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DUBLINO – Tempo di referendum, si respira un aria frenetica in Irlanda. Difficile fare due passi senza che un attivista ti fermi per una chiacchierata o per porgerti un volantino od una spilla da suffragetta. Locali da ballo organizzano serate a tema, alberghi e hotel mettono a disposizione le loro halls per convegni e dibattiti, per radio non si parla d’altro. Domani (22 maggio) la popolazione è chiamata alle urne per modificare la Costituzione. “To make a long story short”, o per farla breve, se dovesse passare il “si” due persone dello stesso sesso potranno sposarsi civilmente – contrarre ufficialmente matrimonio – ed essere coperti dagli stessi diritti costituzionali di una coppia eterosessuale.
L’Irlanda ha già introdotto una forma di unione civile per coppie omosessuali nel 2010 (Civil partnership) per cercare di dare un’accenno di prima protezione giuridica ad unioni tra individui dello stesso stesso.
La comunità Lgbt ha tuttavia, e fin da subito, contestato alcuni punti oscuri di questa normativa. In particolare il fatto che i diritti acquisiti attraverso l’unione civile disciplinata cinque anni fa, non fossero “costituzionalmente garantiti” – solo i diritti acquisiti dal matrimonio hanno copertura costituzionale – e di conseguenza, eventualmente modificabili per legge ordinaria dal partito o coalizione che si dovesse trovare al governo in futuro. Insomma, il sospetto di poter divenire argomento di dibattito elettorale , o peggio, voto di scambio. La Costituzione e invece modificabile solo tramite referendum popolare. E ancora, una modifica costituzionale deve prima essere dibattuta e approvata da entrambe le Camera del Parlamento, e una volta approvata a maggioranza popolare, firmata da Presidente della Repubblica. Un iter abbastanza complesso.
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Insomma, sul tema la parola passa ai cittadini. La cattolicissima Irlanda diventerà – oppure no – l’ennesimo Paese a garantire matrimoni tra coppie dello stesso sesso in Europa dopo Uk, Lussemburgo, Francia, Danimarca, Islanda, Spagna, Portogallo, Svezia, Norvegia, Belgio, Olanda? Dal canto suo il governo non sembra volere mettere il bastone tra le ruote, l’impressione e che l’esecutivo di Enda Kenny del Fina Gael – partito che potremmo definire di area democristiana e considerato più spostato a destra in rapporto ai diretti rivali del Fianna Fáil – sia fondamentalmente favorevole alla riforma. Pubblicità governative campeggiano sui muri: “Non importa come voterai, l’importante e che tu vada a votare” oppure “Fai sentire la tua voce”.
I canali di Stato danno ampio spazio all’argomento con pubblicità informative e Talk show serali. Il ministro della Sanità, Leo Varadkar – omosessuale dichiarato – si e pubblicamente espresso a favore del “si”, con l’intenzione di rassicurare i cittadini che questa modifica costituzionale non porterà a nessuna “rivoluzione” nella società irlandese, alquanto tradizionale, cattolica e basata sul matrimonio. Anche l’ala della sinistra e radicale e apertamente favorevole al sì, in testa Sinn Fein e Labour che invitano i loro elettori ad approvare i cambi costituzionali proposti dal referendum.

Sul fronte del “no” si posizionano ufficialmente due delle quattro maggiori Chiese d’Irlanda: la Chiesa Cattolica , con tutti I vescovi sul territorio contrati ai cambi constituzionali, e la Chiesa Presbiteriana che tramite una nota ufficiale conferma la sua visione del matrimonio come istituzione siglata solamente tra uomo e donna. Poster, volantini e informazioni porta a porta sono invece organizzati dal gruppo “Mothers and Fathers matters”, appositamente creato per fare campagna al “no” sul referendum. L’argomentazione è basata sulla salvaguardia della famiglia tradizionale come unica famiglia. Ed il fatto che, se dovesse passare il si, le coppie omosessuali che contraggono matrimonio avrebbero estattamente gli stessi diritti all’adozione della coppia eterosessuale. L’accento è posto sul bambino, che necessiterebbe di crescere con una coppia eterosessuale, e con chiare figure di madre e padre. Altri dubbi sono relativi alle modifiche delle nozioni di educazioni civica che una vittoria del “si” comporterebbe nelle scuole – diventando a questo punto il matrimonio un’istituzione tra individui indipendentemente dal sesso, e legittimando questo concetto agli occhi delle nuove generazioni.

Gli ultimi polls organizzati dai maggiorni quotidiani (The Guardian, Irish Times, Irish Examiner) danno al “si” un vantaggio consistente e, anche se piu cautamente negli ultimi giorni, danno la vittoria come cosa fatta.
L’impressione e che il movimento del sì possa fare il pieno nei centri urbani, dove e impossibile non notare il gran numero di persone che esibiscono sul petto la spilla “yes equality”, esprimendo e supportando pubblicamente la loro intenzione di voto. Rimane tuttavia l’incognita dell’Irlanda rurale, tradizionale e cattolicissima, grande serbatoio del voto ‘democristiano’, piu restia ai cambiamenti e ancorata alle tradizioni.

Comunque vada, e comunque la si pensi sull’argomento, la piccolo Irlanda si pone su questa tematica come un gigante di democrazia, dimostrando la maturità necessaria per dare voce ai suoi cittadini, decidendo di fare orecchie da mercante ai moniti di uno dei sue due Re, quello che siede sul trono di Pietro, lasciandolo sì alla guida di faccende spirituali, ma prendendo in mano le proprie decisioni politiche e civili.

Per maggiori informazioni sul fronte del “NO” : http://mothersandfathersmatter.org/

Per maggiori informazioni sul fronte del “SI” : https://www.yesequality.ie/

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Vittorio Sandri

Vittorio Sandri, nato e cresciuto a Ferrara, si e’ diplomato al Liceo Ariosto della città estense, al quale ha fatto seguito un percorso di studi in scienze politiche iniziato presso l’Alma Mater Studiorum – Università di Bologna e proseguito a Parigi presso l’Institut d’Etudes Politiques (Sciences Po) con l’ottenimento del Diplôme du programme international e terminato con il successivo conseguimento della Maîtrise en science politique all’ Université Paris Nanterre. L’autore ha trascorso lunghi perriodi in Europa tra Spagna, Francia e Inghilterra. Tutt’ora vive e lavora all’estero anche se considera la citta della metafisica, immutabile nella sua bellezza, un porto senza mare nel quale e’ sempre possibile fare ritorno.

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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