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6 Settembre 2021

Una volta libere

Tempo di lettura: 2 minuti


 

Il concetto di libertà, qualsiasi elemento includa, si basa sulle restrizioni che è in grado di scavalcare. 

La libertà che possiamo vantarci di avere in Italia non sarà mai assoluta ed idilliaca ma ci permette comunque di regolare le nostre vite nell’agio più consono alla comunità.

Nonostante le varie restrizioni sociali e la consapevolezza che per vivere in una comunità efficiente non si potrà mai aspirare all’anarchia più assoluta, a volte le nostre possibilità vengono messe in evidenza da avvenimenti a discapito di altri.

Ora, immaginate di essere una giovane donna, vent’anni e non di più, e di essere cresciuta nella consapevolezza che con il duro lavoro saresti potuta arrivare ovunque; che il trucco lo puoi mettere se ti fa sentire ancora più in linea con te stessa; che non hai paura di non sposarti, perché ti basti da sola. 

Ed ora immaginatevi un muro, uno sfondo così nero da non poterne vedere né l’inizio né la fine. Nulla esiste più. 

In quanto donna, devi sparire, confonderti con questo sfondo e ascoltare passivamente quello che ti è stato comandato di fare. Devi sperare di scappare dalla tua casa e di riuscire a vivere senza il trauma di essere stata un bottino di guerra.

L’Afghanistan del 2021 è questo: macerie di speranza e lacrime di imprigionati. 

Il viso interamente coperto da un velo e la compagnia obbligatoria di un uomo ad ogni uscita;. Immagini di donne lavoratrici strappate dai muri. 

Nonostante questo, le donne di Kabul e di Herat scendono nelle strade controllate dai talebani, con il viso scoperto ed agitando cartelli, chiedendo pari diritti agli uomini e la possibilità di partecipare alla vita politica del paese.

 Riunite sotto il nome di “Women’s Political Participation Network”, sfidano il governo con la costante consapevolezza di poter perdere la vita.

 “Dopo la formazione del governo talebano, tutte le donne devono tornare a lavorare. Non permetteremo a nessuno di minare i risultati ottenuti negli ultimi venti anni”, Shabana Tawana, manifestante

La possibilità della morte si dissolve davanti all’aspettativa di retrocedere alla condizione di vent’anni fa. 

Personalmente penso che una volta vissuta la possibilità di vivere a pieno non si possa più tornare indietro, e credo con tutta me stessa che indipendentemente dal risultato che queste donne avranno, un segno permanente verrà lasciato.

Perché alla fine cos’è la libertà se non la lotta stessa per ottenerla?

Kabul:  Le donne afgane manifestano: [guarda il video]

Leggi e firma la Lettera Aperta per chiudere l’orrore del carcere di Guantanamo [clicca Qui]

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Alice Miraglia

Studentessa, idealista e donna. Scrivo di quello che amo e odio nella vana speranza di poter cambiare qualcosa.

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

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