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Arcangela Felice Assunta Wertmuller von Elgg Espanol, nota come Lina Wertmuller, nata da una famiglia di antiche origini svizzere, una donna forte, curiosa, rivoluzionaria, caparbia, diretta, in parole povere una Grande Donna, simbolo di emancipazione e genio artistico.
Genio creativo che ha segnato la strada del cinema anche al femminile. Libera e femminista a modo suo, era solita dire: “Mi sono sempre fatta rispettare, volevo fosse così per tutte”. Raccontava di essere stata una studentessa ribelle e poco incline alla condotta, indole che la portò ad essere cacciata da ben 11 scuole prima di iniziare gli studi teatrali all’età di 17 anni.
La morte non la spaventava, ed era solita affermare nelle interviste: “Un giorno o l’altro morirò e non mi preoccupo. Mal che vada mi farò un gran bel sonno. Se in paradiso si dovesse stare da soli, preferisco non andarci”.
Determinante, nella sua vita artistica, per sua stessa ammissione, fu, nella sua fase iniziale, la collaborazione con Federico Fellini nella Dolce Vita e in Otto e mezzo.
In seguito il suo cinema si mostrerà ribelle, provocatorio, vivo, brillante, spesso immerso negli squilibri della società, ironico, allegro, imprevedibile e anarchico. A questo proposito mi è d’obbligo ricordare il Film d’Amore e d’Anarchia, ovvero “Stamattina alle 10 in via dei Fiori nella nota casa di tolleranza…” (1973). La Wertmuller racconta che: “La storia mi era venuta in mente leggendo le notizie sulla stampa dei primi terroristi. Ragazzi e ragazze che pagavano con la vita le loro idee. Se ne parlava paragonandoli ai criminali ma io volevo capire meglio. Mi misi a studiare la storia dell’anarchia. Le storie degli anarchici italiani mi fecero conoscere l’antica radice che l’anarchia ha avuto in Spagna e nel nostro Paese, in particolare in alcune regioni, come Puglia e Toscana. Così nacque la storia di Tunin, contadino lombardo-veneto, innamorato delle idee di un vecchio anarchico ascoltate fin da bambino davanti al focolare, “gli uomini tutti uguali e liberi, come Dio ci ha creato”. Quando vede il suo vecchio amico anarchico ucciso con quattro schioppettate dai carabinieri, decide di sostituirsi a lui e di andare ad uccidere Mussolini.
L’anno dopo (1974) un altro capolavoro di successo, ‘Travolti da un insolito destino nell’azzurro mare d’agosto’, dove si intrecciano, tra Mariangela Melato e Giancarlo Giannini, protagonisti di alcuni tra i film centrali della Wertmuller, un doppio conflitto di cui alla fine è difficile stabilire il vincitore: la lotta di classe e la guerra tra i sessi; il marinaio comunista e la donna in carriera, dirigente aziendale, che il destino fa ritrovare naufraghi su un gommone e in seguito su un’isoletta deserta, dove i loro mondi si scontrano e diventano battaglia, guerra, e alla fine amore.
E’ doveroso citare un altro capolavoro, ‘Pasqualino Settebellezze’, una visione catastrofica totale della sovrappopolazione. Di seguito la regista affermerà: “Mi fa piacere che le mie storie siano amate da milioni di persone perché fanno piangere, ridere e commuovere. E poi, questo film, mi ha fatto entrare nel Guinness dei primati”. Con quattro candidature all’Oscar, Lina fu la prima donna ad essere candidata come miglior regista.
Lina Wertmuller, in questi giorni ha raggiunto la sua adorata attrice e amica Mariangela Melato, scomparsa nel 2013 a soli 71 anni. Si conobbero negli anni ’70 grazie allo scenografo Enrico Job, marito di Lina. Riguardo a quel primo incontro, la regista afferma: “La giovane Melato mi piacque immediatamente per la sua bellezza e per il talento, grande attrice dalla rara intelligenza”. Mariangela, un’attrice indimenticabile ed elegantissima, capace di passare con disinvoltura attraverso tutti i personaggi, da quelli comici a quelli tragici.
Due donne indimenticabili Lina e Mariangela, che hanno saputo raccontare e interpretare con ironia i conflitti sociali, i sentimenti e i temi caldi del nostro Paese, passato e presente.

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Laura Rossi

Curatrice e insegnante d’arte. Ha recensito vari libri e ha collaborato con alcuni mensili curandone la pagina dell’arte come “la cultura e l’arte del Nord-est” e la pagina dell’arte di Sport-Comumi. Ha curato la Galleria Farini di Bologna e tutt’ora dirige e cura a Ferrara la Collezione dello scultore Mario Piva. Ha ricoperto per circa dieci anni la carica di presidente della Nuova Officina Ferrarese, con decine di pittori e scultori fino agli inizi degli anni duemila. Sue critiche d’arte sono pubblicate sul “Dizionario enciclopedico internazionale d’arte contemporanea” 1999/2000


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