Skip to main content

Maggioritario o proporzionale? Governabilità o rappresentatività? Stabile egemonia di pochi partiti o frammentazione dell’espressione popolare? E’ uno dei temi caldi del momento sul sistema di voto. Cinque regioni del nostro Paese – Veneto, Sardegna, Lombardia, Abruzzo ed ora Piemonte – si sono già espresse favorevoli alla consultazione popolare con referendum abrogativo della quota proporzionale prevista dalla legge elettorale nazionale. E proprio cinque è il numero necessario per ottenere il provvedimento. Si accende ancora una volta la diatriba su una questione mai risolta definitivamente, con schieramenti agguerriti, convinti per l’una o per l’altra tesi. Non hanno convinto nemmeno le rettifiche che tentano di mediare due sistemi agli antipodi, difendendo comunque il principio di base del sistema del momento. Sono due modalità che storicamente attingono alle teorie del voto intorno al 1770 in Francia, anche se alcuni scritti di Raimondo Lullo, scrittore, teologo, astrologo, alchimista e missionario spagnolo di palma di Maiorca, scoperti nel 2001, testimoniano che egli avesse già abbozzato entrambi i metodi nel XII secolo. L’epopea del sistema proporzionale continua nel ‘900, sulla spinta delle grandi formazioni politiche di massa, centriste popolari e sinistra socialista; il Belgio risulta il primo Paese ad applicarlo nel 1900. E’ una scelta che permette di fotografare le suddivisioni politiche offrendo una rappresentazione parlamentare il meno distorta possibile e va a tutelare le minoranze come, nel nostro caso italiano, il Südtiroler Volkspartei altoatesino, sebbene anche con il sistema maggioritario i partiti regionali di largo consenso locale, fortemente radicati sul territorio, possono trovare una loro rappresentatività nell’arco parlamentare, uscendo indenni o rafforzati dalle urne. Sull’adozione del sistema maggioritario o proporzionale la Storia ci racconta molto, basti pensare all’esperienza della Repubblica di Weimar, nata dalle ceneri della Germania distrutta nel 1919 e morta nel 1933, con l’ascesa al potere di Adolf Hitler. I riferimenti al sistema proporzionale con cui avvenivano le elezioni è troppo forte per ignorarne gli effetti; un sistema voluto convintamente da da Hugo Preuss, uno dei padri della nuova Costituzione, che introdusse anche il sistema automatico con il quale a ogni partito concorrente veniva assegnato un deputato per ogni 60.000 voti acquisiti. Con ciò si creava un legame imprescindibile tra i componenti della Camera e l’afflusso dell’elettorato, rendendo estremamente dinamiche e democratiche le elezioni. Ma le maggioranze parlamentari non funzionarono e operavano in perenne stato di crisi; le mutevoli composizioni del parlamento e del governo resero ingovernabile lo Stato tedesco dove il “governo effettivo dei partiti” teneva sotto scacco le istituzioni, testimoniando giochi politici per la dominanza o il soddisfacimento di interessi. Neppure la maggioranza al governo era compatta in una visione comune sulle questioni politiche, sociali e culturali. Il sistema elettorale proporzionale e le coalizioni ballerine e instabili resero i governi inefficaci nelle decisioni, minando l’equilibrio tra poteri e garanzie costituzionali. Una base traballante sulla quale non poteva svilupparsi alcuna strategia politica. Nel panorama politico tra il 1919 e il 1932 nella breve vita della repubblica di Weimar i governi parlamentari che si susseguirono furono 20: la durata minima appartiene al governo Stresemann nell’ottobre 1923, durato in carica per 48 giorni, che segue il governo Stresemann del 13 agosto 1923 durato 51 giorni. Il più longevo governo appartiene a Müller, che governò dal 29 giugno 1928 per ben 636 giorni, neppure due anni. Le falle del sistema si manifestarono in tutta la loro evidenza nel 1930, quando si rafforzarono i nazionalsocialisti e le debolezze della socialdemocrazia manifestarono ormai labili confini. Le accuse reciproche tra socialdemocratici e comunisti resero impossibile la costruzione di qualsiasi forma di comune impegno. Ma con tutta probabilità era già troppo tardi per impedire l’affossamento della democrazia tedesca. L’incapacità di trovare un comune denominatore è il vero dramma weimariano, la mancanza di “autorevolezza” e istanze decisionali forti condussero al baratro. Da qua in poi, è storia fin troppo nota: nel 1932 Hitler manifestò il proposito di assumere la leadership del governo e i pieni poteri, per il controllo dello Stato. Nel gennaio del ‘33 fu nominato Cancelliere dal Presidente Hindenburg e a febbraio le testate giornalistiche e le libere manifestazioni di pensiero e opinione avversarie furono soppresse. Interessanti le pagine autobiografiche di Otto Braun – ministro dell’Agricoltura, Demanio e Foreste, nonché Presidente dei ministri della Prussia dal 1920 al 1933, denominato dai nemici “zar rosso della Prussia”- che accompagnano come una marcia funebre le sorti della Repubblica di Weimar. Egli registra pagina dopo pagina con minuziose note, gli andamenti dei governi, non lesina sulle accuse di autoreferenzialità dei partiti maggiori, l’arroganza politica dei singoli partiti nel costruire coalizioni, la scarsa simpatia degli elettori per una politica arrendevole che sfugge costantemente alle responsabilità. Il grande esperimento di Weimar rimane comunque agli annali della Storia per quelle riforme sociali e quelle trasformazioni epocali di carattere culturale che hanno lasciato il segno anche dopo l’orrore nazista. Molti diritti e istituzioni che oggi sono normali in tutti i paesi democratici nascono proprio in quei giorni, affermando la priorità del sociale, edificando un welfare coraggioso per l’epoca, promuovendo garanzie sociali che meritano rispetto, voluti da una Costituzione illuminata che rimane punto fermo per tutte le democrazie moderne.

tag:

Liliana Cerqueni

Autrice, giornalista pubblicista, laureata in Lingue e Letterature straniere presso l’Università di Lingue e Comunicazione IULM di Milano. E’ nata nel cuore delle Dolomiti, a Primiero San Martino di Castrozza (Trento), dove vive e dove ha insegnato tedesco e inglese. Ha una figlia, Daniela, il suo “tutto”. Ha pubblicato “Storie di vita e di carcere” (2014) e “Istantanee di fuga” (2015) con Sensibili alle Foglie e collabora con diverse testate. Appassionata di cinema, lettura, fotografia e … Coldplay, pratica nordic walking, una discreta arte culinaria e la scrittura a un nuovo romanzo che uscirà nel… (?).

PAESE REALE

di Piermaria Romani

PROVE TECNICHE DI IMPAGINAZIONE

Top Five del mese
I 5 articoli di Periscopio più letti negli ultimi 30 giorni

05.12.2023 – La manovra del governo Meloni toglie un altro pezzo a una Sanità Pubblica già in emergenza, ma lo sciopero di medici e infermieri non basterà a salvare il SSN

16.11.2023 – Lettera aperta: “L’invito a tacere del Sindaco di Ferrara al Vescovo sui Cpr è un atto grossolano e intollerabile”

04.12.2023 – Alla canna del gas: l’inganno mortale del “mercato libero”

14.11.2023 – Ferrara, la città dei fantasmi

07.12.2023 – Un altro miracolo italiano: San Giuliano ha salvato Venezia

La nostra Top five
I
 5 articoli degli ultimi 30 giorni consigliati dalla redazione

1
2
3
4
5

Pescando un pesce d’oro
5 titoli evergreen dall’archivio di 50.000 titoli  di Periscopio

1
2
3
4
5

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

Periscopio è  proprietà di un azionariato diffuso e partecipato, garanzia di una gestitone collettiva e democratica del quotidiano. Si finanzia, quindi vive, grazie ai liberi contributi dei suoi lettori amici e sostenitori. Accetta e ospita sponsor ed inserzionisti solo socialmente, eticamente e culturalmente meritevoli.

Nato quasi otto anni fa con il nome Ferraraitalia già con una vocazione glocal, oggi il quotidiano è diventato: Periscopio naviga già in mare aperto, rivolgendosi a un pubblico nazionale e non solo. Non ci dimentichiamo però di Ferrara, la città che ospita la redazione e dove ogni giorno si fabbrica il giornale. e Ferraraitalia continua a vivere dentro Periscopio all’interno di una sezione speciale, una parte importante del tutto. 
Oggi Periscopio ha oltre 320.000 lettori, ma vogliamo crescere e farsi conoscere. Dipenderà da chi lo scrive ma soprattutto da chi lo legge e lo condivide con chi ancora non lo conosce. Per una volta, stare nella stessa barca può essere una avventura affascinante.  Buona navigazione a tutti.

Tutti i contenuti di Periscopio, salvo espressa indicazione, sono free. Possono essere liberamente stampati, diffusi e ripubblicati, indicando fonte, autore e data di pubblicazione su questo quotidiano.

Francesco Monini
direttore responsabile


Chi volesse chiedere informazioni sul nuovo progetto editoriale, può scrivere a: direttore@periscopionline.it