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NAZISTA A MILANO – Simon Wiesenthal, il celebre giustiziere ebreo che assicurò alla giustizia umana, e (se c’è Dio) a quella divina, Karl Adolf Eichmann, l’organizzatore dello sterminio degli ebrei, venne a Milano subito dopo l’esecuzione del secondo Adolf germanico dopo Hitler: si era all’inizio del 1963. Era un uomo voluminoso, Wiesenthal, gentile come sono i tedeschi quando sono gentili, un uomo intelligente, ma, si vedeva da come si muoveva, molto pratico, “lo sono diventato – mi disse – dal momento in cui sono uscito dal lager nel 1945 e mi ripromisi di dare la caccia ai massacratori”. Il “grande cacciatore”, come veniva chiamato, era venuto a Milano per presentare il suo libro (allora celebre, ora dimenticato) “Gli assassini sono tra noi” e fu proprio in quella occasione che ebbi la possibilità di conoscerlo di persona e, nei giorni successivi, di frequentarlo, perché a Milano aveva da compiere una sua missione: la cattura di tale Rajakovic, ex braccio destro del dottor Mengele, quello che faceva esperimenti, tra l’altro, sui bambini ebrei. Con un mio collega – allora lavoravo all’agenzia giornalistica Italia di Enrico Mattei – decidemmo di dargli una mano e fu così che si scoprì che il signor Rajakovic a Milano si faceva chiamare Raja e aveva aperto un ufficio di import-export in viale Maino, quasi in piazza Tricolore. Ma Rajakovic, o Raja, l’uomo che aveva fatto torturare e uccidere centinaia, forse migliaia, di piccoli innocenti, era stato avvertito che Wiesenthal era calato nel capoluogo lombardo, aveva fatto le valige ed era scomparso con il figlio. I locali del suo ufficio erano ormai deserti, due scrivanie, un armadio e qualche sedia. Wiesenthal non trovò mai più la belva Raja, fuggita, si disse, in Sud America, soprattutto Brasile e Argentina, i cui governi forse avevano deciso di traformarsi in parrucchieri genetici facendo diventare bionde le nere teste degli abitanti. Partendo da Milano Wiesenthal mi diede il suo libro fresco di stampa. Con una dedica. Grazie.

BELLA CIAO – Mi unisco a coloro che hanno sottolineato come l’inno della Resistenza “Bella ciao” sia diventato il canto di coloro che nel mondo credono nella libertà, non una libertà qualsiasi, troppo spesso trasformata dai potenti in libertà di soffrire e morire, ma la libertà vera, quella che, quando respiri, senti che allarga i polmoni, quella che, quando guardi il mondo, lo vedi colorato. “Bella ciao”, un bel fiore nasce sempre sulla tomba delle persone giuste e libere.

BLOGGER – Ho sentito con le mie orecchie un bel bambino di sei-sette anni dire alla mamma: “Mamma, da grande voglio fare il blogger”. Bravo bambino, io volevo fare Gesù Cristo.

LA POLIS – La città, in greco polis, è diventata una desinenza. Fu chiamata “Tangentopoli” la Milano da mangiare, non da bere, la città, la polis della corruzione. Da allora si usa poli come desinenza, l’ultima parola così coniata è “aumentopoli”: il comico potere dell’ignoranza.

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Gian Pietro Testa


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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