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Chi ha viaggiato in Africa o conosce abbastanza bene i paesi africani, soprattutto quelli della zona sub-sahariana, avrà notato sicuramente che i manifesti pubblicitari (di prodotti o iniziative) non sono quelli tradizionali, fatti di carta stampata, ma sono dipinti sui muri stessi. I disegni danno vita a muri e pareti a volte dimenticati o abbandonati, facendoli uscire da anonimato, insignificanza e invisibilità. Quasi miracolosamente. Pubblicità viene da pubblico, da collettivo e familiare. Nulla di più naturale, quindi, del fatto che, se si vuole far conoscere qualcosa o qualcuno, o mandare un messaggio chiaro, immediato e diretto a tutti, il muro sia la vera pelle. Il contatto con l’epidermide è, infatti, il primo, la porta di accesso all’anima.

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Esempi di ‘ghost signs’ del mondo anglosassone
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Pubblicità scolorite degli anno Cinquanta

D’altra parte, se andiamo indietro negli anni, e precisamente a fine ‘800 inizi ‘900, le pubblicità si dipingevano direttamente sui muri delle città, sulle facciate delle case, nei centri industriali. E spesso sono ancora alcuni questi messaggi, i ‘ghost signs’ (letteralmente segni dei fantasmi), che oggi ancora campeggiano, scoloriti e dimenticati, sui muri del mondo. Molti di essi erano realizzati direttamente sui mattoni, nella parte alta degli edifici, chi li dipingeva si aiutava con le mascherine per tracciare linee diritte. Se ne rintracciano begli esempi soprattutto in Gran Bretagna e in Irlanda, in quantità minore anche in Francia, Belgio e Stati uniti. In questi casi si tratta di pitture del passato, ma in Messico, in India o in alcune zone dell’Africa, dove la comunicazione pubblicitaria o il messaggio sociale si basano ancora sulla pittura murale (perché l’occhio vuole la sua parte), è possibile trovare segni nuovi e aggiornati di questi curiosi manifesti. Il metodo di dipingere sui muri era sicuramente scomparso perché, dal 1950 in poi, l’economia aveva subito un grande incremento: la produzione cresceva sempre di più, le tipologie dei prodotti si moltiplicavano a dismisura e le pubblicità avevano bisogno di rinnovarsi velocemente e di continuo. Per questo, la pittura sul muro diveniva sempre più obsoleta e fu sostituita, in breve tempo, dai manifesti pubblicitari di dimensioni variabili e intercambiabili, che assicuravano un potere divulgativo più alto e la possibilità di modificare continuamente l’aspetto estetico del messaggio. Ecco perché è abbastanza raro trovare disegni dipinti a mano dopo gli anni Cinquanta. Ma se anche in Europa alcuni artisti stanno sperimentando nuovamente questa tecnica, in Africa la pubblicità non è in televisione o sui giornali (spesso scarsamente rappresentati o, comunque, di dimensioni modeste), ma ha occupato grandi spazi e grandi città. Qui, dove il tempo scorre lento, i ritmi sono diversi e il commercio tradizionale spesso sostituito a quello moderno e vorticoso, si trovano ancora disegni di bevande zuccherine e colorate o di utili e agili pneumatici, sui muri scalcinati. La pubblicità non ha bisogno di cambiare spesso, le esigenze sono sempre le stesse. I messaggi sociali, poi, da quelli relativi alla prevenzione sull’Aids fino a quelli sulla necessità di mantenere la città pulita, sono eterni. Dal Mali al Congo al Gabon, fino al Nord Africa (anche se meno), i muri parlano. Una sola voce, una sola lingua, un solo messaggio. Estesi panorami colorati vengono interrotti da colori altrettanto sgargianti. Adulti e bambini si fermano ad ammirarli, rapiti.

Libreville, Gabon, pulire e mantenere pulita la città. Clicca le immagini per ingrandirle.

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A Libreville, ad esempio, sono rimasta incantata dalla sfilata di disegni, sui muri del centro cittadino, a un incrocio trafficato non lontano dal Ministero dell’ambiente, messi lì con l’obiettivo di sensibilizzare giovani e meno giovani alla gestione della spazzatura e all’importanza di avere una città pulita. Colorati, ammiccanti e simpatici personaggi invitano a non gettare i rifiuti per strada. I bambini (ma non solo) ne restano sicuramente affascinati e colpiti. Un modo intelligente di attirare l‘attenzione. Noi siamo più veloci, forse, e spesso molto disattenti anche per questo, ma qui bei disegni educativi potrebbero stare davvero molto bene anche in alcune delle nostre strade…

Fotografie di Libreville di Simonetta Sandri.

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Simonetta Sandri

E’ nata a Ferrara e, dopo gli ultimi anni passati a Mosca, attualmente vive e lavora a Roma. Giornalista pubblicista dal 2016, ha conseguito il Master di Giornalismo presso l’Ecole Supérieure de Journalisme de Paris, frequentato il corso di giornalismo cinematografico della Scuola di Cinema Immagina di Firenze, curato da Giovanni Bogani, e il corso di sceneggiatura cinematografica della Scuola Holden di Torino, curato da Sara Benedetti. Ha collaborato con le riviste “BioEcoGeo”, “Mag O” della Scuola di Scrittura Omero di Roma, “Mosca Oggi” e con i siti eniday.com/eni.com; ha tradotto dal francese, per Curcio Editore, La “Bella e la Bestia”, nella versione originaria di Gabrielle-Suzanne de Villeneuve. Appassionata di cinema e letteratura per l’infanzia, collabora anche con “Meer”. Ha fatto parte della giuria professionale e popolare di vari festival italiani di cortometraggi (Sedicicorto International Film Festival, Ferrara Film Corto Festival, Roma Film Corto Festival). Coltiva la passione per la fotografia, scoperta durante i numerosi viaggi. Da Algeria, Mali, Libia, Belgio, Francia e Russia, dove ha lavorato e vissuto, ha tratto ispirazione, così come oggi da Roma.

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Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno. L’artista polesano Piermaria Romani si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE
di Piermaria Romani


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