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Ill.mo presidente Renzi signor Matteo,
La vedo in ogni telegiornale sgambettare sorridente da un capo all’altro dello schermo, La vedo stringere mani di cittadini i quali credono di salutare il rinnovatore della politica e della società italiane. E’ il primo equivoco, mi sembra che Lei abbia fin qui semplicemente sostituito alcune persone con altre, ma senza mutare nulla del quadro disarmante in cui siamo costretti a vivere. Sono tanti gli equivoci: gli italiani della prima e della seconda (mai inaugurata), della terza o della quarta, repubblica vivono di equivoci, il primo fu quello di Garibaldi e del giocoliere Cavour, il quale approfittò della rivoluzione nel meridione per dire “alé, l’Italia è fatta, consegniamola a chi di diritto”, cioè ai Savoia e così il Paese, con la benedizione europea, fu regalato alla destra economica: oh, Signor Renzi, non ci siamo mai spostati da lì, di governo in governo, il potere rimase sempre nelle stesse mai.
Quando le cose stavano per cambiare, Da Gasperi rimise tutto a posto, fuori la sinistra dal governo, che è di proprietà della destra e dei suoi alleati, e via andare con la politica non dei diritti ma dell’elemosina quando si può. Per ultimo è arrivato Berlusconi, destra che più destra non si può. E, quando è salito al potere Lei, signor Renzi Matteo, abbiamo sperato che rottamasse almeno l’ex cavaliere. Macché! Berlusconi è stato il primo con cui, Lei, signor Renzi Matteo, ha dialogato e stretto un patto di ferro, tanto da far dire al condannato per evasione fiscale, cioè il più grave dei delitti che un uomo pubblico possa commettere, che il nuovo governo, al cui interno si era collocato come quinta colonna Alfano, stava eseguendo i suoi ordini, di Berlusconi naturalmente. Quindi Lei, signor Renzi Matteo è a capo di un governo di centrodestra: mica male per un uomo che ha ereditato quel poco che restava dell’antica vera sinistra (Pci), quella che con maggior forza si era esposta durante la Resistenza.
Lei, signor Renzi Matteo, ha rottamato praticamente il solo Bersani al quale è venuto un mezzo coccolone. Era l’ultimo “rosso“ (metto tra virgolette) ormai sfumato in rosa, della nostra politica. Lei, signor Renzi Matteo, afferma che la sua è la politica del fare, gli ottanta euro in busta paga sono lì a dimostrarlo, ma non ha cambiato nulla di quello che si deve cambiare: noi, signor Renzi Matteo, vorremmo che al governo ci fosse una forza in grado di sbattere fuori dalla società chi frega i suoi lavoratori, chi li mette in cassa integrazione, chi non paga le tasse, chi ne paga troppo poche rispetto ai suoi guadagni, infine che sbattesse in galera chi è stato condannato e non i poveri profughi affamati che giungono d’oltre mare con un carico insopportabile di sofferenza.
Non dia ascolto, signor Renzi Matteo, alla Lega, non dia ascolto alla destra che si nasconde sotto la bandiera tricolore inneggiando sempre meno sommessamente a chi il fascismo ha inventato. Signor Renzi Matteo, anche se Lei dice che le ideologie sono morte, non creda a quello che afferma, prima di parlare, lo dico a Lei che parla tanto, pensi a ciò che deve dire, abbiamo avuto già troppi venditori di pere cotte. Per favore, signor Renzi Matteo, stia attento.

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Gian Pietro Testa


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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