Horacio Oliveira e la finzione come verità dell’esperienza: Cortázar con Chiaromonte
Horacio Oliveira e la finzione come verità dell’esperienza: Cortázar con Chiaromonte
Come abbiamo più volte ripetuto nelle precedenti puntate, nel suo saggio Credere e non credere, Nicola Chiaromonte afferma che la storia non è solo l’insieme degli eventi che accadono, ma anche – e soprattutto – ciò che accade agli uomini e alle donne che li vivono.
La verità dell’esperienza umana, secondo Chiaromonte, non si lascia catturare dalla cronaca o dalla storiografia ufficiale: essa si rivela piuttosto nella finzione, nella letteratura, nella capacità dell’immaginazione di restituire la complessità dell’esistenza. La verità ha più chance di essere catturata dai personaggi paradigmatici dei romanzi di Stendhal (Fabrizio del Dongo, Julien Sorel, Lucien Leuwen) o dalle protagoniste dei romanzi di fantascienza di Doris Lessing, Ursula K. Le Guin e Margaret Atwood
Scrive Chiaromonte:
«La verità dell’esperienza umana non si lascia mai ridurre a un concetto astratto o a una formula storica. Essa si manifesta, se mai, nella finzione, là dove l’immaginazione riesce a cogliere ciò che nella realtà resta nascosto».
Questa concezione trova un’eco profonda nell’opera di Julio Cortázar, e in particolare in Rayuela, romanzo-labirinto che si offre come un esperimento radicale di scrittura e di lettura. Cortázar non intende raccontare una storia nel senso tradizionale del termine, ma piuttosto mettere in scena un’esperienza: quella di un uomo, Horacio Oliveira, che cerca un senso nel caos del mondo, e che proprio attraverso la finzione tenta di afferrare la verità della propria esistenza.
La struttura stessa del romanzo è una sfida alla linearità narrativa (e dunque della cosiddetta Storia con la S maiuscola). Rayuela è composto da 155 capitoli, ma può essere letto in almeno due modi: in sequenza tradizionale (capitoli 1–56) o seguendo un ordine “alternativo” suggerito dallo stesso autore, che include anche i “capitoli prescindibili”.
Questa struttura a salti – da cui il titolo stesso, Rayuela, cioè “il gioco del mondo” o “campana” – non è un semplice espediente formale, ma una dichiarazione di poetica: la realtà (e dunque la “Storia”) non è un continuum ordinato, ma un insieme di frammenti, di vuoti, di possibilità.
E così in un tale esperimento Cortázar invita il lettore a partecipare attivamente, a costruire il proprio percorso, a vivere la lettura come esperienza esistenziale.
In questo senso, Rayuela non è solo un romanzo, ma un dispositivo epistemologico. Oliveira, il protagonista, è un intellettuale disilluso, un flâneur metafisico che si muove tra Parigi e Buenos Aires, tra la riflessione astratta e il disordine della vita. La sua relazione con la Maga, la sua partecipazione al circolo intellettuale parigino chiamato il Club del Serpente, la sua deriva solitaria, sono tutte tappe di un percorso che non mira alla verità come possesso, ma come esperienza vissuta, spesso fallimentare.
In un passaggio emblematico, Oliveira si chiede:
«E se cominciassimo a non dire più parole, a lasciare che le cose parlassero da sole, che scivolassero come pesci tra le nostre mani?»[Rayuela, cap. 21]
Questa immagine del pesce che sfugge tra le mani è straordinariamente vicina alla visione chiaromontiana della verità come qualcosa di elusivo, che non si lascia afferrare con la forza del concetto. Le “parole” qui non sono solo linguaggio, ma anche ideologie, sistemi, narrazioni precostituite. Oliveira intuisce che la realtà più profonda si manifesta solo quando si rinuncia al controllo, quando si accetta di lasciar parlare le cose stesse, nella loro opacità e nel loro silenzio. È un invito a un ascolto radicale, che Chiaromonte avrebbe riconosciuto come autentico atto di conoscenza.
Un’altra citazione significativa è:
«Forse a furia di cercarmi, a furia di cercarla, ci eravamo persi irrimediabilmente» [Rayuela, cap. 41]
Qui si coglie la consapevolezza tragica del fallimento della ricerca di senso. Ma è proprio in questo fallimento che si apre lo spazio della finzione come conoscenza. La perdita non è solo personale, ma storica: è la condizione dell’uomo moderno, smarrito in un mondo che ha perso i suoi riferimenti. Oliveira e la Maga si cercano, ma non si trovano; eppure, è in questo smarrimento che si rivela la verità dell’esperienza. Come scriveve Chiaromonte:
«La finzione non è un modo per evadere dalla realtà, ma per penetrarla più a fondo, per coglierne il senso umano, che sfugge alla pura registrazione dei fatti».
Come si è detto, Nicola Chiaromonte individua in alcuni personaggi della grande narrativa europea (in particolare di Stendhal) esempi di figure che, pur immerse nella storia, non si lasciano ridurre a essa. Sono uomini che vivono gli eventi non come semplici comparse, ma come soggetti attraversati da tensioni morali, da dilemmi interiori, da una ricerca di senso che li rende paradigmatici. In questo senso, Horacio Oliveira può essere considerato il loro erede moderno, o meglio, il loro equivalente in un’epoca in cui la crisi del senso ha raggiunto una radicalità inedita.
Fabrizio del Dongo, protagonista de La Certosa di Parma, è l’archetipo dell’uomo che si getta nella storia con entusiasmo, ma che finisce per sperimentarne l’assurdità. La sua partecipazione alla battaglia di Waterloo è emblematica: crede di vivere un momento epico, ma si ritrova spaesato, incapace di comprendere ciò che accade intorno a lui. È un personaggio che incarna la distanza tra l’ideale e il reale, tra l’immaginazione e la concretezza degli eventi.
Allo stesso modo, Oliveira attraversa la storia del suo tempo – la Parigi esistenzialista, la Buenos Aires della repressione – senza mai sentirsi davvero parte di essa. Come Fabrizio, è un testimone disorientato, un uomo che cerca nella letteratura e nella riflessione filosofica un ordine che la realtà gli nega.
Julien Sorel, il giovane ambizioso de Il rosso e il nero, rappresenta invece la tensione tra l’ascesa sociale e la fedeltà a se stessi. La sua intelligenza e la sua sensibilità lo pongono in conflitto con un mondo che premia la mediocrità e punisce l’autenticità. Julien è un personaggio tragico perché consapevole della propria finzione: sa di recitare un ruolo, ma non può farne a meno.
Anche Oliveira è un uomo diviso: tra il desiderio di comprendere e l’incapacità di agire, tra l’ironia e la disperazione, tra l’intellettualismo e la fame di vita. Come Julien, è un personaggio che si muove in un mondo che non riconosce più come proprio, e che cerca nella finzione – letteraria e personale – una via di fuga, o forse una forma di resistenza.
Infine, Lucien Leuwen, protagonista dell’omonimo romanzo incompiuto di Stendhal, è forse il più vicino a Oliveira per la sua natura di uomo “in bilico”. Lucien è un giovane brillante, ma costantemente sospeso tra l’azione politica e la riflessione interiore, tra l’ambizione e il dubbio. La sua storia è segnata da un continuo oscillare tra possibilità e rinuncia, tra desiderio e disillusione.
Anche Oliveira vive in una condizione di sospensione: incapace di scegliere, di aderire, di appartenere. La sua esistenza è una “rayuela”, un gioco di salti e di cadute, di tentativi e di fallimenti. Ma è proprio in questa instabilità che si manifesta la sua verità: una verità che, come per i personaggi di Stendhal, non si lascia ridurre a una morale o a una lezione, ma si offre come esperienza vissuta, come interrogazione aperta.
In definitiva, Horacio Oliveira si inserisce in una genealogia di personaggi che, secondo Chiaromonte, incarnano la possibilità di pensare la storia non come successione di fatti, ma come campo di esperienza. Se Fabrizio, Julien e Lucien sono i testimoni di un’epoca in cui l’individuo cercava ancora di misurarsi con la “Storia”, Oliveira è il testimone di un tempo in cui la storia sembra aver perso ogni centro, e in cui solo la finzione può restituire la profondità dell’umano.
Cover: Foto di <a href=”https://pixabay.com/it/users/amic_-47306316/?utm_source=link-attribution&utm_medium=referral&utm_campaign=image&utm_content=9290162″>amic</a> da <a href=”https://pixabay.com/it//?utm_source=link-attribution&utm_medium=referral&utm_campaign=image&utm_content=9290162″>Pixabay</a>
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Ma che bello! Grazie Giuseppe per questo pezzo, e grazie Periscopio!
Grazie Silvia! Forse siamo pronti per un …nuovo “personaggio di romanzo” che riesca ad incarnare il tempo che viviamo e che ci aiuti a capirlo. Chissà…