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oriana-e-alekos-593x443Ti rifugi in una stanza, penna, carta e calamaio. Una luce. Forse oggi un notebook. Tu e la scrittura. Soli. In una simbiosi perfetta. Fuori il mondo, semplicemente. La passione dello scrittore, non del giornalista. La differenza. Ma uno scrittore e il suo sogno. Capisci, comprendi, senti condividi. L’empatia, rimanendo in uno spazio chiuso, confinato. Oriana, questo era, questo voleva essere, uno scrittore. Nel suo libro Solo io posso scrivere la mia storia, Autoritratto di una donna scomoda, questa passione permea ogni pagina, ogni riga, ogni parola, ogni singola sillaba. Ogni fatto ha la sua anima, ogni descrizione il suo respiro, una sensazione. E Oriana crede che il racconto sia la sostanza di ogni evento.

Dai suoi incontri del periodo della Resistenza, quando da bambina, di nascosto dal padre, aveva visto sfilare, a Firenze, Hitler e Mussolini, con una zia sposata a un fascista, a quelli con Soraya, Khomeini e Kissinger fino alle fangose trincee del Vietnam e alla tenda discussa di Gheddafi, emerge sempre l’anima di uno scrittore. Forse un po’ la distinzione che l’inglese riesce a fare bene, con la sua precisione: non history ma story. Un’avventura che si vive fino in fondo. E se un giornalista deve stare in strada per scrivere, vivere l’asfalto, uno scrittore ha invece bisogno del silenzio, di uno spazio chiuso dove raccogliersi e isolarsi. Oriana così ha fatto, nel tempo, per scrivere pagine memorabili come quelle dedicate ad Alekos Panagoulis, in una ricerca spasmodica della perfezione della lingua. Scrivere bene, come diceva Hemingway, è come un campo di neve privo di buche, sassi o inciampi, accarezzare gli occhi di chi legge, farlo sentire come portato via dal vento, scivolando delicatamente.

7294252_1953448Ogni parte di questo bel libro riporta nella storia, in quella vissuta emozionandosi, con la consapevolezza di avere la fortuna di fare parte. Anche l’amore, non solo quello per la scrittura, pervade l’inchiostro della penna di Oriana, quell’amore intenso per un uomo rimasto solo, il suo Alekos, dal volto di un Gesù crocifisso, un compagno di vita ucciso dai nemici del Watergate greco, incontro anche politico e intellettuale, grido d’amore e disperazione, inno alla libertà. Ma cos’è mai la libertà? “Una somma di idee non riconducibili a una singola idea, un mosaico di interpretazioni, quindi contraddizioni implicite. Forse perché, più che un concetto, la libertà è un sentimento e razionalizzare un sentimento è impossibile. … ho visto libertà ferite, anzi assassinate, in nome di quella libertà. Ho visto apostoli della libertà trasformarsi in carnefici della libertà, in nome di quella libertà. Ho visto promuovere e fare guerre ingiuste, rivoluzioni false, in nome di quella libertà”. Se poi non abbiamo anche la libertà di scegliere se nascere o meno, perché qualcun altro sceglie per noi, cosa significa veramente questa parola? La libertà in assoluto, in fondo, non esiste.

“Nella mia vita ho visto molte brutte cose. Molte. Sono nata in una tirannia, sono cresciuta in una guerra, e per gran parte della mia esistenza ho fatto il corrispondente di guerra. Per anni (in Vietnam, otto) ho vissuto al fronte. Ho seguito battaglie, ho subito sparatorie e cannoneggiamenti e bombardamenti, ho testimoniato l’umana crudeltà e imbecillità”. Questo il filo conduttore di una biografia che mai Oriana avrebbe autorizzato. Eppure questa donna scomoda, come lei stessa si definisce, non ha fatto altro che scrivere e raccontare la sua storia incredibile e straordinaria, fino alla malattia che non l’ha fermata. Queste pagine la delineano nella sua più intensa profondità, pensieri trancianti e precisi tratti dai suoi quaderni che utilizzava per preparare meticolosamente ogni intervista: i numerosi, fitti e concitati appunti autobiografici, note che utilizzava ampliate nei suoi libri. E anche bozze di letture pubbliche o di interventi in cui si metteva nei panni dell’intervistatore che avrebbe incontrato provando a rispondere a domande su di sé e la propria vita. Questi scritti, che trattano anche di temi come malattia, matrimonio e figli mai nati, restituiscono con precisione il carattere e il pensiero di una donna unica, capace di maltrattare grandi leader politici e famosi ed eleganti divi di Hollywood, consegnando ai suoi lettori il testamento di una vita leggendaria. Solo lei poteva raccontarsi. E così intensamente. Nessun altro.

Oriana Fallaci, Solo io posso scrivere la mia storia, Autoritratto di una donna scomoda, Rizzoli, 2016, 272 p.

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Simonetta Sandri

E’ nata a Ferrara e, dopo gli ultimi anni passati a Mosca, attualmente vive e lavora a Roma. Giornalista pubblicista dal 2016, ha conseguito il Master di Giornalismo presso l’Ecole Supérieure de Journalisme de Paris, frequentato il corso di giornalismo cinematografico della Scuola di Cinema Immagina di Firenze, curato da Giovanni Bogani, e il corso di sceneggiatura cinematografica della Scuola Holden di Torino, curato da Sara Benedetti. Ha collaborato con le riviste “BioEcoGeo”, “Mag O” della Scuola di Scrittura Omero di Roma, “Mosca Oggi” e con i siti eniday.com/eni.com; ha tradotto dal francese, per Curcio Editore, La “Bella e la Bestia”, nella versione originaria di Gabrielle-Suzanne de Villeneuve. Appassionata di cinema e letteratura per l’infanzia, collabora anche con “Meer”. Ha fatto parte della giuria professionale e popolare di vari festival italiani di cortometraggi (Sedicicorto International Film Festival, Ferrara Film Corto Festival, Roma Film Corto Festival). Coltiva la passione per la fotografia, scoperta durante i numerosi viaggi. Da Algeria, Mali, Libia, Belgio, Francia e Russia, dove ha lavorato e vissuto, ha tratto ispirazione, così come oggi da Roma.

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno. L’artista polesano Piermaria Romani si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE
di Piermaria Romani


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