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In A due piazze, Nickname si abbandona a un attimo di cinismo e alla fantasia, poi torna in sé e Riccarda lo esorta a vedere a che punto sia il processo di disvelamento iniziato.

N: Quando il cinismo della realtà prende il sopravvento su di me, torno alla convinzione che ti innamori del dirimpettaio se non hai alternative, tipo se sei tua nonna che non ha mai visto altro che il suo paese, oppure durante una quarantena mondiale che ti inchioda nell’area geografica dei 200 metri quadri attorno a casa tua. Se tu potessi viaggiare e vedere posti e persone, ti innamoreresti di un indigeno della Nuova Zelanda, di una biologa siberiana, di un ricercatore di pinguini in Patagonia, di una saltatrice in alto cubana, di un giornalista di guerra curdo in Siria,e tutti potrebbero essere l’uomo o la donna della tua vita.
Poi rifletto su questa botta di cinismo e mi accorgo che è il contrario della realtà, è pura fantasia. Anche se potessi vedere tutti questi posti in una vita, non riusciresti mai a violare la superficialità dell’attrazione fino a penetrare dentro ognuna di queste, ipoteticamente, infinite alternative umane. Dovresti fermarti da qualche parte, prima o poi.

R: Ci sono stati momenti in cui ho sperimentato una cosa e anche il suo contrario nel giro di poco: la persona diversissima da me (quella che poi ti chiedi ma come ho fatto), ma anche la copia di me, il mio specchio (e anche in quel caso ti chiedi ma come ho fatto), opposti estremismi che non hanno mai avuto un gran successo, né durata. Sembrava tutto casuale, ma ho scoperto che non lo era: un mio disegno di fondo mi stava portando da qualche parte, proprio attraverso quelle infinite alternative umane di cui parli. Ma dimmi di te, che tanto la saltatrice in alto cubana non l’avrai conosciuta, dove ti sei fermato?

N: Mi sono fermato alla parte di me che avevo sepolto, e che sta riemergendo con fatica, a tentoni, tra sprazzi di luce e tuffi nel buio.

R: Altroché viaggio in Nuova Zelanda o in Patagonia, il disseppellimento di una parte di te, la vedo come una fatica che non so cosa ti farà vedere. Ma tu sei un incassatore, potresti scoprire ogni cosa e poi lasciarla lì, in attesa del momento buono o di nuova sepoltura.

E voi come vi siete comportati con le “infinite alternative umane” che la vita vi ha proposto? Dove vi siete fermati?

Potete scrivere a parliamone.rddv@gmail.com

In copertina: elaborazione grafica di Carlo Tassi

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Riccarda Dalbuoni

È addetto stampa del Comune di Occhiobello, laureata in Lettere classiche e in scienze della comunicazione all’Università di Ferrara, mamma di Elena.

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

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