IL FATTO
Nulla è politica:
le ipocrisie
della giunta provinciale.
Tagliani con Forza Italia
e Cinque stelle
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Adesso è ufficiale. Nella nuova squadra di governo della Provincia entrano Fabrizio Toselli, sindaco forzitalico di Sant’Agostino, e Marco Fabbri, primo cittadino pentastellalto di Comacchio. Il neo presidente Tagliani (Pd, giusto per rammentarlo: in questa commistione ci si confonde…) ha conferito oggi le deleghe, coinvolgendo ben otto dei dodici eletti nel Consiglio provinciale. A Toselli è stata attribuita la responsabilità su politiche del lavoro, formazione professionale e attività produttive; a Fabbri quella sul turismo. Dei sindaci che fanno parte del Consiglio l’unico a non avere deleghe è Alan Fabbri: il primo cittadino leghista di Bondeno ha appena ricevuto l’investitura come candidato per il centrodestra alla presidenza della Regione Emilia Romagna da Berlusconi in persona, e nominarlo come sodale in quella che un tempo si sarebbe definita “giunta” deve essere parso troppo persino a Tagliani (che comunque ne ha propiziato l’elezione includendolo nella lista “senza frontiere”). Gli altri cavalieri delegati della tavola rotonda sono invece di fatto “assessori”, anche se ufficialmente non si chiamano così. Perché, ci spiegano, il loro è un ruolo tecnico, puramente amministrativo. Ma allora, perché i designati sono dei politici e non dei tecnici?
La considerazione sorge spontanea. Dal “tutto è politica” degli anni Settanta, all’attuale “è solo gestione amministrativa” sciorinato anche a proposito delle funzioni della nuova giunta provinciale, corre un abisso. Si scivola dagli eccessi di allora alla mistificazione di oggi. Da una parte c’era il debordante entusiasmo ideologico che portava a considerare di ogni azione il riflesso pubblico e la valenza sociale, sino ad annientare la sfera privata; dall’altra parte eccoci ora al ripiegamento di basso profilo che tende a celare con ipocrisia la reale valenza di scelte impegnative per la collettività, che in quanto tali hanno indiscutibilmente un rilievo comunitario e dunque politico.
Non si può negare che chi esercita funzioni di governo svolga una funzione di natura politica, poiché gli orientamenti e gli indirizzi assunti non sono neutri: perseguono una visione e assecondano un disegno di sviluppo che non è necessitato, ma rappresenta una possibile opzione fra tante alternative praticabili: politica, dunque. Perché la politica è precisamente scelta, fatta sulla base di un orientamento, di una prospettiva.
D’altronde, se non fosse così, perché designare politici a svolgere tali compiti? I nuovi “assessori” della “giunta” provinciale mica sono tecnici! Negare questa evidenza e ridurli a esecutori di compiti meramente gestionali significa strumentalmente sminuirne il ruolo e la funzione svolta per avere meno intralci, meno opposizioni, meno inciampi. Rendere apparentemente neutre e inevitabili le scelte che si compiono equivale, in un certo senso, a blindarle, rendendole inattaccabili.
L’abile operazione mirabilmente condotta dal sindaco-presidente Tagliani, che ha riunito nella “giunta” provinciale centrosinistra, centrodestra e Movimento 5 stelle, ha proprio questo segno ed è un capolavoro di stampo democristiano. La tecnica è antica e consolidata: cooptare il dissenso (reale e potenziale) inglobandolo nella cabina di regia per poter esercitare l’arte politica e governare incontrastati.
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