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L’ottava edizione del Ferrara Film Festival parte in forza, ma l’attenzione è tutta per lui, il Maestro Giancarlo Giannini.

È partito in quarta, il Ferrara Film Festival, giunto alla sua ottava edizione, con il logo proiettato verso l’infinito. Un programma ricchissimo e con grandi novità – vi avevamo avvertiti – che Periscopionline intende seguire al meglio. Tanti gli ospiti nazionali e internazionali, tanti i film in programmazione, molti dei quali premières.

L’apertura è stata eccezionale, a partire dagli incontri allo Studios Lounge live. Ma tutti l’attenzione e l’attesa sono per lui, vincitore di quasi 50 riconoscimenti e oggi con un posto sulla Walk of Fame a Hollywood.

Protagonista della serata inaugurale del Festival, durante la quale ha ricevuto il Dragone d’Oro alla Carriera, inaugura il “Meet the Stars” della kermesse.

Premio alla carriera a Giancarlo Giannini, foto Valerio Pazzi

Eccolo, arriva, passo lento e rassicurante, entra con i suoi capelli canuti ondulati e gli occhi azzurri magnetici. Il magnetismo è nell’aria, il passaggio sul tappeto rosso è leggero.

Lo aspettavano tutti, giovani e meno giovani. Porta con sé la storia del cinema e del nostro paese. Sul palco del Teatro Nuovo ci sono solo due sedie: una per lui, il Maestro Giancarlo Giannini, e una per Anna Bisogno, Professore associato di cinema e televisione all’Università Mercatorum, l’ateneo digitale delle Camere di Commercio italiane, con il non semplice compito di accompagnarlo in un dialogo con il pubblico che sarà un’emozione meravigliosa. Sarà bravissima. L’incontro è avvolgente, caloroso, empatico, intenso, di quelli che non si dimenticano e restano, per sempre, una ricchezza del cuore e dell’anima.

Anna Bisogno e Giancarlo Giannini, foto Valerio Pazzi

Un perito tecnico di formazione che voleva fare grandi scoperte e trovatosi a fare cinema quasi per caso, dopo un articolo 13 di un regolamento militare che gli permise di ottenere un congedo illimitato. E poi Napoli, Roma e l’Accademia d’Arte Drammatica.

Ricorda il teatro e il suo ruolo nel folletto Puck (affidato, prima di lui, quasi sempre a ragazza) in “Sogno di una notte di mezza estate” di William Shakespeare, il “Romeo e Giulietta” di Franco Zeffirelli, Anna Magnani che voltava le spalle al mondo con i suoi lunghi capelli neri (in “La lupa”, sempre sotto la direzione di Zeffirelli). E ancora Mina e Rita Pavone, che segna l’incontro felice con Lina Wertmüller (nel 1966 gli offre il suo primo ruolo da protagonista nel musicarello Rita la zanzara, al fianco appunto della irrefrenabile Pavone). Lina che per lui era il piacere di vivere e la positività continua.

Quest’uomo trasmette energia pura e gioia di vivere, quella che, racconta, è il regalo che dovremmo farci ogni giorno. Ogni giorno c’è una scoperta, anche piccola, a dare senso alle nostre giornate, piccoli misteri che aiutano a non interrogarsi sul grande mistero sul quale non ha senso interrogarsi. “Sono credente e non ho paura della morte”, dice, “è il percorso naturale della vita stessa. E poi dopo potrò fare tante domande e ricevere risposte”.  Domandarsi perché è la curiosità, il sale della vita, il suo principale ingrediente. “I bambini sono i più grandi e primi filosofi”, sorride, “domandano sempre perché”.

D’altronde il Maestro ha anche scritto un libro, “Sono ancora un bambino (ma nessuno può sgridarmi)”, in cui racconta le sue idee, le sue invenzioni, gli aneddoti della sua vita, pubblicato in Italia nel 2014 da Longanesi e vincitore del Premio Cesare Pavese 2015, nella sezione romanzi. Lo sguardo dei bambini ma lo sguardo in generale sulla vita fanno la vita stessa e fanno, soprattutto, l’attore. “Non mi immedesimo mai nei personaggi”, dice, “l’attore è sempre il tramite per raccontare una storia”. Attraverso di lui arrivano le parole.

La passione, poi, deve guidare ogni professione, deve essere motore e nervatura di ogni nostra azione. “Bisogna fare bene le cose, osservare, sbagliare per imparare. Come quando si prepara il sugo al pomodoro” racconta ridendo. “Si guarda la nonna o la mamma e si rifà, ogni giorno si sperimenta, magari con un nuovo ingrediente. Gli errori servono sempre”. Del passato gli mancano tanto anche i sapori.

Emanuela Arcuri. Giancarlo Giannini, Maximilian Law, foto Valerio Pazzi

Coraggio, perseveranza, impegno, studio, dedizione, questo ci pare questo immenso artista, un Uomo innamorato della Natura. “Guardandoci intorno, scopriamo la bellezza, essa sta ovunque”, racconta a un pubblico sempre più ipnotizzato, “nella perfezione degli alberi, delle piccole radici che prendono posizione sulla terra”. Tutto ciò che ci circonda è un autentico miracolo. E lui fa sicuramente parte di questo grande miracolo.

In Comune con tanti ospiti, foto Valerio Pazzi
Emanuela Arcuri, foto Valerio Pazzi

Cari lettori, ci siamo concentrati sul Maestro. Ma, ovviamente, alla sua premiazione è seguita una proiezione, quella, in anteprima europea, di “Sweetwater”, preceduta dall’incontro con il regista argentino Martin Guigui e l’attore Jeremy Piven. Ispirato a una storia vera, è un film sul giocatore di basket professionista Nathaniel Clifton (affettuosamente conosciuto come ‘Sweetwater’ in famiglia e tra gli amici, probabilmente per il suo amore per le bevande analcoliche e il carattere calmo), il primo giocatore afroamericano a firmare con la National Basketball Association (NBA) negli anni ’50. Il regista Martin Guigui, che è anche l’autore della storia, ha avuto l’idea per il film mentre ascoltava alla radio i playoff NBA tra New York Knicks e Indiana Pacers a South Burlington, nel Vermont, mentre era seduto nel parcheggio del famoso negozio di forniture Staples. ‘Sweetwater’ è interpretato da Everett Osborne.

Sito del Ferrara Film Festival

 

Fotografie di Valerio Pazzi

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Simonetta Sandri

E’ nata a Ferrara e, dopo gli ultimi anni passati a Mosca, attualmente vive e lavora a Roma. Giornalista pubblicista dal 2016, ha conseguito il Master di Giornalismo presso l’Ecole Supérieure de Journalisme de Paris, frequentato il corso di giornalismo cinematografico della Scuola di Cinema Immagina di Firenze, curato da Giovanni Bogani, e il corso di sceneggiatura cinematografica della Scuola Holden di Torino, curato da Sara Benedetti. Ha collaborato con le riviste “BioEcoGeo”, “Mag O” della Scuola di Scrittura Omero di Roma, “Mosca Oggi” e con i siti eniday.com/eni.com; ha tradotto dal francese, per Curcio Editore, La “Bella e la Bestia”, nella versione originaria di Gabrielle-Suzanne de Villeneuve. Appassionata di cinema e letteratura per l’infanzia, collabora anche con “Meer”. Ha fatto parte della giuria professionale e popolare di vari festival italiani di cortometraggi (Sedicicorto International Film Festival, Ferrara Film Corto Festival, Roma Film Corto Festival). Coltiva la passione per la fotografia, scoperta durante i numerosi viaggi. Da Algeria, Mali, Libia, Belgio, Francia e Russia, dove ha lavorato e vissuto, ha tratto ispirazione, così come oggi da Roma.

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Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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