C’era una volta, nel Paese della Nebbia, un Re di nome Cinzione.
In realtà, lui era il vice di un Re chiamato Fettorio ma in quel posto, nonostante la nebbia confondesse la gente, tutti avevano capito che chi aveva il potere era Re Cinzione e non Re Fettorio.
Molti sudditi amavano così tanto Re Cinzione che, per loro, era come avere un Re Dentore.
Altri invece lo detestavano talmente che lo avrebbero visto bene con il nome di Re Bibbia.
Re Cinzione aveva due passioni: la prima erano i cani.
Ne aveva davvero tanti: dei boxer, dei pastori, tanti bovari e diversi mastini neri. Gli unici cani che teneva lontani perché non gli piacevano erano i barboni. Il suo cane preferito era un alan che lui aveva chiamato Can Cello.
Lo aveva fatto in onore della sua seconda passione: le cancellate.
Infatti a Re Cinzione piaceva mettere cancelli, cancellate, recinzioni e barriere ovunque poteva: nei parchi, nei giardini, nelle piazze, nelle vie, nelle strade e anche nelle valli vicino al mare.
Lui voleva che, nei posti dove ci andavano tutti, ci andassero solo quei pochi che erano nati nel Paese della Nebbia. Ma soprattutto non voleva che ci andassero i forestieri che venivano dal Paese del Sole perché diceva che loro erano tutti brutti e cattivi e facevano delle cose brutte e cattive.
Una parte dei suoi sudditi era contenta che tutti quei posti fossero recintati perché era convinta che Re Cinzione, in quel modo, avrebbe sconfitto la cattiveria. Per questo loro, quando parlavano, dicevano: “Se vuoi che il parco sia più bello mettigli un cancello”.
Un’altra parte dei sudditi invece non era contenta perché era sicura che soltanto la possibilità, da parte di tutti, di andare nei parchi e nei giardini, senza sentirsi in gabbia, avrebbe fatto star bene la gente e andar meglio le cose. Per questo loro, quando parlavano, dicevano: “Se vuoi che la gente sia ospitata cancella la cancellata”.
I menestrelli di corte raccontavano che Re Cinzione non si preoccupasse molto dei sudditi ribelli e che anzi, dentro gli stessi parchi che aveva recintato, stesse già iniziando a recintare ogni panchina, ogni fontana, ogni lampione, ogni altalena, ogni scivolo, ogni albero, ogni singola margherita e anche ognuna delle tante cacche che i suoi cani facevano in quei parchi.
Se, ad esempio, un bambino voleva andare su un’altalena, prima doveva superare una barriera, quindi andare in un recinto, poi entrare in uno successivo infine infilarsi dentro un ennesima recinzione e finalmente godersi l’altalena, dondolando dentro tutte quelle gabbie.
In effetti, il sogno di Re Cinzione era proprio quello di avere uno spazio recintato con dentro tantissimi altri spazi recintati: una specie di matrioska che lui avrebbe chiamato sicuramente “recintoska”.
Questa cosa per lui era come un gioco… quasi come il mio mentre scrivo questa favola che può continuare in molti modi e ognuno potrà certamente inventare il suo.
Qualcuno potrebbe terminarla scrivendo: “E vissero tutti felici e… recintati” ma a me piace immaginare che, prima o poi, a causa della smania di chiudere tutto con cancelli – cancellini – cancelletti e cancellate, Re Cinzione recintò anche i suoi cani Can Cello e Can Didato, la sua capra Sgarbata, le sue galline di razza Feisbuc, la sua ape Apecar, il suo cavallo Ruspa e, ormai in preda al delirio, addirittura il cavallo dei suoi pantaloni.
A quel punto, non potendo più muoversi, Re Cinzione rimase chiuso dentro la cancellata che aveva costruito attorno alla sua vasca da bagno.
E vissero tutti felici… dopo aver cancellato le cancellate.
P.S. Ogni riferimento a persone esistenti o a scelte dell’amministrazione comunale di Ferrara è puramente non casuale.
Mauro Presini
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