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Arrampicata lassù, un po’ in bilico e con naso e viso sporchi di bianco, ecco spuntare Lina.
La scala sorregge il suo peso un po’ traballando, ma nonostante questo lei si sposta, con un’abilità degna di un acrobata, da un arco a un muro, da una parete all’altra, da un rosa a un bianco. Stamattina l’ho vista armeggiare sotto l’arco d’entrata al mio palazzo, intenta a staccare il vecchio e polveroso intonaco e a lasciare scoperto un colore rosa intenso e acceso.
Lina scrosta, dipinge, pulisce, lima, liscia, scolora, colora. Ogni giorno per un mese, al caldo, al fresco, sotto la pioggia scrosciante, il vento fresco o il sole cocente. In questo mese di luglio strano per tutti, le temperature variano ogni giorno, ma lei è lì sempre. Deve finire quel lavoro un po’ tedioso ma per lei uguale a qualsiasi altro. Non è magra né agile, e per questo fatica un po’ a salire e scendere dall’impalcatura sgangherata ma rossa fiammante, con qualche tocco di blu. Un giorno l’ho vista lavorare su una scaletta, un altro su una sedia, una misera sedia che sostituiva un’altrettanto misera scala. Ma lei continua, imperterrita, lo fa quel lavoro, così come fa, ormai da tempo, ogni sorta di lavoro che l’aiuti a arrotondare il magro stipendio di portiera notturna. Da anni ha un secondo lavoro. Da troppo tempo, ormai. Ma questa è la vita, la sua. Oggi i calcinacci scendono sui suoi capelli raccolti, un tempo lunghi, curati e lucidi. Prima che si sposasse, prima che si separasse, era bella, agile e più sottile. Poi tutto è cambiato. Calcinacci e polvere avevano iniziato a calarsi sul suo viso, quasi fossero ricordi di bei tempi passati, pronti a coprire speranze e sogni, a cadere, inutilmente, a terra. Il muro si sgretola un po’ così come i suoi intensi rimpianti di scelte non fatte. La scaletta è ripida ora, come le difficoltà e le umiliazioni che ogni giorno deve affrontare. Ma Lina lavora con fatica a viso aperto, con coraggio e ostinazione, grazie anche all’amore ritrovato, un marito che lo è di fatto e non per legge ma che è sempre accanto a lei. Ogni giorno, ogni notte. L’amore era arrivato senza preavviso, un freddo giorno di novembre, durante una visita a un museo. Una delle poche volte che aveva deciso di andare a visitare un’antica sala piena di busti romani (che avrebbe scoperto essere copie), vi avrebbe trovato la felicità, presentatasi nella voce calda di Lukas che le chiedeva dove semplicemente si trovava il guardaroba. Da allora non si erano più lasciati, nonostante qualche mese di distanza per un lavoro in Bielorussia che Lukas aveva dovuto accettare per mettere da parte qualche risparmio.
Anche Lina lavorava, per lei, per Lukas, per un futuro migliore. Lo aveva sempre fatto, d’altronde. Anche oggi Lina lavora, come sempre. Olio di gomito, colori che se ne vanno, altri che ritornano. Qualche gocciolina di sudore, macchie di vernice bianca e grigia sulla salopette o sulla maglietta a righe e una bottiglia d’acqua ormai quasi vuota.
Un attimo e tutto cambia. Lina scivola, la vedo cadere. Non si fa nulla, credo. Almeno non fisicamente. Sotto la scaletta vi è, infatti, una copia del giornale di ieri, con la lista dei passeggeri dell’aereo abbattuto in Ucraina che scorre sotto i suoi occhi, così come i grani di un rosario scorrono velocemente fra le dita. Improvvisamente quel bel colore chiaro delle iridi diventa scuro. Un momento, una letta prima disattenta e poi freneticamente più attenta a quelle pagine volanti stropicciate e il più nero e profondo baratro sembra avvicinarsi a lei, inesorabile, funesto, spietato, impassibile. Riconosce alcuni nomi, la famiglia della sua migliore amica. Spera solo in un errore di ortografia, errore che potrebbe cambiare tutto. Una lettera, magari una semplice consonante in più o in meno potrebbe fare la grande, l’enorme differenza. Una speranza appesa a una letterina. Se solo fosse così…
Ecco che allora Lina scompare. Ieri c’era, oggi non più. Il lavoro è finito, credo. O forse Lina sta convulsamente cercando l’errore di ortografia.

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Simonetta Sandri

E’ nata a Ferrara e, dopo gli ultimi anni passati a Mosca, attualmente vive e lavora a Roma. Giornalista pubblicista dal 2016, ha conseguito il Master di Giornalismo presso l’Ecole Supérieure de Journalisme de Paris, frequentato il corso di giornalismo cinematografico della Scuola di Cinema Immagina di Firenze, curato da Giovanni Bogani, e il corso di sceneggiatura cinematografica della Scuola Holden di Torino, curato da Sara Benedetti. Ha collaborato con le riviste “BioEcoGeo”, “Mag O” della Scuola di Scrittura Omero di Roma, “Mosca Oggi” e con i siti eniday.com/eni.com; ha tradotto dal francese, per Curcio Editore, La “Bella e la Bestia”, nella versione originaria di Gabrielle-Suzanne de Villeneuve. Appassionata di cinema e letteratura per l’infanzia, collabora anche con “Meer”. Ha fatto parte della giuria professionale e popolare di vari festival italiani di cortometraggi (Sedicicorto International Film Festival, Ferrara Film Corto Festival, Roma Film Corto Festival). Coltiva la passione per la fotografia, scoperta durante i numerosi viaggi. Da Algeria, Mali, Libia, Belgio, Francia e Russia, dove ha lavorato e vissuto, ha tratto ispirazione, così come oggi da Roma.

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Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

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