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Le voci da dentro /
Censure e ostacoli ai giornali dietro le sbarre
L’Ordine dei giornalisti interviene

Grazie alla gentile concessione del direttore Marco Girardo ripubblichiamo anche su questa rubrica l’articolo di Ilaria Beretta, “Censure e ostacoli ai giornali dietro le sbarre. L’Ordine dei giornalisti interviene”, apparso il giorno 11 luglio 2025 sul quotidiano L’Avvenire. Parla di redazioni di giornali in carcere che, fra mille difficoltà, provano ad informare e a creare un ponte fra il dentro e il fuori.

Informa sul fatto che, pochi giorni fa, il Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Giornalisti ha approvato un ordine del giorno importante, proposto da Stefano Pallotta e da Daniela de Robert e che ha per tema la libertà di informazione in carcere. Questo odg recepisce diverse segnalazioni di episodi preoccupanti che si sono verificati in alcuni istituti penitenziari.
(Mauro Presini)

Censure e ostacoli ai giornali dietro le sbarre. L’Ordine dei giornalisti interviene

di Ilaria Beretta

Le redazioni dei periodici dei detenuti denunciano divieti di firma, blocchi preventivi e sospensioni sospette. L’Odg: “Sia garantita la libertà di espressione di tutti”. “Ci stanno chiudendo anche la bocca”. È questo l’allarme che arriva da diverse redazioni giornalistiche.

Non dagli uffici con sede e insegna ben visibile in città, come potrebbe essere questa da cui scriviamo, bensì da quelli che si trovano oltre le sbarre in decine di penitenziari italiani. Il giornalismo in carcere ha una lunga storia, cominciata all’inizio degli anni Cinquanta, sia per dare voce ai detenuti sia per informare chi sta fuori della quotidianità in cella spesso ignorata dai grandi media.

Oggi, però, sui giornali dal carcere cala un’ombra nera. Almeno a detta dei detenuti stessi, dei volontari che vi lavorano e del Consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti, che nella seduta di mercoledì ha approvato un apposito ordine del giorno che suona come un allarme.

Il carcere in Italia – recita l’Ordine – rischia di allontanarsi dai principi costituzionali e dalla legislazione. Il Coordinamento dei giornali e delle altre realtà dell’informazione e della comunicazione sulle pene e sul carcere di recente ha denunciato diversi episodi di ostacoli che sono stati frapposti all’attività dei laboratori di scrittura nelle carceri finalizzata alla pubblicazione di periodici realizzati dalle persone private della libertà”.

Nel concreto i casi segnalati arrivano dalla casa di reclusione di Rebibbia, a Roma, dove si pubblica il giornale Non tutti sanno. Da un giorno all’altro la direzione del penitenziario ha obbligato i redattori detenuti a fare richiesta di un’autorizzazione per potere firmare gli articoli con nome e cognome e solo recentemente il diritto alla firma, completa ed estesa, è stato riconosciuto.

A Lodi la direzione della casa circondariale pretende una lettura preventiva dei testi elaborati dalla redazione di Altre storie – che vengono poi pubblicati dal quotidiano della città Il Cittadino – e di entrare nel merito della scelta degli argomenti da trattare, vietando temi come l’immigrazione o il diritto alla sessualità in carcere.

Nella casa circondariale di Ivrea il giornale La Fenice, edito dall’Associazione Rosse Torri, è stato sospeso per mesi e a giugno chiuso definitivamente per volontà della direzione che ha annullato il progetto, controllato e bloccato i computer e sospeso l’autorizzazione all’ingresso in carcere ai volontari che gestivano il laboratorio.

La motivazione? Secondo quanto trapela, generiche critiche ai volontari che collaborano con i detenuti alla gestione del giornale che, però, recentemente aveva scritto di celle fatiscenti, sovraffollamento, mancanza di acqua calda, griglie alle finestre e muffe alle pareti. Più o meno lo stesso è accaduto a Trento dove si pubblica il giornale Non solo dentro: il direttore responsabile, volontario da oltre dieci anni, è stato messo alla porta dopo l’uscita di pezzi che evidenziavano criticità della realtà penitenziaria locale.

Non solo. Il Coordinamento dei giornali e delle altre realtà dell’informazione e della comunicazione sulle pene e sul carcere guidato da Ornella Favero, referente del più storico giornale dal carcere Ristretti Orizzonti, ha denunciato in una lettera aperta le lungaggini che le redazioni dei penitenziari devono affrontare per ottenere permessi di ingresso per materiali giornalistici o intervistati significativi.

Inoltre – secondo il Coordinamento – si è diffusa la tendenza di impedire l’uso di registratori, macchine fotografiche e Internet, persino se in presenza di operatori volontari e nonostante una circolare del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria del 2015 preveda espressamente la possibilità e il valore dell’uso degli strumenti informatici da parte dei ristretti.

Divieti di firmare gli articoli, censure preventive, lentezze e ostacoli tecnici, espulsioni di volontarie, sospensioni giustificate come “questioni burocratiche” sembrano essere i metodi più comuni per sopire o proprio spegnere progetti nati per dare voce ai detenuti e spazio a storie scomode che si preferirebbe non far uscire.

Per l’Ordine dei giornalisti si tratta di una lesione dei diritti delle persone private della libertà che, oltre all’articolo 21 della Costituzione che stabilisce per tutti il diritto di manifestare il proprio pensiero, sono tutelati anche dall’articolo 18 dell’ordinamento penitenziario che prevede la libertà di informazione e di espressione dei ristretti “anche usando gli strumenti di comunicazione disponibili e previsti dal regolamento”.

Perciò il Consiglio promette di vigilare sulla questione e chiede al ministro della Giustizia e al Capo del Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria di “adottare gli opportuni interventi per garantire il pieno diritto alla libera informazione delle persone detenute che partecipano alle attività delle redazioni, coscienti anche della finalità rieducativa che le stesse svolgono in una prospettiva costituzionalmente orientata della pena”.

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Mauro Presini

È maestro elementare; dalla metà degli anni settanta si occupa di integrazione scolastica degli alunni con disabilità. Dal 1992 coordina il giornalino dei bambini “La Gazzetta del Cocomero“. È impegnato nella difesa della scuola pubblica. Dal 2016 cura “Astrolabio”, il giornale del carcere di Ferrara.

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