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A 68 anni, dopo lunga malattia, ci lascia Francesco Nuti. “La creatività è l’arma segreta per affrontare le difficoltà della vita”, diceva. 

Nel giorno del clamore, quello della morte di Silvio Berlusconi, se ne è andato, in grande silenzio, Francesco Nuti. In silenzio, sommessamente, quel silenzio che lo avvolgeva da anni, dopo la depressione, l’incidente che lo aveva costretto su una sedia a rotelle, la solitudine. Senza voce. Nessun applauso, lontani i tempi del successo che fu.

Un genio triste che ci lascia, ma con lui tanti sono i ricordi. Per me sono immediatamente due: I Giancattivi, con Alessandro Benvenuti e Athina Cenci con i quali, nel 1981, esordisce con Ad ovest di Paperino e Caruso Pascoski (di padre polacco), del 1988. Quel “dammi un bacino” che faceva tanto ridere mamma, allora come ora. Quante volte, all’epoca, rivedevamo quel VHS e oggi, ancora, il DVD. Una delle scene più belle…

Erano gli anni 80, Nuti spopolava al botteghino, piaceva, tanti i film dalla comicità originale: basti ricordare Madonna che silenzio c’è stasera (1982) o Io, Chiara e lo Scuro (1983), con Giuliana De Sio, film ambientato nel mondo dei giocatori di biliardo per cui vince il David di Donatello e il Nastro d’argento come migliore attore protagonista.

Seguono tanti altri successi: Son contento (1983), Casablanca, Casablanca (1985), per il quale riceve il secondo David di Donatello come migliore attore protagonista (candidato anche come miglior regista esordiente), Tutta colpa del paradiso (1985, per cui è candidato al David di Donatello come migliore attore protagonista), Stregati (1986), Caruso Pascoski (di padre polacco) (1988), Willy Signori e vengo da lontano (1989) e Donne con le gonne (1991). Quest’ultima, nella stagione 1991/92, batte ogni record d’incassi, segnando il momento di maggior successo nella carriera di Nuti che di quel film fu sceneggiatore, regista e attore protagonista al fianco di Carole Bouquet.

Nello stesso periodo si dedica anche alla musica. Nel 1988 partecipa al Festival di Sanremo con Sarà per te, poi incisa anche da Mina,

e, con Mietta, duetta Lasciamoci respirare, composta da Biagio Antonacci, nel 1992.

Seguono OcchioPinocchio (1994), Il signor Quindicipalle (1998), Io amo Andrea, con Francesca Neri (2000) e Caruso, zero in condotta (2001), che ottengono, però, tiepidi consensi. Nulla è come prima. Inizia il declino inesorabile.

Poi il silenzio. Depressione e malattia chiudono una carriera riconosciuta, nel 2019, con il Premio Internazionale Vincenzo Crocitti, ritirato dalla figlia Ginevra.

Un documentario a lui dedicato dal titolo Francesco Nuti… e vengo da lontano viene presentato al Festival Internazionale del Film di Roma 2010.

Il 29 settembre 2011 esce, con Rizzoli, Sono un bravo ragazzo – Andata, caduta e ritorno, biografia a cura del fratello Giovanni.

L’11 maggio 2014, partecipa a una festa organizzata per il suo 59º compleanno dagli amici di sempre, Leonardo Pieraccioni, Carlo Conti, Giorgio Panariello e Marco Masini al Mandela Forum di Firenze, alla quale partecipano circa 7.000 persone. Perché Francesco non era poi solo, molto lo amavano, tanto.

Di Francesco ricordiamo il sorriso buffo, quelle fossette che intenerivano, gli occhi buoni, quell’accento toscano che sapeva di magia di altri tempi, la sagacia e l’intelligenza di un artista talentuoso, giocoso, originale e sincero. Trasparente.

Fra tutti i ricordi, a noi piace e commuove particolarmente quello personalissimo del critico cinematografico Giovanni Bogani su The Hollywood Reporter: la telefonata il giorno di Natale, l’intervista in elicottero, la struggente solitudine. Un delicato ritratto.

Addio Francesco, sorridi con gli angeli.

A Nuti saranno dedicati gli spazi di Manifatture Digitali Cinema di Prato

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Simonetta Sandri

E’ nata a Ferrara e, dopo gli ultimi anni passati a Mosca, attualmente vive e lavora a Roma. Giornalista pubblicista dal 2016, ha conseguito il Master di Giornalismo presso l’Ecole Supérieure de Journalisme de Paris, frequentato il corso di giornalismo cinematografico della Scuola di Cinema Immagina di Firenze, curato da Giovanni Bogani, e il corso di sceneggiatura cinematografica della Scuola Holden di Torino, curato da Sara Benedetti. Ha collaborato con le riviste “BioEcoGeo”, “Mag O” della Scuola di Scrittura Omero di Roma, “Mosca Oggi” e con i siti eniday.com/eni.com; ha tradotto dal francese, per Curcio Editore, La “Bella e la Bestia”, nella versione originaria di Gabrielle-Suzanne de Villeneuve. Appassionata di cinema e letteratura per l’infanzia, collabora anche con “Meer”. Ha fatto parte della giuria professionale e popolare di vari festival italiani di cortometraggi (Sedicicorto International Film Festival, Ferrara Film Corto Festival, Roma Film Corto Festival). Coltiva la passione per la fotografia, scoperta durante i numerosi viaggi. Da Algeria, Mali, Libia, Belgio, Francia e Russia, dove ha lavorato e vissuto, ha tratto ispirazione, così come oggi da Roma.

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Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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