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Ne hanno scritto quest’estate Le Monde e il Guardian, rilanciata in settembre dalla rivista Internazionale, la notizia per noi della Città della Conoscenza è di quelle golose. Una storia tipo il “Principe e il povero” di Mark Twain, una storia di solidarietà tra condizioni sociali opposte, una storia di riscatti.
La reggia è il prestigioso, esclusivo liceo Buffon nel quindicesimo arrondissement di Parigi, gli attori i suoi studenti e i giovani di cui l’associazione Impulsion 75 si prende cura, per riconciliarli con se stessi, con la famiglia, con la società. L’obiettivo è quello di contrastare gli effetti della dispersione scolastica e di combattere l’emarginazione sociale. Qualcosa che tocca la carne viva del nostro Paese, col suo 17,6% di drop out che ci colloca nelle retrovie delle classifiche Ocse, con circa 70 miliardi di costo all’anno, pari al 4% del Pil.
Il problema investe soprattutto il Sud Italia, con punte del 35% nella sola Sardegna e Sicilia, con Caltanissetta che totalizza il 41,7% di dispersione al termine del quinquennio delle superiori.
Negli ultimi 15 anni, il 31,9% degli studenti delle superiori non ha portato a compimento il suo percorso di studi, ben uno su 3. Giovani tra i 15 e i 24 anni che per effetto della rigidità del nostro sistema scolastico, si affacciano alla vita già perdenti, destinati ad essere cittadini a metà, neppure precari del lavoro, ma precari della vita.

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Il preside con alcuni dei ragazzi

L’esperienza che nasce dall’incontro tra il liceo Buffon di Parigi e l’associazione Impulsion 75 sta a dimostrare che anche la scuola può mostrare il suo volto migliore, che tante sono le strade che si possono percorrere per recuperare tutte quelle ragazze e quei ragazzi che la scuola non ha saputo trattenere e che la chiave di tutto è la fiducia, avere fiducia nei giovani, offrire loro possibilità e alternative, essere in grado di incontrare i loro bisogni che sono soprattutto di essere accettati e ascoltati.
E così il liceo Buffon ha fatto, aprendo le sue aule e i suoi laboratori a questi giovani, spesso etichettati come ‘difficili’, mettendo a disposizione i suoi insegnanti e i suoi studenti. Ha accolto i ragazzi e le ragazze dell’associazione Impulsion 75. Più di 150 giovani, alcuni dei quali con precedenti penali, che hanno ricominciato a sperare, frequentando un corso di cinque settimane per recuperare autostima e costruirsi una prospettiva di impiego.

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Laboratori di teatro

Mentre loro frequentano queste “classi preparatorie per l’occupazione e il futuro”, i loro colleghi, più fortunati, studiano nelle aule vicine per prepararsi ad entrare nelle università francesi. Ma l’incontro ha creato solidarietà e aiuto reciproco, una sorta di ‘cooperative learning’ sui generis, del tutto originale, una presa in carico dei loro compagni arrabbiati contro tutto e tutti, offrendo loro amicizia, aiuto, consigli e, perché no, l’esempio che si può anche non odiare la scuola.
Hanno iniziato in palestra con il tirare di pugni, un modo per conoscersi e per non temersi, per costruire quelle amicizie che solo i ragazzi sanno impalcare. Sì perché, tra le altre cose, il progetto di Impulsion 75 prevede questo.
Il programma organizzato dal liceo Buffon e Impression 75 dura cinque settimane e comprende sport, corsi di teatro, seminari che vanno dall’autostima al diritto, dalla salute all’impresa.

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Allenamenti di pugilato al Liceo Buffon

È proprio la possibilità di fare sport che spesso convince questi ragazzi ad accettare l’offerta di Impulsion 75, a tentare di recuperare un vivere regolare e ordinato delle loro giornate. Alle 9,30 si inizia con il pugilato o uno sport di squadra. Due mattine alla settimana c’è l’improvvisazione teatrale. Durante la pausa pranzo i ragazzi siedono con gli altri studenti e con gli insegnanti del liceo Buffon che li sostengono e li incoraggiano a progredire.
Nel programma di recupero di Impulsion 75 c’è pure il gioco, è il Parigi express che si svolge in giro per la città per imparare a relazionarsi correttamente con gli altri. Ogni mercoledì si visita una grande azienda e qui ci si ferma a mangiare. Alla fine dello stage di cinque settimane, le ragazze e i ragazzi perfezionano il loro progetto professionale, girano un video di presentazione di sé, si allenano a sostenere i colloqui di lavoro, impersonando loro il ruolo dei reclutatori, mentre i candidati sono interpretati dai loro compagni studenti del liceo Buffon.
I risultati sono impressionanti. Nel 2013 l’86% dei ragazzi coinvolti nel programma ha trovato un lavoro o ha frequentato un corso di formazione.
Seimila euro è il costo per ragazzo di questo progetto, finanziato per metà dal pubblico, stato, enti locali, Unione europea e per metà con fondi privati. Ben poca cosa, se si pensa che i francesi hanno calcolato in 230.000 euro nell’arco di una vita il costo di ogni ragazzo che abbandona la scuola. In Francia sono 140.000 ogni anno, da noi oltre 180.000.
Il nostro Paese che ha una splendida storia di inclusione e di integrazione nella scuola, ancora stenta a far fronte all’emergenza della dispersione scolastica. Le timide proposte di questo governo di aprire le scuole per corsi di recupero pomeridiani fanno sorridere di fronte alla portata di una esperienza come quella qui raccontata.
La scuola di tutti non può escludere nessuno. Se accade, è difficile che possa essere colpa solo di chi ancora sta crescendo, e non, prevalentemente, di chi, adulto, è già cresciuto.
Per questo una scuola è davvero aperta solo se sa mettersi a disposizione piena delle necessità di quanti ha escluso.

Per saperne di più leggi il servizio su Le Monde  [vedi] e visita il sito di Impulsione75 [vedi] in lingua francese.

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Giovanni Fioravanti

Docente, formatore, dirigente scolastico a riposo è esperto di istruzione e formazione. Ha ricoperto diversi incarichi nel mondo della scuola a livello provinciale, regionale e nazionale. Suoi scritti sono pubblicati in diverse riviste specializzate del settore. Ha pubblicato “La città della conoscenza” (2016) e “Scuola e apprendimento nell’epoca della conoscenza” (2020). Gestisce il blog Istruire il Futuro.

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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