] Stefano Lolli, “Il Parco Bassani”, in “Ferrara, Voci di una città”, n. 19, 2003.

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Gian Gaetano Pinnavaia

Ho lavorato come ricercatore presso l’Alma Mater Università di Bologna nel settore delle Scienze e Tecnologie Alimentari fino al novembre 2015. Da allora svolgo attività didattica come Docente a Contratto. Ferrarese di nascita ma di origini siciliane. Ambientalista e pacifista fin dagli anni degli studi universitari sono stato attivo in Legambiente e successivamente all’interno di Rete Lilliput di Ferrara fin verso il 2010. Attualmente faccio parte della Rete per la Giustizia Climatica di Ferrara. Sono socio dell’Associazione culturale Cds OdV – Centro ricerca Documentazione e Studi economico-sociali, del cui direttivo faccio parte e collaboro da anni all’Annuario socio-economico ferrarese. Nel 1990 sono stato eletto con la lista “Verdi Sole che ride” nel Consiglio Comunale di Ferrara fino al 1995; in seguito, dal 1999 al 2004 consigliere della Circoscrizione Nord per la lista “Verdi”.

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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