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di Loredana Bondi

È nei luoghi che l’esperienza umana si forma, si accumula e viene condivisa, e il suo senso viene elaborato, assimilato e negoziato. Ed è nei luoghi, e grazie ai luoghi, che i desideri si sviluppano, prendono forma, alimentati dalla speranza di realizzarsi. (Zygmunt Bauman, Fiducia e paura)

Per promuovere lo spirito di cittadinanza attiva sarebbe necessario innalzare significativamente i livelli di scolarizzazione e di competenza della popolazione, a cominciare naturalmente dai giovani, ma arrivando a coinvolgere tutta la popolazione adulta di un territorio. Si tratta senza dubbio di un obiettivo prioritario per lo sviluppo economico, sociale e civile del paese. Riteniamo che istruzione e formazione siano beni comuni senza i quali non si potrà cambiare il modello di sviluppo e garantire la coesione sociale.
La conoscenza è volano di una diversa qualità della crescita e chiave del benessere delle persone , perché formazione e informazione determinano inclusione o esclusione dal contesto sociale, per questo democrazia e conoscenza sono interdipendenti.

La nostra città, come d’altra parte tutto il nostro Paese, mancano di un sistema coordinato e unitario di ‘lifelong learning’ e il numero di adulti che partecipano ad attività di coinvolgimento formativo e informativo è al di sotto della media europea, anche se il Programma Europa 2020 indica questo aspetto come fondamentale per la crescita dinamica e culturale delle città.
E’ necessaria una svolta nelle politiche formative del paese, ancor più urgente in questo momento di crisi profonda, per superare questo divario e affrontare un limite
strutturale che frena lo sviluppo civile ed economico. Riteniamo che non ci sarà uscita dalla crisi sociale che stiamo vivendo senza interventi che possano far ripartire la crescita e non solo quella economica.
Da tempo operiamo nella città e per la città come cittadini, con ruoli e funzioni diverse, ma siamo accomunati da stessi obiettivi , primo di tutti quello di tentare un coinvolgimento e coordinamento di azioni sociali e culturali volte al benessere comune, alla crescita di una città che, nonostante la miriade di iniziative di varia natura e finalità non riesce ad uscire dal confine di attività dei i gruppi della più svariata appartenenza (sia pure di pregevole portata), senza assimilare nuovo potenziale per una partecipazione e coinvolgimento sostanziale della maggioranza dei cittadini proprio sulle scelte di vita comune. Certo la partecipazione attiva alla vita della città è un obiettivo molto elevato, infatti è da molto tempo ormai che se ne discute soprattutto all’estero, in altri Paesi. In Italia notiamo che il tessuto cittadino, invece, rimane sempre più isolato, sembra quasi perdere qualsiasi caratterizzazione. Colpa solo della globalizzazione? Senza dubbio la disponibilità dei mezzi di comunicazione di cui disponiamo può disorientare, ma siamo certi che per riappropriarci del nostro ruolo cittadini attivi e gestire la complessità diventano prioritari gli investimenti in formazione e ricerca, la discussione e il confronto sulla qualità dell’istruzione, perché siamo convinti che l’educazione ricevuta fin dalla prima infanzia e nell’adolescenza, sia determinante nella formazione delle persone e anche nel promuovere o inibire la capacità di continuare ad apprendere in altri contesti. Così come lo sono l’aumento delle competenze dei giovani e degli adulti, il trasferimento delle conoscenze e delle pratiche dagli uni agli altri, il potenziamento dell’interazione tra sistema produttivo e sistemi della conoscenza e la loro inevitabile contaminazione.

Insieme alla politica economica e sociale vorremmo un coinvolgimento più profondo da parte di tutti per cambiare non solo la politica scolastica, ma il modo di vivere la comunità con consapevolezza, curiosità e disponibilità al cambiamento. Certamente il rapporto con la scuola, con l’Università, con il mondo dell’imprenditoria, con il volontariato e l’associazionismo, ma soprattutto con l’Amministrazione locale può agire da volano nella contaminazione delle responsabilità e nella conoscenza di come muta il territorio se al centro dell’apprendimento c’è un’intera città.
Non c’è tempo da perdere: lavoriamo insieme per una nuova città della conoscenza e dell’apprendimento continuo.

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Redazione di Periscopio


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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