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Sono le sei del pomeriggio e ci accomodiamo in un bar. Siamo tre amici che si sono dati appuntamento per ascoltarsi, ciascuno ha le proprie magagne e le soluzioni a quelle degli altri. Siamo completamente dentro ai nostri discorsi che rimbalzano fra noi tre: due sensibilità femminili e una maschile che si mescolano perché noi donne ci mettiamo a fare anche un po’ i maschi certe volte.
Ridiamo perché quello è un martedì in cui ciascuno si porta ciò che ha vissuto proprio quel giorno lì e siamo lucidi solo a tratti, certe emozioni influenzano i nostri modi di vedere. Decidiamo che i discorsi andrebbero fatti in momenti diversi della settimana per poi fare la tara.
Ridiamo e siamo ancora concentrati su di noi, finché tutti e tre vediamo che c’è qualcosa di più attrattivo a cui prestare attenzione.
Nel tavolo a fianco, e riflessi in un’enorme vetrata, ci sono due amanti. L’evidenza degli amanti è sempre cristallina. Hanno superato i cinquanta, lei ha gli orecchini di perle, un cappotto cammello, è fresca di messimpiega e indossa un dettaglio che per un marito non metteresti mai alle sei del pomeriggio: elegantissime scarpe di vernice bordeaux col tacco a spillo, senza calze.
Lui è più semplice, un viso anonimo, del resto è lei che deve attirare gli sguardi. Lei non teme niente e nessuno, si capisce. Lo sovrasta, si alza per andare in bagno e, come una femmina che sa di esserlo, lo bacia da in piedi, è magra ma imponente, è carica e lui atterrito da tanta sicurezza.
Finché lei è in bagno, lui aspetta quasi smarrito e lei lo sa, quel bacio grande serviva a tranquillizzarlo, a farsi attendere. Finalmente torna, la subordinazione di lui è evidente. Addirittura è lei a pagare il conto: hanno preso il tè, come due signori in pace con se stessi.
Mentre va alla cassa, si gira verso di noi, anche lei ci avrà visti riflessi nella vetrata, spettatori di una parentesi di amore maestoso, rapace, ma non volgare, di fronte al quale puoi solo stare a guardare e farti distrarre.
Ci lancia un’occhiata, è una signora che sa quello che fa e quello che vuole. Escono dal bar, torniamo ai nostri discorsi che non finiscono e li rimandiamo al fine settimana.

Vi è mai capitato di assistere o essere protagonisti di amori che se ne fregano e si impongono ovunque si trovino?

Potete scrivere a parliamone.rddv@gmail.com

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Riccarda Dalbuoni

È addetto stampa del Comune di Occhiobello, laureata in Lettere classiche e in scienze della comunicazione all’Università di Ferrara, mamma di Elena.

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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